Ci sono tanti aneddoti attorno a Nemah Hasan, un chiacchiericcio che sta crescendo esponenzialmente proprio in queste settimane, con l'uscita del suo album di debutto "Verbathim". Ma non si tratta solo di buona pubblicità, la genesi di questo lavoro s'inserisce in un contesto incandescente, l'autrice ha quindi deciso di spingere sul pedale per far passare un messaggio il più possibile onesto e diretto, come si evince sin dal titolo dell'album, anche al netto di quella "h" in più.
Nata a Toronto da una famiglia di rifugiati palestinesi provenienti dalla West Bank, Nemah è cresciuta al sicuro ma in povertà, lavorando anche come benzinaia e assorbendo la dura realtà di un'eredità culturale martoriata e divisiva - sua la scelta di portare l'hijab e farsi portavoce del proprio spaccato di vita, pur a proprio agio con indumenti sportivi e un cinico senso dell'umorismo tipicamente nordico. Un "clash" culturale inevitabilmente politico, che la ostracizza in certi ambienti, ma la rende anche riconoscibile sui social media. E Nemahsis ha colto la palla al balzo: durante il suo ultimo viaggio in Palestina in visita alla famiglia, nel marzo 2024, ha girato in poche ore le immagini che accompagnano il roboante singolo "stick of gum", umanizzando nel processo gli abitanti di una lingua di terra rimasta presa tra più fuochi. Nella sua semplicità, è uno dei filmati più toccanti dell'anno in corso.
Ma l'arrivo di questo debutto è stato tutt'altro che lineare, come raccontato durante un'intervista al podcast di Tom Power. In sintesi, "Verbathim" era già pronto oltre un anno fa, conteso tra varie offerte prima della firma con un'innonimata casa discografica a inizio ottobre 2023. Ma pochi giorni dopo, l'attacco da parte degli estremisti di Hamas contro Israele ha riacceso i riflettori su un conflitto inestinguibile, e a Nemahsis è stato reciso il contratto senza neanche la cortesia di una telefonata, con la scusa che "Verbathim" ha il potenziale per essere disco dell'anno ma è impossibile da pubblicizzare. E' dunque seguito un calvario durante il quale l'autrice s'è sentita "intoccabile" e de-umanizzata, preda di accese percezioni identitarie, delusioni personali e nuovi problemi logistici e finanziari, fino alla decisione di pubblicarsi da sola.
Che poi "Verbathim" non è neanche un disco marcatamente politico, vuol semplicemente offrire il punto di vista di una giovane donna, come concesso a tante altre cantautrici occidentali. Impresa non facile, come confessato durante un episodio di "The Breakdown" per Rolling Stone:
[...] non mi piace essere pesante, c'è già tanta serietà attorno alla mia musica e alla mia immagine e anche se provo a staccarmene il resto mondo non me lo fa dimenticare. Odio essere seria, vorrei scrivere canzoni d'amore [...] ma il mondo si aspetta qualcosa in più da me...Difatti, pur melodicamente spigoloso e scarno nella produzione - talvolta accompagnato da un tappeto di corde appena pizzicate - "Verbathim" è intenso sin della malinconica apertura di "old body, new mind", associabile all'intimità di Lorde e Lykke Li, o anche alla Feist più desertica. Nemahsis ha anche un cuore indie-rock, come quando, su "you wore it better", si apre a uno stridulo ritornello reminescente della britannica Rachel Chinouriri.
01/10/2024