Se ti passo il ferro l'aspettavi più leggera
Fate tu-tu-tu ma solo il suono con la bocca come la Ligera
Il quarto capitolo della serie "Dead Poets", sottotitolato "Ad Honorem", è un ritorno all'anima più aggressiva del
producer romano dopo un terzo episodio meno entusiasmante, pur se con alcuni momenti da ricordare (ci aveva convinto più il
secondo). Nei 15 brani proposti prevale uno spirito hardcore senza compromessi, che concede importanti dosi di
punchline e versi ricordevoli, rigorosamente
explicit.
Come al solito nella discografia del titolare, dietro al microfono si succedono numerosi rapper più o meno sconosciuti al grande pubblico, garantendo un invidiabile dinamismo ai pezzi: spesso chi partecipa si gioca, con una strofa, la possibilità di farsi conoscere al pubblico di
rappusi ai quali Dj Fastcut sembra rivolgersi e questo comporta un'attenta ricerca della massima efficacia e creatività.
"Bon Voyage", con un quartetto di voci, è un modo ideale per presentare la potente miscela di hardcore e
horrorcore che si tratteggia traccia dopo traccia, con il
producer che spruzza le basi di
sample e
scratch in nome di un’adesione alla tradizione che non diventa mai una stantia riproposizione.
I
beat veloci ("A carte scoperte"; "Il cenacolo") e quelli gotici e ossessivi ("Un'altra gemma nelle tasche") iniettano energia e tensione, mentre la più lenta e amara "Stacca un po'", a metà
tracklist, ricorda l'oscura miscela sonora allucinata dei
Cypress Hill.
L'esplosiva "Knock Out", con fiammate
extrabeat e un assordante fischio degno dei
Public Enemy, incendia una seconda metà resa ancora più devastante dalla cannonata "Skillatissimi", con cinque rapper che cavalcano un
beat pesantemente distorto, e "Street Regulator" (con un Kappao
horrorcore da antologia), a formare una tripletta spaccaossa.
C'è spazio anche per un inno rap-funk-rock come "Fate largo" e un'apertura a un pop-rap cupo e ricercato in "Ritorno al futuro", non a caso con
Murubutu, ma l'anima hardcore dell'album non ne esce granché compromessa.
Ideale antidoto all'indigestione trap degli ultimi anni, questo "Dead Poets 4 - Ad Honorem" è da ascoltare al massimo volume e ripetutamente, immergendosi con l'opportuna consapevolezza nel suo turbine di immagini violente, citazioni e rime letali. All'opportunismo delle ospitate del
mainstream, pensate per garantire
stream sicuri e altrettanto certi dischi di platino, si contrappone un'idea di
hip-hop come cultura da condividere e vivere, un movimento al quale partecipare rimanendo fedeli alla tradizione ma anche innervandola di una densità travolgente. I poeti estinti sono più vivi che mai.
21/02/2024