Secondo album per gli Hooverphonic post-reunion con la cantante storica Geike Arnaert. La formula pop del gruppo in generale si mantiene elegante per scrittura e vena melodica. A livello compositivo, come di consueto, si mescolano elementi elettronici e strumenti acustici, per conferire un'idea di dinamismo, rafforzata anche dall'integrazione di ritmi vari - i momenti più upbeat sono prevalenti, ma alternati a qualche occasionale parentesi più cadenzata e persino a qualche spruzzata trap.
Si tratta di un mix familiare per chi conosce il gruppo. Ma purtroppo si tratta di una familiarità in negativo, perché per la maggior parte il disco sembra una collezione di B-side dai precedenti album, con pochi spunti incisivi ed eccessiva ripetitività. Le melodie chitarristiche sono drammaticamente carenti, le tastiere fungono più da riempitivo e il lato ritmico è insipido.
Solo la voce di Geike mostra qualche bagliore di luce grazie al suo timbro meraviglioso, ma viene diluita dalla carenza di idee generale. Curiosamente, anziché nei momenti piu malinconici ed emotivi, sembra trovarsi più a suo agio in quelli più ballabili, in particolare le dance-oriented "And Then I Found You" e "Somebody", pur senza mostrare particolari picchi. Cambiando ingredienti per ottenere gli stessi fini, "Por Favor" inizia in modo divertente con i suoi ritmi briosi e la chitarra acustica latineggiante con Geike che appare in piena forma (peccato per il testo banale). Ma si tratta di brani "pop-corn", orecchiabili sul momento ma che scorrono via senza pretese, privi di mordente, di una vitalità che lasci il segno.
Proprio quando il disco dovrebbe risultare più emotivo e atmosferico, si intravedono i limiti attuali del gruppo che appare non avere nulla da dire e non va oltre il confezionare qualche timida melodia su basi varie. Fa eccezione "Two Wrongs Right", apprezzabile nella sua miscela di dolce e amaro, con una stratificazione elettronica su base acustica, forse iperprodotta, ma accattivante.
Proprio la title track, che dovrebbe essere il singolo di punta come ballata malinconica con un pop-downtempo sulla scia della molto più riuscita "You Love Me To Death" del 2005, risulta davvero piatta e monotona. Su coordinate analoghe si muove la conclusiva "United States Of Amnesia", con maggior pathos, beat ed effetti elettronici più incisivi, ma dando la sensazione di un crescendo emotivo che non arriva mai.
Anche il tema generale dell'album è abbastanza banale: viviamo in una società dell'apparenza e ci preoccupiamo più di trasmettere un'immagine falsa di noi anziché una genuina. Non si tratta però di un vero e proprio concept, perché non tutte le canzoni seguono questo filo conduttore, e ne risulta un pizzico di discontinuità. I brani, in definitiva, sembrano più una collezione di singoli slegati tra loro, e neanche tanto entusiasmanti.
28/11/2024