Sono passati undici anni da "In Cassidy's Care", disco del mese di OndaRock nel 2013 e primo album del duo inglese a ottenere un più ampio riscontro di pubblico e critica, un lasso di tempo durante il quale il ricercato romanticismo dei Miracle Mile è stato consegnato alle escursioni da solista di Trevor Jones e all'unico progetto di Marcus Cliffe, ovvero i due membri del gruppo.
Con una produzione che rasenta ormai le venti unità, l'abilità di Trevor Jones come autore è una delle poche certezze della musica pop inglese, ed "East Of Ely" è l'ennesimo, ottimo capitolo di una storia forse già nota eppur sempre avvincente. È noto ai più smaliziati cultori delle sette note che indugiare in lussuosi arrangiamenti e colte armonie è una sfida ardua, spesso ripagata da un lieve oblio critico o da un approccio snob e fugace, ma al di là dell'eco mediatica o dal riscontro puramente commerciale, il nuovo album del duo inglese è un miracolo di coerenza e di vigoroso lirismo.
A trentacinque anni dal primo album "Bluer Skies Than This", i Miracle Mile non hanno perso smalto, gli arrangiamenti di Marcus Cliffe sono preziosi telai strumentali sui quali Trevor Jones ricama alcune delle sue migliori intuizioni melodiche di sempre, a partire dai due singoli che hanno anticipato la pubblicazione di "East Of Ely": la palpitante e accattivante ballata pianistica "Night Wedding" e il confortevole country con tanto di slide guitar e un'elegante coda orchestrale di "Butterfly Brooch".
Marcus Cliffe mette al servizio delle composizioni di Trevor Jones una serie di intuizioni che lasciano decisamente il segno: il suono del pianoforte che scandisce i tempi lirici di "Silent Sigh" è come un battito d'ali che accarezza voce e strumenti, e lascia fluire una delle pagine più poetiche del disco, solo apparentemente in contrasto con il brano più esuberante e rifinito dell'album, "Chapel Flower Morning", un coinvolgente crescendo armonico e ritmico che sembra uscire da "Steve McQueen" dei Prefab Sprout. Trevor Jones in verità non ha mai nascosto la personale ammirazione per Paddy McAloon (qui l'intervista dove elenca i dieci dischi da isola deserta), ma recentemente ha fatto spesso riferimento a Paul Buchanan e ai Blue Nile come fonte d'ispirazione, un'influenza percepibile in più di un brano, ma soprattutto nell'elegante dream-pop noir di "Come Morning".
Per i fan del duo, "East Of Ely" è più di una piacevole conferma, per i nuovi seguaci c'è molto da amare e custodire con cautela, a partire dagli ammalianti e singolari intrecci di voci recitanti, armonica e gentili trame folk di "Shorebound", dall'intensità emotiva dei due brani strumentali ("Postcard From Happisburgh", "Postcard From Walberswick"), nonché dal trittico iniziale ("Appletree", "Shivering Boy", "Sparrows") che nel ribadire le peculiarità dei Miracle Mile predispone alle tante sorprese di un disco destinato a chi ancora dedica tempo e attenzione a quei piccoli dettagli che assimilano la musica a una forma d'arte.
30/05/2024