Maruja

Difficile valutare un’opera come “The Vault”. Difficile persino definirla un vero e proprio album. Si tratta, infatti, di una raccolta di jam session registrate con un telefonino tra il 2021 e il 2023, e sorprendentemente il suono è più che accettabile, considerando i mezzi.
Come confessano nel loro Bandcamp, i Maruja amano immergersi in lunghe sessioni di improvvisazione, veri e propri brainstorming musicali da cui nascono intuizioni e sperimentazioni. In questa raccolta hanno scelto di condividere le sessioni che, a loro avviso, meglio rappresentano l'essenza della band. Alcuni passaggi sonori trovano un interessante legame con i brani successivamente sviluppati per l'Ep “Knocknarea”, come il sassofono di “The Solstice” e la struttura della seconda parte di “Dagda”.

Tra le sei tracce spiccano per durata “Break The Tension” e la già citata “Dagda”, che si estendono rispettivamente per poco meno di ventisei e venti minuti. Incredibilmente, il tempo scorre senza che l'ascolto risulti mai opprimente, grazie a una narrazione musicale che cattura e mantiene alta l’attenzione senza dare mai l’idea di trascinarsi. Tra i momenti più memorabili, la magnifica partitura post-rock di “I Could See” e il lunghissimo assolo di sassofono in “Break The Tension", che si fa largo tra distorsioni caotiche e ritmi di un’intensità quasi insostenibile nella prima metà, per poi sfumare gradualmente in un’atmosfera sempre più rarefatta.

Probabilmente, non è un disco pensato per essere ascoltato e riascoltato con leggerezza, ma piuttosto per essere analizzato e assaporato come una testimonianza dell’intesa e della creatività che i Maruja hanno raggiunto. Non tutto risulta immediato o godibile nel senso più convenzionale del termine, ma è proprio questa tensione tra caos e forma che rende “The Vault” un lavoro affascinante. È come osservare il magma ribollente di un vulcano da una distanza di sicurezza, affascinati dalla forza creativa prima che essa prenda forma definitiva ed esploda.

11/01/2025