Royal Trux

Royal Trux - I veterani del disordine

Nati dalle ceneri dei Pussy Galore, i newyorkesi Royal Trux hanno coniato un originale ibrido tra blues-rock primitivo e noise d'avanguardia. Realizzando dischi caotici, tanto ambiziosi quanto controversi

di Claudio Fabretti

Dalla diaspora dei Pussy Galore, band di culto dell’underground newyorkese, sono nate due formazioni destinate a influenzare profondamente la storia del blues-rock degli anni Novanta: Jon Spencer Blues Explosion e il duo dei Royal Trux, formato da Neil Hagerty (chitarra) e dalla sua compagna Jennifer Herrema (organo). Entrambe le band si sono caratterizzate fin dall’inizio come combo di “avant-noise”, dediti tuttavia alla riscoperta delle radici più primitive del rock & roll.

La musica dei Royal Trux, tuttavia, suona fin dall’inizio più caotica, allucinata, estrema: sonorità anni '70 riviste nell'ottica del punk, Sonic Youth miscelati con Coldblood, ritmiche serrate, melodie abbozzate. Una miscela alla nitroglicerina, che deflagra con tutta la sua virulenza nell’album d’esordio omonimo, Royal Trux (1988). Un disco che riesce a coniugare i vocalizzi deliranti di Captain Beefheart con il blues depravato dei Rolling Stones, le visioni psichedeliche di Jimi Hendrix e il caos dissonante dei Sonic Youth. Un repertorio che scorre tra le note dissonanti di brani come “Bad Blood” , “Zero Dok”, “Esso Dame”, “Incineration”, “Andersonville”. Un caos sonoro sempre più alticcio (vedi “Sanction Smith”) e cacofonico (“Bits And Spurs”), che raggiunge il suo apice nello strumentale jazzato “Hashish” e nella piece rumoristica “Touch”.

Trasferitosi a San Francisco, il duo inizia a lavorare al secondo album, ma deve anche affrontare seri problemi di tossicodipendenza. E proprio da una sorta di allucinazione collettiva eroinomane nasce il doppio Twin Infinitives (1990), un album ambizioso e controverso, considerato una sorta di “Trout Mask Replica del noise-rock” e costruito in modo assolutamente amatoriale, con un'attitudine tipicamente "lo-fi". Obiettivo: fare a pezzi la forma-canzone tradizionale, attraverso un ginepraio di suoni elettronici distorti, di costruzioni e decostruzioni dadaiste e di ritmi forsennati. Le influenze sono molteplici, da Frank Zappa allo stesso Beefheart, dai Rolling Stones ai Pere Ubu, dai Faust ai Chrome. Ma i Royal Trux viaggiano liberi tagliuzzando e ricomponendo brandelli di musica, e trasportandoli in un’orgia di rumori. Nasconi così brani deliranti come “In Chances Are The Comets In Our Future”, “Solid Gold Tooth”, “Glitterbust”. Il culmine di questo baccanale sonoro è la lunga suite di “Ape Oven”, dal riff minaccioso e dalle percussioni indolenti. I vocalizzi folli di Herrema, emuli di Lydia Lunch, fanno da sfondo a brani sconnessi e apocalittici come “Ice Cream” o “Lick My Boots”, mentre “Florida Avenue Theme” è degna delle imprese più audaci di Edgar Varese.

Dopo un periodo di pausa (e di disintossicazione) la band newyorkese torna con il terzo album, Royal Trux(1992), che segna una svolta alla ricerca di un sound blues più genuino e primitivo. Pezzi come “Move” e “Sometimes” sembrano quasi un omaggio ai Rolling Stones. Ma non manca anche la dimensione più caotica, come testimonia il finale convulso di “Sun On The Run”.

 

La svolta “Seventies” si conferma con Cats And Dogs, che rielabora classici del blues-rock (dai Cream a Jimi Hendrix fino agli Stones). Affiorano timide melodie, come nella litania di “Driving In That Car”, o nel boogie alla Lou Reed di “Let's Get Lost”. E a connotare il disco è anche il gusto per filastrocche stralunate e sconnesse. Emblematica in tal senso la ballata di “Spectre”. Nel frattempo, i Royal Trux vengono ingaggiati dalla Virgin, che vede in loro come una versione ancor più iconoclasta del grunge-rock dei Nirvana. Ma il faro del duo newyorkese sono sempre i Rolling Stones. E l’omaggio ai maestri prosegue anche in Thank You (1995), con brani di blues-rock purissimo come “A Night To Remember”, “You're Gonna Lose” e “Ray O Vac”.

