Il 31 maggio è uscito il secondo disco della band inglese, “Big Swimmer” (City Slang, 2024), dopo l’acclamato debutto “I'm Not Sorry, I Was Just Being Me” (City Slang, 2022), che aveva stregato anche la redazione di OndaRock, che lo aveva eletto Miglior disco del 2022. Prima dell’uscita ci siamo ritrovati a Milano con Hannah e Craig per fare il punto dopo il successo della loro opera prima e parlare di questo nuovo lavoro.
Vorrei iniziare da lontano per raccontare la vostra storia ai nostri lettori. Come avete iniziato a suonare individualmente e che tipo di musica suonavate?
Hannah: Ho sempre voluto fare della musica il mio lavoro quindi mi sono sempre data da fare, ho sempre cantato e suonato la chitarra. Semplicemente, ho sempre scritto canzoni da quanto ricordo, erano canzoni acustiche semplici in stile singer-songwriter. Ero una grande fan di Laura Marling… canzoni acustiche fondamentalmente terribili… e tu?
Craig: È stato un percorso simile, e amavo anche io Laura Marling. Mi piacevano anche musicisti più grandi come Jackson Browne, Crosby Stills & Nash, Joni Mitchell, quel genere di musica cantautorale che proveniva dalla California degli anni 70… la prima volta che ci siamo incontrati abbiamo visto Laura Marling, no? Penso che i nostri gusti siano ottimi.
Hannah: Lo spero!
Avete avuto altre band prima di formare King Hannah o componevate da soli i vostri pezzi senza suonarli in gruppo?
C.: suonavo in acustico in duo o in trio dai tempi della scuola, quando avevo 13/14 anni e ho iniziato a suonare la chitarra. Eravamo pessimi, facevamo cover di gruppi tipo gli Eagles… Quindi questa è effettivamente la prima band.
Accidenti, è incredibile come siate riusciti da subito a mettere su un progetto così coeso! La prima volta che ho ascoltato il vostro esordio mi ha colpito quanto sembrasse portarsi del tempo sulle sue spalle…
C. & H.: davvero? Grazie!
Allora avete deciso di formare una band nel momento in cui stavate lavorando nello stesso posto, giusto?
C. & H.: Sì.
Nella vostra musica come funziona il vostro reciproco equilibrio tra composizione e arrangiamento?
H.: Di solito scriviamo le canzoni separatamente, a casa, e poi ci lavoriamo. Quando hanno una forma abbastanza compiuta, le condividiamo noi due. Ci scambiamo idee, ascoltiamo canzoni di altri musicisti come reference, discutiamo sulla struttura. Poi ci lavoriamo ancora insieme a casa, e quando sentiamo che ci piacciono le nostre parti e come funzionano insieme, portiamo quello che abbiamo fatto al batterista e al bassista e le completiamo. Tutto qui.
La composizione è come un dialogo tra voi due, sembra il risultato del vostro dialogo…
C.: Sì. (Il processo) inizia individualmente, si sviluppa tra noi, quando arriva alla band abbiamo già un’idea di come verrà alla fine la canzone.
H.: Sì, a quel punto è già nella sua forma completa. Se provi a togliere il basso e la batteria è riconoscibile come la medesima canzone, come se ne fosse la versione acustica.
C.: Penso che ci aiuti avere gli stessi gusti musicali. Se io scrivo una canzone non suona come una canzone diversa rispetto a quella che suonerebbe Hannah, e viceversa. Entrambi siamo interessati agli stessi esiti. Credo sia questo il motivo per cui funziona. Per altre due persone potrebbe non andare bene, ma per noi è così.
Quindi nel futuro potremmo aspettarci anche delle date acustiche?
C.: Forse sì! Vediamo i nostri artisti preferiti suonare in acustico e anche se siamo un pochino intimoriti dal fatto di poter essere il tipo di artista che può farlo…
H: Assolutamente.
C.: …è solo una cosa diversa, non è necessario essere tutta la band, può essere fatto anche come una cosa a parte.
Come è cambiata la vostra routine musicale quotidiana negli ultimi due anni, dopo il successo del debutto “I'm Not Sorry, I Was Just Being Me”? Ad esempio, avete esplorato diversi modi di comporre, oppure avevate bisogno di tornare a ciò a cui eravate abituati per registrare questo secondo album?
H.: Il modo di scrivere le canzoni non è cambiato, è lo stesso, ma dal momento che siamo stati molto tempo in tour non siamo riusciti a scrivere – almeno noi non componiamo quando siamo in tour. Siamo dovuti tornare a casa alle nostre abitudini quotidiane. Pensi sia stata questa l’unica differenza, no? (verso C.) Ci abbiamo messo due anni (per il secondo disco).
