Nove anni di assenza sono tempi lunghi anche per un musicista come Stromae.
Autore di un album di grande successo, ben quattro milioni di copie vendute per "Racine Carrée", il musicista belga ha abbandonato le scene in seguito a gravi problemi fisici e mentali causati da un farmaco antimalarico, Lariam, dando adito a voci poco rassicuranti sul proprio stato di salute, anche in seguito alla scelta di pubblicare come ultimo singolo un dolente gospel-pop sulle sofferenze causate dal cancro: "Quand c'est?".
Disco dalla sorte incerta, il terzo album di Paul Van Haver (vero nome del musicista) in parte si allontana dalle malinconiche sonorità euro-dance/hip-hop di "Alors On Danse" o dalle geometrie funky-pop di "Tous Les Mê". È riduttivo affidare alla parola europop l'intelligente e profonda sintesi di suggestioni culturali di "Multitude". Stromae accosta al rap e all'hip-hop una sensibilità musicale che si nutre di esotismi afrobeat (è originario del Ruanda) e musica creola (nel precedente album aveva omaggiato Cesária Évora con il brano "Ave Cesaria") per un originale e inedito urban-pop.
L'anticipo del terzo album è stato affidato a "Santé", un esotico brano pop-rap-dance dedicato ai lavoratori sottopagati e costretti a lavorare in orari difficili (camerieri, fornai, assistenti di volo, infermieri, pescatori ecc.), confermando che è la narrazione del quotidiano l'oggetto delle dodici tracce di "Multitude". Un disco dalle forti connotazioni etniche e popolari, non a caso l'insolita coreografia sonora coinvolge strumenti estrapolati da una moltitudine di culture: un violino cinese chiamato erhu, il ney ovvero un flauto tipico della cultura mediorientale, e l'andino charango.
Tematiche potenti e una forte empatia emotiva elevano il tono generale dell'album, forse meno ricco di singoli caratterizzanti, ma senza dubbio più maturo e coerente. La vera rivoluzione di Stromae può essere racchiusa nell'abilità dell'artista di rendere la lingua francese musicale e familiare, la passionalità contagia l'ascoltatore al di là della profondità dei testi.
C'è un'urgenza poetica, in queste dodici tracce, che restituisce al temine pop la primigenia natura rivoluzionaria. Anche quando Stromae canta del proprio ruolo di padre cullato dall'esotico e solare groove di "C'est Que Du Bonheur", nulla è come sembra: "Vedrai, non è altro che gioia, vedrai, è pura felicità, ci sono pannolini e cattivi odori, c'è vomito, c'è merda e tutto il resto".
Anche "L'enfer" è frutto dell'introspezione e delle esperienze personali del musicista, in questo caso la più sofferta e amara, quella dell'inferno causato dall'allergia al Lariam e dalle gravi conseguenze psicologiche - "A volte ho avuto pensieri suicidi e non ne sono orgoglioso" - il mix tra il tono confessionale e spirituale del cantato con trip-hop, reggaeton, orchestrazioni dark ed elettronica è di una potenza straniante e drammatica.
Come in passato, Stromae non rinuncia a calarsi in altrui personalità. In questo gioco di ruoli diventa figlio di una prostituta nel brioso rap-pop di "Fils De Joie" e potenziale misogino nel leggiadro afro-beat di "Déclaration" ("È ancora meglio essere un bastardo che una troia", "Perdonami, non siamo nati misogini, lo diventiamo").
"Multitude" è un album che affronta dicotomie emotive con acute riflessioni e un intelligente mix di groove etno-pop, Stromae è narratore e performer dall'innato talento, capace di passare dalla triste riflessione sulla routine della solitudine ne "La Solassitude" ("Il celibato provoca sofferenza da solitudine mentre la vita di coppia provoca stanchezza") alla gioia di vivere nell'elegante finale di "Bonne Journée" ("La felicità è davvero l'unica cosa che, quando la si condivide, si moltiplica").
Un deciso passo avanti per il musicista belga. La forza dei testi e la ballabilità delle intuizioni pop restituiscono a Stromae quel posto in prima linea nella moderna musica pop, un ruolo conquistato con una schiettezza e una sincerità degne di stima.
10/03/2022