Horace Andy non lo scopriamo certo adesso. Grazie agli oltre cinquant’anni di carriera può essere considerato un decano della musica roots reggae giamaicana. Gli appassionati di trip-hop, inoltre, lo ricorderanno per le sue numerose collaborazioni con i Massive Attack.
“Midnight Rocker” è il primo album dopo più di un decennio dalla sua ultima sortita in uno studio di registrazione. La compresenza di alcune hit del passato e di cover insieme a una manciata di inediti aveva inizialmente fatto pensare che si trattasse del classico lavoro nostalgico di fine carriera. Al contrario, l’album ci restituisce il cantautore caraibico in una veste totalmente rinnovata.
Sotto l’attenta supervisione del mago della produzione Adrian Sherwood (Depeche Mode, Primal Scream, Einsturzende Neubaten, Nine Inch Nails), Andy inonda le sue canzoni di riverberi dub e frizzanti linee di synth. La sua voce, consumata dall’età, assume una connotazione più oscura e decadente. I suoi messaggi spirituali, politici e pacifisti sembrano ora ammantati da un’aurea cupa e negativa che paradossalmente li rende più necessari e improrogabili. Per meglio esaltare la rinnovata timbrica vocale del suo assistito, Sherwood sovverte gli equilibri sonori includendo parti strumentali estranee all’ambito reggae e amplificando le tonalità più gravi con curatissime linee di basso.
La trasformazione nello stile è evidente nei grandi classici di Andy. Nella traccia di apertura "This Must Be Hell", l’originario piano jazz che accompagnava il cantato è rimosso in favore di una spumeggiante armonica e di una sezione di fiati che include corni e tromboni. In “Rock To Sleep” il classico ritmo root reggae è preservato ma i violini in sottofondo conferiscono al brano un’atmosfera malinconica e struggente.
Il titolo dell’album rimanda a un verso della canzone “Safe Harm”, estratta dal primo lavoro dei Massive Attack (“Midnight rockers, city slickers, gunmen and maniacs, all will feature on the freakshow”), della quale è proposta anche una cover. In questo caso Andy decide di non stravolgere il brano ma lo addolcisce con ritmi reggae. Nel suo fluttuare fra vibrazioni giamaicane e battiti trip-hop inglesi, disegna un ritratto fedele della sua lunga e variegata carriera.
I brani inediti sono scritti dallo stesso Sherwood e da alcuni dei suoi più fidati collaboratori (Leigh Kenny, George Oban e Jeb Nichols). In “Watch Over Them” partecipa alla stesura anche il nostro compatriota trapiantato a Londra Daniele Gaudi. Le nuove canzoni non sfigurano affatto e con i loro ritmi ariosi e sincopati esaltano la capacità di Andy di passare attraverso registri musicali differenti. L’esperto vocalist si mostra a suo agio nell’allegra e spensierata “Careful” così come anche nella lenta e crepuscolare “Try Love”. Tutte le tracce risultano valorizzate dalle abilità interpretative di Andy che d’altra parte beneficia dell’ottimo lavoro di produzione.
Esiste anche una versione alternativa dell’album chiamata “Midnight Scorchers” in cui Sherwood si diverte a movimentare tutte le canzoni in versione dub e ne aggiunge altre non utilizzate nel disco precedente. I brani sono rielaborati anche nei titoli che spesso suggeriscono le differenze rispetto all’originale. Ad esempio, “Mr Bassie” diventa “More Bassie” per la dose extra di basso.
Libero dall’esigenza di dover focalizzare l’attenzione sulle parti vocali, in “Midnight Scorchers” Sherwood scatena tutte le sue abilità di sperimentazione e non esita a inserire groove fumanti e dub più aggressivi. Senza dubbio le tracce remixate si prestano meglio per scatenare la folla nelle dancehall, mentre le originali sono più adatte a un live club. Da questo punto di vista, i due album sono in qualche modo complementari. E si tratta di due ottimi lavori. Per intensità, originalità e coerenza stilistica, sono probabilmente le migliori registrazioni in ambito reggae degli ultimi anni.
27/12/2022