C.: Sì, non riusciamo a scrivere on the road…
H.: Sì, quindi è tutta la nostra routine che è cambiata. Ma va bene così, si crea poi un equilibrio (tra le cose).
Cosa pensate di aver portato dentro “Big Swimmer” dalla vostra vita in tour?
C.: Credo che il nostro primissimo Ep e l'album fossero stati scritti e registrati senza praticamente esserci esibiti dal vivo. Abbiamo suonato una manciata di show nel 2017-18, ci siamo fermati e poi l’Ep e l’album sono usciti nel 2021. Ci siamo resi conto che le canzoni, suonandole dal vivo, cambiavano molto rispetto all’album e volevamo portare nel secondo album proprio il suono che avevamo dal vivo, al quale reagiva il pubblico. Anche se l’album piace e ci piaceva, volevamo che il disco suonasse reale, vivo, che restituisse la sensazione di avere persone nella stanza che interagiscono tra di loro… Ad esempio, non abbiamo usato il metronomo in molte tracce, volevamo che le persone si sentissero come a un concerto.
La mia impressione è che questa volta nelle registrazioni le chitarre suonino più vitali e vibranti, “respirino di più” come durante i live. Mi hanno fatto proprio pensare al suono che ricordavo del vostro concerto.
H.: Fantastico!
Sì, canzoni come “Milk Boy”, “Suddenly your hand” – sotto la stella di Neil Young – e “Somewhere Near El Paso”…
C.: Sì, abbiamo registrato questo disco in maniera diversa rispetto al primo, meno in diretta. Siamo partiti dalla batteria e dal basso, sopra i quali abbiamo aggiunto il resto. La chitarra stavolta suona più live e piena perché l’amplificatore era chiuso in una sua stanza. E non ci si poteva entrare perché il volume era veramente alto. Volevo proprio che le chitarre suonassero vive, corpose, vibranti, dinamiche… Ali Chant (ndr, Aldous Harding, PJ Harvey, Perfume Genius) è stato bravissimo a catturare quella sensazione di live, a sentirla.
Come si è sviluppata la produzione del disco?
H.: Abbiamo lavorato con Ali Chant a Bristol – dove viviamo – che ha uno studio dove siamo andati tutti i giorni per due settimane. È stato un grande, come produttore ha capito cosa volessimo e lui voleva la stessa cosa, che è ciò che desideri da un produttore. È stato incoraggiante, ha amato le canzoni. Sembra sciocco, ma vuoi lavorare con una persona alla quale piaccia cosa stai facendo… è difficile trovare un produttore, no?
C.: Sì.
È difficile trovare quacuno che sappia davvero andare “sotto la pelle” delle canzoni…
C.: Sì, aveva ascoltato bene i testi e tutto. Ci commentava i testi, senza dirci di modificare (ma per parlarne). Ha fatto davvero la differenza.
H.: Non lo avevamo mai fatto prima, sì.
Avete creato un altro viaggio affascinante e composito, mescolando generi e atmosfere (dal post-rock allo slowcore, al country e alla psichedelia) con il vostro “tocco personale”, quello che ora possiamo riconoscere come tale. È qualcosa a cui avete prestato particolare attenzione durante la produzione o è diventato naturale nel vostro flusso operativo tra lo studio e il palco?
H.: Credo arrivi dagli artisti dai quali siamo influenzati. Ne ascoltiamo molti. Ascoltiamo Slint, Built To Spill, Weyes Blood…. Non è una cosa alla quale pensi, ma mettendoti ogni giorno a scrivere, il risultato diventa un riflesso di quello che hai ascoltato nei giorni precedenti. È lì.
C.: Un mio amico qualche mese fa, dopo aver ascoltato il disco nuovo, mi ha detto che non sapeva dire come suonaressero i King Hannah. Credo sia un’ottima cosa non avere un sound prestabilito. Non vogliamo che qualcuno ascolti un nostro disco e sappia già cosa aspettarsi prima di aver ascoltato il disco.
H.: Sì, ci piace sorprendere.
C.: Registriamo solo le canzoni che riteniamo valide. Non valutiamo in quei momenti se hanno o meno il “suono di King Hannah”: sono di per sé un brano di King Hannah, che dentro trattiene un sacco di generi.
Quando ascolto “Big Swimmer”, sento che è differente, ma allo stesso tempo siete voi.
H.: Questo è ottimo, è ciò che vogliamo!
Chi e cosa vi ha influenzato nella realizzazione di “Big Swimmer”?
