Il terreno più battuto dal duo è certamente quella sterminata terra di mezzo al confine tra alternative rock e post-tutto - punk ("All Being Fine"), hardcore (il finale violento di "Go-Kart Kaid (Hell NO!)") vattelapesca - sulla cui spinta psichedelica Hannah fa flottare il suo canto, al crocevia tra Hope Sandoval, Lana Del Rey e Polly Jean Harvey.
C'è però dell'altro: i Portishead, ad esempio, nell'andatura storta di "A Well-Made Woman" e nei fumi notturni di "Foolius Caesar", il folk lambito dalla voce di Craig in "Ants Crawling On An Apple Stork" e addirittura due intermezzi dronici, intitolati "So Much Water So Close To Drone" e "Death Of The House Phone".
C’è davvero tanto, tantissimo oseremmo dire, ma l’"indovina chi?" delle discendenze soccombe di fronte alla portata emotiva e alla profondità paesaggistica di queste dodici fughe. Alla capacità olistica dei King Hannah di plasmare tutto il materiale a disposizione alle occorrenze della propria espressività sentimentale.
Non ad ogni scorribanda corrisponde una liberazione. Se la lunga coda di "All Being Fine", con delle chitarre splendidamente indecise tra ululato e ronzio, e quella fluida come un volo in deltaplano della meravigliosa "The Moods That I Get In" sono vittoriose, quella di "Big Big Baby" vede il nemico acquattarsi sul sedile posteriore e le chitarre incrinarsi sotto al peso della sua presenza.
È una storia ancora breve, quella di Hannah e Craig, che si sono conosciuti all'università e hanno deciso di fare musica insieme servendo ai tavoli dello stesso pub. Ma quello che abbiamo sentito finora, questo disco e l'Ep del 2020 "Tell Me Your Mind And I'll Tell You Mine" (che andrebbe recuperato anche soltanto per la fantastica "Crème Brûlée"), preannuncia un futuro importante.
(13/03/2022)