I Måneskin sono in pausa, dopo alcuni tentativi di hit andati sostanzialmente a vuoto, e Damiano David, meglio conosciuto come Damiano-dei-Måneskin, ha annunciato dal settembre 2024 l'inizio della sua carriera solista. Ha pubblicato nei mesi successivi tre singoli, smaccatamente orientati a un pop trasversale e internazionale, che poco o nulla hanno da spartire con l'estetica più rock del gruppo originario. Si sono stupiti solo i meno informati sulla storia della band, dalla quale il cantante fu inizialmente allontanato proprio perché troppo pop. Questo suo album d'esordio da solista, "Funny Little Fears", arriva quando l'interesse per i Måneskin si è intiepidito ed è fondamentale per dare nuova spinta alla carriera di un cantante che, pur ventiseienne, ha già un ingombrante passato alle spalle.
Nei 14 brani in scaletta Damiano David canta in modo educato e impeccabile, aiutato da una produzione eccezionale, degna dei colossi del pop contemporaneo. Tutto è al posto giusto sin dall'iniziale "Voices", con i tocchi orchestrali, il ritornello che s'imprime in testa anche se non lo vuoi e il tema che più contemporaneo non si può: il disagio emotivo in versione TikTok, la psicopatologia come trend. Ritorna questo racconto anche in "Sick Of Myself", fin troppo scontata nel suo lamento, e nella più intensa "Silverlines", quasi una preghiera, che è anche il brano più interessante in quanto a prova vocale. Di fatto un certo malessere funge da cornice dell'intero album, insieme ovviamente al tema del tormento sentimentale, e infatti "Solitude (No One Understands Me)" chiude con la voce che si confessa, in un mare di suoni ovattati e chitarre tristi, prima dell'ultimo momento corale: intimismo, sì, ma da cantare tutti insieme ai concerti... con la torcia del cellulare a sostituire l'obsoleto accendino.
Altrove prevale la dimensione più malinconica, come nella ballata semi-acustica del singolo "Next Summer", cantata con intensità mentre un florilegio di archi, echi e altre preziosità abbelliscono l'arrangiamento. Ancora più elaborata "The Bruise" (feat. Suki Waterhouse), che può richiamare persino Sufjan Stevens nella prima parte prima di diventare più affine al musical.
Il problema che si avverte già dopo pochi minuti è che questo pop contemporaneo e internazionale, tutto cantato in inglese, è pericolosamente simile ad altro pop contemporaneo e internazionale, tutto cantato in inglese, che conosciamo benissimo: soprattutto Harry Styles, per esempio nella hit pop-dark "Zombie Lady" e nella veloce ed emotiva "Born With A Broken Heart", ma qua e là compaiono riflessi di tanti successi degli ultimi vent'anni o anche riproposizioni di modelli vintage che ormai sono stati riletti all'infinito. D'altronde il team di produttori ha già messo mano a successi di Dua Lipa, Maroon 5, Demi Lovato, Justin Bieber, Imagine Dragons, Shakira, The Weeknd e tanti altri.
Damiano David ci vuole raccontare le sue piccole paure ma l'aspetto più personale della narrazione è diluito in una produzione impeccabile ma spersonalizzante, forse fin troppo ricca ed elaborata. "Funny Little Fears" fatica a imporre l'ex-cantante dei Måneskin come una voce diversa, distinguibile, nel panorama attuale. Fa parte delle regole del pop mainstream trovare l'equilibrio tra personale e universale, giocare sul filo dell'illusione che i sentimenti e il vissuto di una star della musica possano corrispondere al quotidiano di noi comuni mortali, ma era lecito comunque aspettarsi qualcosa di più. La piccola paura, non proprio divertente, è che la prossima volta gli esperti produttori potrebbero trovare un nuovo volto e una nuova voce per proporre delle hit non troppo diverse. Non proprio il massimo, per chi inizia adesso una seconda carriera.
18/05/2025