H.: L’America è sicuramente un’influenza enorme. Molti dei testi delle canzoni raccontano storie alle quali abbiamo assistito quando eravamo là: “Milky Boy”, “El Paso”…
“New York, Let’s Do Nothing”…
H.: Sì! Anche i film ci ispirano: “Aftersun”, i documentari su omicidi... la musica durante il giorno e i film la sera. “Suddenly, Your Hand” riguarda uno di questi documentari, “Skully” riguarda “X-Files”.
Psichedelia e X-Files!
C.: Sì! Poi riguarda la vita di tutti i giorni: cuciniamo e guardiamo film, ascoltiamo le band che ci piacciono come John Prine, Slint, Bill Callahan…
H.: Cerchiamo di mettere nelle storie più dettagli possibile, in modo che l’ascoltatore possa visualizzarle. Cose davvero normali e semplici, come il pollo nel forno o i baffi. Vogliamo che le persone visualizzino qualcosa allo stesso modo in cui noi lo visualizziamo mentre ascoltiamo la musica di altri artisti… ci proviamo!
C.: Mostrare questi piccoli momenti, senza dire agli ascoltatori come dovrebbero sentirsi. Ognuno reagisce a proprio modo e visualizza a proprio modo.
In questa direzione trovo davvero intrigante il fatto che musicalmente l'album dipinga una sorta di paesaggio americano come deposito di ricordi, mentre i testi suonano molto personali, al livello del “tu”. Ho letto ad esempio che amate Terrence Malick… come riuscite a coniugare la dimensione del tuo racconto personale con quella di un immaginario musicale e cinematografico che sia anche collettivo?
H.: È tutto interconnesso. Credo che Craig e io abbiamo veramente fiducia l’uno nell’altra. Se Craig scrive qualcosa, spero che possa fidarsi di come io possa cantarci sopra. Viceversa – soprattutto! – se io scrivo una canzone, metto tutte le parti e posso sentire cosa Craig potrebbe fare, gliela passo e lui aggiunge tutta la magia che ha…
C.: Non so se è magia, tu scrivi in maniera davvero personale…
H.: E tu lo senti…
C.: La musica è davvero fatta di vicende personali in cui vivi.
H.: Lui è fantastico nel sostenere il testo. C’è sempre spazio per entrambi. Non troverai mai parti di chitarra egoistiche. Sono sempre parti che camminano intorno alle parole, che suonano come suonano le parole. Calzano perfettamente… non so come fai! (verso C.)
Sono fraseggi anche quelli della chitarra, le melodie si sviluppano in frasi come i testi…
H.: Amo come suoni (verso C.). Lui lo fa semplicemente, e funziona benissimo… Quando ascoltiamo una canzone con le tue parti, mi colpisce quello che fai (verso C.).
Due canzoni ospitano Sharon Van Etten, sembra davvero integrata nella vostra musica. Come avete collaborato con lei e come è stato lavorare con lei in studio?
C.: È iniziato due anni fa quando abbiamo realizzato “Crème Brûlée” e lei l’ha postata su InstaGram dicendo “Ascoltate King Hannah”. Non ci potevamo credere! Le abbiamo scritto ringraziandola. L’abbiamo contattata di nuovo mentre facevamo questo disco, visto questo episodio, e pensando che sarebbe stato magnifico, le abbiamo mandato alcune e-mail e delle demo chiedendole se avrebbe voluto cantare e ci ha detto di sì. Ma la comunicazione non era costante, c’erano delle pause, quindi a un certo punto abbiamo pensato che non se ne facesse più di nulla, così abbiamo finito il disco, glielo abbiamo inviato, le è piaciuto molto. Così ha registrato la voce nel suo studio-garage in America e ce le ha rispedite. Noi le abbiamo mixate, è stata proprio l’ultima cosa che abbiamo fatto per il disco. È stato come avere la ciliegina sulla torta. Ancora non ci crediamo, siamo suoi grandissimi fan!
H.: Dicevi che la sua voce si adatta perfettamente ai brani, no? È una cosa incredibile! Quando l’abbiamo sentita siamo impazziti. Prima di sentire le sue parti, non avevamo idea di quanto il brano ne avesse bisogno! Come diventa l’armonia… grazie Sharon!
C.: Se senti solo le tracce vocali è meraviglioso…
È un altro elemento del disco inserito in un quadro così coeso. Non va in primo piano, non eccede nel brano.
H. & C.: Sì, sembra incorporata nel brano.
C.: Ha fatto davvero un grande lavoro. È una musicista incredibile!
