È trascorso oltre un trentennio dalla nascita del marchio Leftfied e in Neil Barnes continua ad ardere viva la voglia di costruire architetture musicali. Stupisce solo in parte, quindi, ritrovarsi di fronte a un album targato 2022 di quello che è divenuto stabilmente un progetto solista dopo la defezione di Paul Daley, anche se in questo nuovo tassello ritroviamo coinvolto in fase di missaggio il sodale Adam Wren. Sette sono gli anni che separano il quarto capitolo della saga dal precedente, un lasso di tempo lungo, perfettamente in linea con l’intero percorso di produzione del duo, ma che è comunque poca cosa rispetto alla pausa di oltre tre lustri che separa “Rhythm And Stealth” da “Alternative Light Source”.
A dispetto della scansione dilatata, è rilevabile nella discografia Leftfield - sin dal fondamentale esordio di “Leftism” - una continuità stilistica e d’intenti netta, qui ancora presente, anche se in forma parzialmente rinnovata. L’energia convogliata nell’abituale tendenza alla contaminazione dei generi, l’approccio ottimista derivante dal superamento di un periodo piuttosto complicato – positività convogliata anche nella scelta della foto di Steve McCurry per la copertina – sono vettori imprescindibili da cui scaturisce materia pulsante, chiaramente debitrice della rivoluzione elettronica dei 90 eppure ancora appetibile.
L’attitudine dancefloor è più che mai dominante, declinata secondo orizzonti techno cari a tratti ai migliori Orbital (“Power Of Listening”), dirompente quando si proietta su sonorità incalzanti da revival rave scandite da ostinazione ipnotiche affini alla trance (“Pulse”, “Accumulator”). Al passato glorioso rimanda anche la collaborazione con l’onnipresente Grian Chatten dei Fontaines D.C., in modo diretto alla sinergia con John Lydon da cui tutto ebbe inizio, ma anche alla combo Chemical Brothers/Noel Gallagher di “Setting Sun”.
Tra le ulteriori istanze riscontrabili in un lavoro comunque sfaccettato troviamo evidenze tratte dal seminale universo Kraftwerk – soprattutto negli stratificati layer sintetici di “City Of Synths”, ma anche nell’incipit robotico di “Machines Like Me” – e retaggi dub (“Rapture 16”), il tutto gestito con una padronanza dei mezzi indiscutibile.
Non tutte le tracce riescono a sviluppare appieno il loro potenziale – poco efficaci risultano “Come On” e “Heart And Soul” - e mancano variazioni di registro umorale, scelta questa che appiattisce parzialmente l’insieme. Sono l’unicità del suono Leftfield e la qualità delle strutture plasmate a fare la differenza, rendendo “This Is What We Do” un'immersione coinvolgente in sonorità familiari, certamente non innovative ma tutt’altro che stantie.
(30/12/2022)