Tutto si può dire ma non che i Lemon Twigs siano privi di coraggio e di voglia di spaziare tra i generi, di curiosare, di mettersi in gioco. I due estrosi artisti newyorkesi (entrambi anche affermati attori cinematografici), dopo un disco d'esordio che aveva sollevato egregi consensi per quella mutevole miscela di glam/prog-rock, erano transitati per quel bizzarro e intrigante pop, non a caso definito da palcoscenico ("Go To School" del 2018), per poi giungere allo stravagante, ma un tantino derivativo, timballo glam-pop di "Songs For The General Public" (2020).
Per il loro quarto lavoro in studio, dal titolo "Everything Harmony", Brian e Michael D'Addario decidono di scalare bruscamente le marce della loro vettura.
Il nuovo album è un'intrigante evasione verso territori dove la melodia e la dolcezza prendono possesso in modo incontrastato di ogni istante: folk, jangle-pop, con qualche balzello soft-rock (sempre tassativamente equilibrato), sono gli ingredienti principali del sottile menù preparato dai Lemon Twigs.
Quell'aura di delicatezza sprigionata da arrangiamenti che si fondano su levigati accordi di chitarra acustica e talvolta di pianoforte fanno risaltare le mirabili doti vocali dei D'Addario: uno scenario che sembrerebbe l'innesco per un'alba dove i raggi di un caldo sole possano insinuarsi confortanti tra le persiane di un gelido giorno d'inverno.
In realtà dietro queste sonorità rinfrancanti si nascondono testi che grondano di sofferenza e malinconia e questa veste stilistica apertamente melodica, più che smussare qualche angolo, non fa altro che accrescere il pesante fardello: una sinistra contrapposizione che aggiunge intensità a un album più complesso di quanto possa apparire di primo acchito.
L'opener "When Winter Comes Around" mette subito in chiaro quale sia l'obiettivo e l'intendimento dei D'Addario, una ballata per chitarra acustica che fa riecheggiare sia il fingerpicking del McCartney di "Blackbird" che il nostalgico romanticismo di Simon & Garfunkel.
Non mancano momenti dove la freschezza del baroque-pop proposto dai Lemon Twigs prevede qualche incremento di giri: "In My Head", con vivi ringraziamenti ai Big Star di "Radio City", "Ghost Run Free", un mix tra i Rem e i La's di "There She Goes" e soprattutto "What You Were Doing", dai richiami power-pop al sapore rockabilly dei Replacements.
Ma è l'intimità beatlesiana o, meglio ancora, quella sunshine-pop 60/70 di protagonisti quali Grass Roots, Left Banke, Free Design ad essere il vero collante che lega l'intero progetto ("Corner Of My Eye", "Any Time Of Day", "Still It's Not Enough", "Every Day Is The Worst Day Of My Life", "New To Me" e la cinematografica "Born To Be Lonely" ornata da misurate linee d'archi e fiati).
Il livello di intimità acquista inattesi orientamenti nel misterioso garbo effuso da "I Don't Belong To Me", dove sono le calde note del pianoforte a trainare la carovana, in luogo dell'onnipresente chitarra acustica, vestendo con un diverso look uno dei passaggi più interessanti dell'intero album.
Anche la title track, dimenandosi tra archi, organo hammond e ritmate percussioni, si distingue dal resto del menù per un approccio che richiama addirittura qualche tratto del Canterbury Sound e quell'amore nascosto dietro cupe nuvole che talvolta è scaturito dall'irripetibile genio di Nick Drake.
Il culto per l'epoca d'oro del pop-rock che i Lemon Twigs hanno voluto celebrare con "Everything Harmony" è stato decodificato in tredici brani ricchi d'eleganza compositiva, di perfetta esecuzione e puntuale produzione, fattori che stanno diventando sempre più rari oggigiorno; un disco, questo, che sarebbe stato perfetto per un ascolto davanti a un camino accesso, durante una fredda e umida giornata di tardo autunno, quando le foglie multicolori stanno per lasciare l'ancoraggio che le teneva legate al loro rassicurante ramo, ma le emozioni non hanno confini o limiti, vanno vissute, sempre, e questo i talentuosi e giovanissimi fratelli D'Addario (in due sommano a malapena cinquant'anni) lo hanno manifestato nel modo migliore.
12/05/2023