Modern Nature - No Fixed Point In Space

2023 (Bella Union)
post-rock, folk-jazz

Ho la sensazione che Jack Cooper sia stato finora, se non sottovalutato, quantomeno frainteso. Sarà perché il suo passato è stato contrassegnato da nostalgiche esperienze in chiave psych-rock e jangle-rock (Mazes e Ultimate Painting) o forse sarà per l’ambizioso nome del suo ultimo progetto, Modern Nature, una premessa creativa, nonché una promessa, ritenuta non del tutto alla portata del quarantatreenne inglese.

Non è la prima volta che attitudini indie-pop vengono accantonate per abbracciare sonorità decisamente più complesse e articolate. Non è un caso che molti associno il nome di Mark Hollis a quello di Jack Cooper, e non solo per le analoghe strutture elettroacustiche fluide e avvincenti, ma anche per il deciso cambio di rotta artistico. La storia dei Modern Nature è contrassegnata da un’evoluzione che coinvolge non solo il versante puramente musicale ma anche quello letterario, culturale e spirituale.
Già dall’esordio “How To Live”, Cooper ha ostentato ammirazione per un lussuoso linguaggio minimale privo di inutili tecnicismi, attento alle suggestioni del kraut-rock e dell’avanguardia neoclassica, ma anche alle visionarie intuizioni cinematografiche di Derek Jarman (il nome Modern Nature è preso dai diari del regista). Per il successivo album “Island Of Noise” il musicista inglese si è avvalso della collaborazione del poeta Robin Robertson, del micologo Merlin Sheldrake, del musicista e critico Eugene Chadbourne, dell'illustratrice Sophy Hollington e dello scrittore Richard King, per un progetto dalle molteplici chiavi di lettura, dove cinema, letteratura e arte grafica hanno sposato brillantemente la passione di Cooper per il jazz, per Shakespeare e per i Talk Talk: richiami espliciti a “Spirit Of Eden” sono ormai palesi non solo nelle copertine ma anche nell’elegante citazionismo di brani come “Build”.

“No Fixed Point In Space” prosegue ancora più spavaldo in questo tracciato creativo, dove schemi ed elementi compositivi rinunciano sempre di più a canoni e regole per raggiungere quell’astrazione da sempre ambita da Cooper.
Sbaglia chi dietro il nome Modern Nature intravede la volontà di raccontare l’uomo contemporaneo: già le più composite tracce di “How To Live” evocavano un respiro lento e uno status emotivo più affine alla trascendenza e alla sottostante necessità di fuggire dal caos della civiltà moderna. “No Fixed Point In Space” è l’album che celebra la modern nature, ovvero quelle nicchie ecologiche incontaminate che ancora resistono alla globalizzazione e all’industrializzazione. Un luogo dove predomina il silenzio, dove piccole variazioni e oscillazioni naturali mutano in vibrazioni e suoni, rinnovando il miracolo della genesi.

La dichiarata mancanza di punti fissi nello spazio del titolo è un altro passo verso un’etica sonora che appartiene solo alla natura. Le armonie e le melodie catturate in queste sette composizioni sono ricche di tonalità e colori, ma sono percepibili solo restando fermi, immobili, osservandone la metamorfosi onirica o virtuale.
Tavolozza di suoni sempre più astratti e impalpabili, la musica dei Modern Nature è come un fiore dai colori tenui che sparge semi policromi, un traguardo che è solo un nuovo punto di partenza. I presupposti sono ancora una volta molteplici: Jack Cooper ha lasciato Londra per un villaggio dell’East Anglia, un luogo fuori dal tempo, dove il mormorio di un fiume e un raggio di sole che filtra tra i rami dopo una tempesta sono un concentrato di pura poesia. Il set di presenze esterne è stimolante: Anton Lukoszevieze, Mira Benjamin e Heather Roche degli Apartment House, Dominic Lash, Alex Ward, Chris Abrahams dei The Necks e Julie Tippetts (autentica ciliegina sulla torta).

E’ in parte superfluo cercare di descrivere l’album senza considerarlo un corpo unico. “No Fixed Point In Space” è un tessuto forgiato con uno stringato set base di chitarra/basso/batteria e strumenti di stampo classico (archi e fiati), ma anche spinetta e fisarmonica. Il nuovo progetto dei Modern Nature è un disco dal sapore salmastro, ridestato dal suo naturale torpore dal flebile calore del primo mattino (“Tonic”), agitato dal rigoglio strumentale di chitarre e fiati e dall’austero romanticismo del canto a due voci (Jack e Julie) di “Murmuration”, in attesa che il vento e la pioggia ne scompiglino il leggiadro rigore, iniettando un’aliena atmosfera jazz-blues che ancora una volta beneficia della magica presenza della voce di Julie Tippetts (“Cascade”).
Le innegabili assonanze con Bark Psychosis, Talk Talk, David Sylvian e These New Puritans, nonché l’oscillante atmosfera tra chiarori (“Sun”) e semioscurità (“Tapestry”) non scalfiscono la solida e tenace fusione di folk, psichedelia, kraut-rock, post-rock e free-jazz del progetto. La lieve sensazione di già sentito è istantaneamente disfatta dal fuoco dell’ispirazione e dell’anarchia armonica nell’ambizioso mix di avanguardia neoclassical e free-jazz di “Tapestry” e dalla notevole caratura lirica della preziosa ballata “Ensõ”, che Cooper lascia nelle mani e nella voce di Julie Tippets.

“No Fixed Point In Space” è un altro viaggio ai confini del post-rock, tra languori chitarristici, echi pianistici e tremolii di basso che nel diluire note e silenzi regalano alla musica contemporanea nuove radici e profumazioni naturali da degustare con calma.

11/10/2023

Tracklist

  1. Tonic
  2. Murmuration 
  3. Orange 
  4. Cascade 
  5. Sun 
  6. Tapestry
  7. Ensõ 




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