Hagerty e Herrema tornano nel 1997 con Sweet Sixteen, che offre perfino scampoli di glam-rock (“Morphic Resident”) e progressive (“Microwave Made”), pur perpetuando la rivalutazione del blues-rock selvaggio di Rolling Stones (il lento di “Cold Joint”) e Stooges (“10 Days 12 Nights”). Accelerator (1998) si distingue invece per la particolare foga negli arrangiamenti e per un suono estremamente violento, nel segno del garage-rock più assordante. Veterans of Disorder (1999), sorta di autocelebrazione ironica della band, ripropone tutto ciò, accentuando — se possibile — l’energia blues e la decostruzione delle strutture tradizionali del rock. Nel frattempo, Hagerty comincia a dedicarsi al progetto solista che culminerà in Neil Michael Hagerty (2001), un disco in cui il chitarrista riproporrà tutti i capisaldi della sua carriera nei Pussy Galore e nei Royal Trux.

 

Ma, quando sembrano sull’orlo dello scioglimento, i Royal Trux riemergono con Pound for pound (2000). Ovvero dieci brani di puro rock'n'roll. “Non c'è dubbio che Royal Trux sia un gruppo che reinterpreta il rock'n'roll — spiega Jennifer Herrema -. Non abbiamo mai negato di rifarci alla tradizione del rock americano. Royal Trux è la somma di tutto quello che abbiamo ascoltato in passato, una sintesi sia delle cose che ci sono piaciute sia di quelle che abbiamo odiato. Molti, soprattutto in ‘Veterans of disorder’, hanno pensato che stessimo facendo dell'ironia sulla storia del rock'n'roll. Si sbagliavano di grosso. Noi non siamo mai ironici sul rock'n'roll. Amiamo troppo il rock'n'roll per fare ironia. E proprio perché lo amiamo così tanto, credo che alla fine sia diventato, attraverso la musica di Royal Trux, qualcos'altro, qualcosa di nuovo che reinventa ciò che è stato fatto in passato…”. E Pound for Pound ne è l’ennesima conferma: “Call Out The Lions”, dall'intro quasi arabeggiante, è melodica quanto basta, “Fire Hill” è il solito blues "rollingstoniano", “Platinum Tips” ha cadenze ritmiche alla Jon Spencer. Insomma, il motto della premiata ditta Neil Hagerty & Jennifer Herrema vuol essere proprio: “It's only rock'n roll, but I like it!”. Dal 1974 al Duemila.

Sciolti nel 2001, i due si danno a svariate sigle soliste e progetti paralleli di discutibile rilevanza. Nel 2015 Neil Hagerty e Jennifer Herrema si riuniscono per un paio di concerti, a Los Angeles e New York. Il risultato, Platinum Tips + Ice Cream (2017) contiene però solo le prove generali dei due show, con brani presi a casaccio dagli album storici e persino due prove del loro primigenio dadaismo tratte da Royal Trux e Twin Infinitives, "Esso Dame" e "Ice Cream", spogliate di qualsiasi genio. La pessima qualità sonora completa il disastro.

Recupera invece credibilità il successivo White Stuff, che rappresenta il ritorno ufficiale sulle scene (in senso discografico) dopo lo scioglimento. Accanto alla consolidata ricetta Stones oriented convivono variazioni sul tema che traggono spunto dall'attitudine hip hop anni novanta, in particolare su "Get Used To This" (grazie al featuring di Kool Keith) e "Sic Em Slow". Risultano efficaci la struttura irregolare della title track, "Year Of The Dog", "Suburban Junky Lady" e "Whooper", tutti episodi perfettamente coerenti alla storia della band e a al suo rock'n'roll iconico, in grado di tenere botta anche in un periodo musicalmente poco propizio per la musica basata sulle chitarre. Un comeback interessante, che resta viscerale confermando tutte le consuetudini del mondo truxiano.

Contributi di Paolo Ciro ("White Stuff")

Royal Trux

Discografia

Royal Trux (Drag City, 1988)

6,5

Twin Infinitives (Drag City, 1990)

7

Royal Trux (Drag City, 1992)

6,5

Cats & Dogs (Drag City, 1993)

Thank You (Virgin, 1995)

Sweet Sixteen (Hut, 1997)

Accelerator (Drag City, 1998)

Veterans of Disorder (Drag City, 1999)

6

Pound for Pound (Drag City, 2000)

6

Platinum Tips + Ice Cream (live, Drag City, 2017)

3

White Stuff(Fat Possum, 2019)

6,5

Pietra miliare
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