Salutato il nuovo millennio con l'ennesimo straordinario disco, "Whatever You Love, You Are", negli anni successivi gli australiani Dirty Three hanno regalato emozioni alterne, tra spunti memorabili e attimi di sagace prevedibilità incastonati in progetti di indiscussa classe, eppur privi della potenza rivoluzionaria di capolavori come "Ocean Songs“" e "Horse Stories".
Per Warren Ellis, Mick Turner e Jim White accantonare il progetto dopo un album targato anno 2012 e intraprendere nuovi percorsi è stato vitale, necessario. Il batterista Jim White ha esplorato i confini tra jazz e rock sperimentale collaborando con Marisa Anderson, George Xylouris e Myriam Gendron.
Il chitarrista Mick Turner ha traghettato l'anima più romantica del gruppo nel progetto Mess Esque condiviso con Helen Franzmann, mentre Warren Ellis è diventato co-protagonista delle ultime produzioni di Nick Cave, condividendone la passione per le colonne sonore e per le assidue incursioni nelle tenebre dell'animo umano.
Ritrovare insieme i Dirty Three a dodici anni di distanza dal meritevole ma non sorprendente "Toward The Low Sun" può apparire a prima vista l'ennesimo ritorno strategico, ma per fortuna l'album racconta tutta un'altra storia.
La prima vera sorpresa di "Love Changes Everything" è il cambio di registro rispetto alle ultime prove: l'album recupera quel fervore degli esordi che sembrava perduto. I Dirty Three esplorano sonorità vaporose, armonie al rallentatore e frammenti residui di malinconia con inattesa furia creativa.
Composto da sei brani che ripropongono il titolo dell'album con semplice variazione numerica, l'album sacrifica le antiche velleità post-rock per una scorribanda jazz-noise che intercetta l'anima spuria delle prime registrazioni della Impulse e il caos calmo di alcune formazioni post-hardcore.
Warren Ellis accantona a volte il fin troppo iconico suono del violino per sonorità di pianoforte a metà strada tra Erik Satie e Bill Evans ("Love Changes Everything II"), ripristinandone il seducente e straniante timbro per un irrefrenabile ronzio per le vertiginose variazioni armoniche di "Love Changes Everything VI", un brano che rimodella il febbrile minimalismo di "Love Changes Everything V" per una immersione onirica, algida, musicalmente esplorativa e satura nello stesso tempo.
Oltre a chiudere il cerchio delle tante variazioni sul tema, "Love Changes Everything IV" ridesta l'incantevole e placida bellezza di "Ocean Songs", quasi a voler stemperare la prorompente energia satura di riff e noise di "Love Changes Everything I", brano che oltre ad aprire l'album ne anticipa la natura più free ma egualmente drammatica.
Un ottimo ritorno in scena per i Dirty Three.
17/09/2024