In pochi avrebbero immaginato che il disgelo creativo dei Röyksopp, concretizzatosi la scorsa primavera con l’uscita di un nuovo album dopo otto anni di astinenza, preconizzasse l’arrivo di una valanga di musica per tutti gli appassionati di elettronica. Svein Berge e Torbjørn Brundtland hanno infatti deciso di pubblicare ben tre album nel 2022. Tutti sono accomunati dal medesimo titolo e, secondo le intenzioni del duo norvegese, rappresentano “un universo creativo ampliato e un prodigioso progetto concettuale". L’ambizione del lavoro è di non limitare la fruizione della loro musica a un mero ascolto passivo, ma di associare ad ogni singola traccia dei piccoli corti commissionati a una casa di produzione scandinava. A loro avviso, l’esperienza multisensoriale che ne deriverebbe potrebbe stimolare quelle zone profondamente misteriose che afferiscono al mondo dell’immaginazione e dell’incoscio.
Malgrado le eccentriche premesse, nei primi due capitoli di questa magnum opus la band scandinava non si discosta molto dai canoni stilistici che l’hanno sempre contraddistinta. L’opener del secondo episodio è l’ottima “Denimclad Baboons": sorretta da frizzanti pulsazioni synth-pop e da un mood allegro e trascinante, la traccia gioca molto con le atmosfere e contrasta bene con i ritmi ipnotici e sognanti dell’intro del precedente lavoro. La successiva “Let’s Get It Right” ha una struttura dance con una patina funky che potrebbe sembrare un tributo all’arte dei Daft Punk e ospita Astrid S, prima tra le tante guest star che i Röyksopp hanno invitato per realizzare l'album.
Riuscitissima, come sempre, la collaborazione con Susanne Sundfør, che nella versione estiva di "Profound Mysteries" compare per ben due volte. Da segnalare in particolare l’interpretazione della cantante norvegese in “Tell Him”, che si combina perfettamente con il sample di archi e con il testo dal forte impatto emotivo.
In scaletta c'è anche spazio per una collaborazione con l’artista britannica Pixx, ai vocals in "It Was A Good Thing", che introduce le atmosfere soft-ambient dominanti nella seconda parte dell’album e ne rappresenta l’esempio più riuscito. I maestri nordici manovrano sapientemente le manopole dei sintetizzatori riproducendo effetti di gocce d’acqua e costruiscono un suono pulitissimo e vellutato.
Purtroppo, però, non sempre “Profound Mysteries II” mantiene un livello di ispirazione adeguato. Una buona metà delle tracce risulta infatti ripetitiva e poco coinvolgente. “Unity” e “Remembering The Departed” hanno una resa davvero modesta; “Sorry” punta tutto sulle doti interpretative di Jamie Irrepressible ma non riesce mai a decollare davvero. Non va meglio neanche nella più energica “Control”, che riutilizza delle parti di “Killer” di Adamski e Seal, lasciando però preferire l’originale.
In definitiva, confrontando i punti di forza dei primi due episodi, è evidente che i Röyksopp non avessero materiale sufficiente per realizzare due album. Togliere qualcosa avrebbe aiutato a migliorare il risultato complessivo. Ma è ancora presto per giudicare l’opera nella sua interezza. La terza uscita potrà aiutarci a definirne meglio i contorni. Non resta molto da aspettare.
25/10/2022