Dove hai scattato la foto scelta per la copertina? Un altro pezzo affascinante del tuo immaginario, dato che era la tua precedente copertina di cui abbiamo parlato l’anno scorso…
C.: Hannah era immersa nell’acqua. Eravamo a Lanzarote, a gennaio. Avevamo l’idea di come fare foto, con Hannah immersa nell’acqua, e cercavamo un posto caldo.
H.: Acqua perché l’album si chiama “Big Swimmer”, quindi la volevamo.
C.: E tu avevi avuto già anche l’idea del volto coperto dalle mani. Così siamo andati là per un paio di notti, attendendo il tramonto. Tu avevi davvero freddo (verso H.).
H.: Il punto è che siamo andati a Lanzarote pensando che fosse caldo, ma non lo era…
C.: Dai lo era abbastanza!
H.: Non lo era! Non potevamo permetterci di andare più lontano, tipo in Messico o ai Caraibi. Sarebbe stato meglio andare ai Caraibi, fidati (verso C.)! Non c’era alcun lago riscaldato indoor, oppure piscine riscaldate che potessero sembrare laghi… Così avevamo bisogno del mare e che il mare fosse tiepido. Non volevo entrare nell’acqua, era fredda! È venuto fuori che era terribilmente fredda e ventosa…
Perfetta per la foto, ma non per la nuotatrice!
H.: Tu l’hai fatta!
C.: Ho portato due macchine fotografiche con i rullini, ne ho fatte il più possibile!
Ma siete soddisfatti dell’immagine, no?
H.: Sì, è un’ottima fotografia.
E voi ve la siete immaginati prima?
H.& C.: Sì!
Con il volto coperto dalle mani…
H.: Sì, credo sia un’immagine di vulnerabilità per una copertina. Intorno ho l’acqua del mare, sono in una posizione vulnerabile. Le mani sul volto sono un gesto di vulnerabilità. L’album è molto vulnerabile. E poi non voglio mostrare il mio viso.
Vi aspettiamo in Italia! Avete già programmato un tour dopo l'uscita del disco?
Abbiamo pianificato il tour in Europa a settembre, novembre e dicembre. Abbiamo quattro date in Italia a luglio, il 21 qua alla Triennale di Milano.
Grazie davvero per la vostra disponibilità e generosità.
H.: Grazie a te per le domande, erano ottime.
C.: Sì, sei andata a fondo nell’ascolto del disco.
Ne sono felice, aspettiamo il 31 maggio per parlare del disco a tutti!
(31/05/2024)
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L'incredibile anno del duo di Liverpool
Ciao ragazzi, come state, dove vi trovate?
Siete molto attivi su Instagram, postate sempre tantissime stories, quasi come se stesse documentando dove siete diretti, dove suonerete. Seguendovi, ho potuto capire quanto intenso e ricco di successi sia stato l’anno che proprio in questi giorni volge al suo termine. Avete praticamente girato il mondo, riempiendo ogni sera venue più grandi. Come è stato ricevere un tale abbraccio dai vostri fan? Ve lo aspettavate?
Sempre molto emozionante, la vostra musica è un mix di stili differenti tra loro, dove post-rock, post-hardcore, trip-hop e psichedelia possono coesistere pacificamente. Lo so che è una domanda bizzarra, ma come siete arrivati a un melting pot del genere e come fate a tenere tutti suoi elementi così in equilibrio?
Ecco, come scrivete le vostre canzoni? Raccontateci qualcosa sul processo creativo dietro “I’m Not Sorry, I Was Just Being Me”…
Ancor prima di ascoltare il vostro primo Lp, sono rimasto colpito dalla sua copertina, quel bellissimo tramonto nella natura incontaminata. Ultimamente ho notato che avete usato altre fotografie provenienti chiaramente dalla stessa sessione fotografica come copertina per nuove edizioni e versioni del disco. Dove le avete scattate? Raccontateci qualcosa a riguardo… Perché Craig si nasconde la faccia?
La scorsa primavera avete suonato anche in Italia, a Milano, Genova e Roma. Che ve ne è parso della nostra terra e dei vostri fan italiani? Vi va di condividere con noi qualche bel ricordo da quelle date?
Trovo che la vostra musica sia anche molto cinematografica, delle volte sembra davvero che le vostre canzoni siano perfette per accompagnare le scene di un film. Vi lasciate ispirare anche dal cinema? Quali sono i vostri film preferiti?
All’inizio dell’intervista ci avete dato la bellissima notizia che siete già al lavoro su nuova musica…
L’ultima domanda è bella tosta, siete avvisati. Voi siete di Liverpool, una delle città più importanti della storia della popular music. Quali sono i vostri concittadini musicali preferiti? Quelli del passato e quelli di oggi!
Grazie davvero per il vostro tempo. |
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