Con “Holy Joe's Coral Island Medicine Show”, appendice, spin-off visuale e sonoro di “Sea Of Mirrors”, i Coral mettono a punto ulteriori tasselli di un mosaico sempre più affascinante. I personaggi del fortunato “Coral Island” rientrano in scena creando un ponte narrativo tra gli ultimi due album. In primis, la voce narrante del nonno di Ian e James Skelley, che sotto le spoglie del dj Hey Joe crea un filo comune tra le canzoni con dediche fittizie di ascoltatori immaginari, evocando scenari notturni dove si susseguono pompe di benzina, hotel malfamati, strade buie e storie di solitudine.
Quella di Ian Murray non è l’unica presenza esterna al gruppo: le note di chitarra tirate a lucido di “Drifter’s Prayer” sono terreno fertile per un potente racconto dell’attore John Simm e per un’altra pagina ricca di magia musicale-letteraria.
Concepito come una raccolta di B-side e pubblicato solo in vinile per la gioia dei fan completisti e amanti dell’esclusiva (non è stato inserito sul profilo Spotify), “Holy Joe's Coral Island Medicine Show” è graziato da una serie di canzoni dal fascino istantaneo. Per il pregevole allestimento di un potenziale album/film in stile B-movie, i Coral tirano fuori dal cappello melodie seducenti (“Long Drive To The City”, “Never Be In Love Like That Again”), rispolverano le sonorità più nostalgiche degli esordi (“The Road Is Calling”), nonché le atmosfere di “Magic And Medicine” per la spensierata “Down By The Riverside”.
Nelle intenzioni della band, “Holy Joe's Coral Island Medicine Show” è un immaginario western diretto da Federico Fellini, la storia di una comunità alla deriva che si sposta lungo l’Inghilterra in cerca di un’identità morale e sociale. Ben vengano, dunque, il divertente skiffle di “Baby Face Nelson” e la costante leggerezza sixties degli arrangiamenti, ulteriore suggello di un nuovo interessante capitolo discografico di una carriera priva di scossoni e incertezze.
03/02/2024