Un percorso sorprendente, quello dei Mardi Gras, band dell’area romana che da sempre interpreta il proprio ruolo con curiosità e desiderio di spingersi verso territori inesplorati, sperimentando continuamente nuovi suoni. Partiti come duo acustico fortemente legato dalla tradizione Irish, i Mardi Gras nel corso degli anni Dieci si sono trasformati in un quartetto dai contorni country-folk, intenzionato a guardare ben oltre l’Irlanda delle origini, per sporgersi verso una forma di cantautorato disposto ad aggiungere punti di contatto sia con i migliori songwriter americani che con la scena indie contemporanea. La line-up nel frattempo continuava a espandersi, fino a contare su sei elementi, ognuno dei quali con in dotazione un background in grado di ampliare a dismisura il ventaglio stilistico proposto dal gruppo.
“Sandcastle” è un progetto che parte da lontano: i Mardi Gras iniziarono a elaborare le canzoni basandosi su un soggetto originale scritto da Sante Sabbatini, Francesco Braida e Filippo Novelli per un graphic musical poi reso disponibile su Amazon, lasciandosi guidare dalle immagini per musicare otto episodi della storia. Intrapresa la scrittura con la medesima line-up di “Playground”, il precedente album risalente al 2015, il lavoro è proseguito mentre avvenivano alcuni avvicendamenti, fra i quali il più rilevante è stato quello alla voce: Claudia Loddo è stata sostituita da Liina Rätsep, cantante estone nella band dal 2018, protagonista di una serie di singoli centellinati in questi anni, fra i quali merita menzione almeno “Gingerman”, frutto nel 2019 della collaborazione con il cantautore dublinese Mark Geary.
La nuova vita dei Mardi Gras è inaugurata dai tasti del pianoforte che fungono da morbido incipit per “The Dance Of The Sand”, lieve tappeto sonoro sul quale vanno a sovrapporsi in sequenza una chitarra acustica, la voce di Liina, gli archi, il basso, la batteria, la chitarra elettrica, in un crescendo denso di enfasi. Il rock e l’orchestra, una fusione che genera otto brani dall’impatto fortemente emozionale, e che in “Cinematica”, la seconda traccia del disco, si approssima verso una forma di symphonic heavy-alt-rock molto efficace, che non scade mai nel prolisso o in inutili lungaggini progressive. Il riferimento più prossimo sono piuttosto gli Evanenscence, oppure certe band del circuito nord-europeo che non rinunciano mai a coniugare chitarre hard e ganci melodici.
“Sandcastle” si impone così come piacevole sorpresa, nonché come conferma del talento, della tecnica esecutiva e della capacità dei Mardi Gras di cambiare pelle. Un lavoro eterogeneo, che alterna l’alt-rock orchestrale di “Stop The Presses” e “Don’t Touch The Sinner” al respiro electric-alt-folk di “Cross The Line” e “Wake Up”, concedendosi anche i colori tenui di “Lia’s Theme” e le rotondità radiofoniche di “After The Fire”. La primordiale radice irlandese resta giusto in certi ricami chitarristici, passaggi più lievi che non di rado preludono a decise sferzate elettriche. Il respiro internazionale dell’opera porta oggi i Mardi Gras a essere accostati ad altre band italiane in grado di riscuotere grandi consensi anche oltre frontiera con una proposta assolutamente personale, tanto gli storici Lacuna Coil quanto i più recenti Messa, esempi con i quali hanno in comune la presenza di una voce femminile fortemente caratterizzante.
22/11/2024