Il carnato del cielo
sveglia oasi
al nomade d’amore
“Tramonto” di Giuseppe Ungaretti (“L’allegria”, 1919)
La speranza suscitata dai colori del cielo al tramonto come oasi di ristoro dai traumi e dalle difficoltà della vita. Questo era l’intento del breve componimento “Tramonto” di Ungaretti, un inno a non abbattersi mai, nonostante a volte ci si senta come un nomade sperduto nel deserto. Di viaggi in giro per il mondo ne sa qualcosa Emma Tricca, una vita da artista e da esploratrice, che ha come punti focali Roma, Londra e New York. Il fluire di pensieri e i frammenti di impressioni raccolti nel suo quarto lavoro “Aspirin Sun” si propongono come luce guida all’interno di un cammino tra mete reali e immaginifiche per elaborare la perdita di una persona cara, e trovano tra i maggiori punti di forza la coralità di contributi da parte Jason Victor (Dream Syndicate, Steve Wynn & The Miracle 3), Pete Galub e Steve Shelley (ex-Sonic Youth), con cui la cantautrice aveva iniziato a lavorare nel precedente capitolo “St. Peter”.
La breve introduzione “Devotion” culla l’ascoltatore conducendolo per mano verso il viaggio dell’anima di “Christodora House”, che alterna le arie trionfanti conferite dagli ottoni ad altre più nostalgiche nel ritornello, cedendo le battute finali a un piccolo vortice psych. Fanno seguito la chitarra acustica e i guizzi della bassline della concitata “Autumn's Fiery Tongue”, efficace road song che evoca dapprima uno scenario americano, per poi aprirsi gradualmente verso l’ignoto con ritmi sostenuti che uniscono country ed esotismi.
Si ritorna ad atmosfere ovattate e fuori dal tempo con “Leaves”, la quale riprende parzialmente il passo di “Christodora House”, rallentandolo e conferendogli un’aura dream-pop, cedendo il posto alle armonie in zona chamber-pop di “King Blixa”, da cui scaturisce quel pizzico di magia tipico delle ballate trobadoriche, tra le ispirazioni principali del brano.
Non passano inosservate le impressioni della suite corale “Rubens' House”, che si conferma una delle migliori tracce dell’opera, caratterizzata da passi cadenzati ottenuti dalle trame intessute da basso e batteria jazzata, variazioni sul tema e suggestioni floydiane, fino alla lunga coda strumentale che include lontani rimandi alle turbinose jam dei Dream Syndicate in “The Universe Inside”.
L’andamento deciso del lieve crescendo “Through The Poet's Eyes” torna alla tradizione folk, aggregando cori e una buona dose di psichedelia, che ingrana e prende il sopravvento nel finale simil-fanfaresco prima e sempre più elettrico e distorto poi. L’ultimo barlume di luce è offerto da “Space And Time”, dove si palesa finalmente la possibilità di “vedere oltre”, come ripetuto più volte nelle liriche, insieme alla grinta dei guitar riff di Victor.
Tra colori vividi, chiaroscuri, scelte azzeccate e non un solo colpo sparato a salve, “Aspirin Sun” è l’affresco di un universo in espansione, al centro del quale Emma Tricca pone un ricco carnet di suoni nuovi, destinato a evolvere in direzioni imprevedibili. Rispetto agli esordi nel segno di pilastri folk come Joni Mitchell, Bob Dylan, Phil Ochs e soci, la strada dell'artista appare attualmente dettata dalla stagione sperimentale dei Velvet Underground, spostandosi gradualmente verso la scena Paisley Underground, fino a raggiungere le influenze nineties dei Brian Jonestown Massacre, disseminando nel mentre anche dettagli pop. Ciò che ci riserverà dunque la cantautrice nel prossimo futuro è ancora tutto da scoprire.
02/04/2023