Australiana di nascita ma residente a Berlino, la polistrumentista Judith Hamann ha sviluppato nel tempo un approccio personale alla composizione. Le atmosfere crepuscolari delle sue produzioni nascono dall'interesse verso una forma minimale di elettroacustica e dalla suggestione ipnotica dei suoni sordi, vibranti e insistenti, emessi principalmente dal violoncello (strumento di cui è solista). Field recordings, voce, organo e synth sono altri elementi che troviamo soprattutto nel più recente “Aunes”, album disponibile nei formati digitale e vinile (quest'ultimo a cura dell'etichetta francese Shelter Press).
“Aunes” - titolo mutuato dal nome di un'antica unità di misura in uso nel nord Europa, l'auna - è una collezione di sei pezzi composti nel corso di sette anni con l'ausilio anche di tecniche meno convenzionali come il collage sonoro che Hamann evidentemente utilizza con l'intenzione di giungere a un risultato coeso e omogeneo. Assorta in un'atmosfera meditativa dai connotati quasi liturgici, l'introduttiva “By The Line” si regge sui toni gravi di tastiera e su flebili incursioni vocali a metà tra ASMR e frammentarie intuizioni tematiche. Dopo un intermezzo (in verità un po' superfluo) affidato esclusivamente a field recordings e voce (“Casa di Riposo, Gesù Redentore”), “Seventeen Fabrics Of Measure” mostra nei suoi oltre sei minuti uno sviluppo maggiormente evoluto. Il tono umorale rimane brumoso e vespertino e l'abilità di Hamann nel lavoro di montaggio e utilizzo di molteplici e differenti sorgenti sonore qui è palese.
“Lung Song”, interamente costruita su registrazioni di rantoli, fischi e respiri prodotti dalla stessa Hamann (che pare soffrire di crisi d'asma), è quantomai emblematica. Solo un sound artist avrebbe potuto pensare di registrare il suono prodotto dai propri bronchi affaticati.
Il sobrio e raccolto misticismo torna nuovamente in “Schloss, Night”, traccia intrisa della fragile vocalità della Hamann che si accompagna all'organo mentre ai bordi dello spettro sonoro si generano micro-eventi sonori accidentali. La conclusiva “Neither From Nor Towards” sembra tornare addirittura a suggestioni rinascimentali e al folk britannico (soprattutto nell'impostazione vocale, non più rarefatta e frammentata). Una lunga cantata per voce e violoncello, costruita attorno a un'unica idea tematica riproposta in innumerevoli variazioni e improvvisazioni. Una traccia che è al tempo stesso conclusione e inizio del viaggio.
“Aunes” è disco eclettico ma non incoerente anche se alcune intuizioni paiono ancora poco centrate. Nonostante ciò, questo album è certamente un importante tassello nel percorso artistico di Judith Hamann.
05/07/2025