Agli Iron Maiden si vuole bene a prescindere. Aspettarsi grandi slanci innovativi da parte di una band con una carriera più che quarantennale alle spalle, capace di passare dall’avanguardia metal dei primi album ai grandi stadi delle band mainstream fondamentalmente senza tradirsi, è di certo ingenuo.
Le cose potrebbero essere due, o la band di Harris non ha alcuna intenzione di cambiare (la più probabile) o non ne è capace. Ad ogni modo il diciassettesimo Lp in studio “Senjutsu” conferma tutte le caratteristiche dei Maiden almeno da “X Factor” (1995) in poi. Brani mediamente lunghi, singoli di facile impatto e struttura delle canzoni decisamente sovrapponibile (il consueto arpeggio acustico iniziale, intermezzo metal e arpeggio finale con conclusione). Solita nota negativa di quasi tutti i lavori recenti della band è la produzione, col basso di Harris (una delle gioie più fulgide del loro decennio d'oro) che si fa fatica a sentire in modo adeguato.
Eddie diventa un samurai orientale destinato a salvare l’umanità dalla sua stessa avidità, come testimonia il video del singolo “The Writing On The Wall”, brano immediato che - sia nel video che nei testi - mostra una sua visione del mondo (il capitalismo rapace che divora ogni risorsa con gli inglesi vestiti da camerieri in mutande a servire come schiavi un presidente americano dalle sembianze di Trump). Un singolo tipicamente Maiden, rallentato al confine dell’hard rock, destinato a diventare un nuovo inno da stadio, salvato soprattutto dall’assolo epic del solito impeccabile Smith. Convivono come sempre le varie anime della band con i brani di Harris - in particolare i tre finali - più complessi e tendenti al versante progressive, e quelli più brevi e immediati (due scritti dalla coppia Smith/Dickinson, “The Writing On The Wall” e la potente “Days Of Future Past”).
Non male la title track, che apre l'album con melodia e aggressività ben condensate e atmosfere epiche. Il gioco delle citazioni viene comunque spontaneo per chi conosce ogni loro singolo brano, ad esempio il riff di “Lost In A Lost World” potrebbe far venire in mente almeno due o tre brani post-90, mentre le innumerevoli cavalcate di chitarra sono chiaramente già sentite. I brani più interessanti sono probabilmente “Death Of The Celts”, con intermezzi di musica popolare, e “The Parchment”, entrambi vicini all’anima prog-metal di Harris.
Tanti potrebbero negare che i Maiden abbiano ancora qualcosa da dire e potrebbero sconsigliare l'ascolto di “Senjutsu”, ma in realtà sono certo che si sbaglino. E’ comunque importante che oggi, nel 2021, ci sia ancora qualcuno che faccia questo tipo di musica, con queste regole e questi standard consolidati. La chiusura “Hell On Earth”, che potrebbe essere l'ultimo brano della storia dei Maiden, ci preannuncia come potrebbe essere il mondo senza la band di Harris e Dickinson.
07/09/2021