Come un’eterna araba fenice, i Led Zeppelin risorgono dalle loro ceneri. Al cinema, per di più. Perché, anche a distanza di 41 anni, The Song Remains The Same. E suona incendiaria oggi come allora. Anche letteralmente: l’ultima immagine del film-concerto, tornato nelle sale italiane in versione rimasterizzata per tre sole date (25, 26 e 27 marzo 2024), ritrae infatti un gong in fiamme dietro alla batteria di Bonzo, poco prima dei titoli di coda. Del resto, i concerti dei pionieri hard rock all’inizio del 1973 erano realmente incendiari. Una band in stato di grazia, capace di ipnotizzare e trascinare le masse. Quella al Madison Square Garden, narrata nel film, era la tappa finale del tour negli Stati Uniti che aveva toccato più di 30 città, battendo i record di affluenza di pubblico precedentemente detenuti dai Beatles. Tre concerti di seguito, tutti sold-out, il 27, 28 e 29 luglio 1973. Una tournée a supporto di “Houses Of The Holy”, quinto album in studio del Dirigibile, che si portava dietro una scia di entusiasmo e delirio senza freni: la data precedente, al Kezar Stadium di San Francisco, aveva attirato 50mila persone in una sarabanda di euforia e dissolutezza senza freni (incluso un tipo completamente nudo dipinto di verde, a parte la zona del pube, colorata di rosso).
A New York, però, Jimmy Page e compagni volevano fare la storia, persino del cinema, fissando su pellicola le loro epiche performance sul palco, dove portavano brani leggendari come "Rock And Roll", "Black Dog", "Stairway To Heaven", "Heartbraker", "Whole Lotta Love" e molti altri, che rivivono in questo rockumentary del 1976 dal doppio regista. Già, perché il buon Joe Massot, il giovane filmaker scelto inizialmente per le riprese da Peter Grant, storico manager del gruppo, non riuscì a soddisfare Page e compagni. “Aveva un po’ trascurato di riprendere i concerti, Non c’erano sequenze di ‘Whole Lotta Love’, erano tutti troppo strafatti”, racconterà Grant. Così, diverse canzoni vennero riprodotte ex novo in playback negli Shepperton Studios del Surrey per il nuovo regista Peter Clifton, ricostruendo il palco del Madison Square Garden. Ma i pasticci di Massot non finirono qui: il regista, che aveva già filmato la band in concerto al Festival di Bath del 1970, aveva calcolato male la quantità di pellicola necessaria a riprendere gli show. Così i Led Zeppelin si ritrovarono nelle mani una mole di materiale insufficiente per confezionare il film. Da qui la decisione di inserire alcune scene extra di vita privata e stravaganze varie dei membri della band. E la leggenda vuole che i nastri dovettero essere recuperati direttamente dalla casa di Massot, che li aveva nascosti. Così la macchina da presa del regista fu portata via come garanzia (!). La scelta del doppio regista sortirà anche problemi al limite del comico: il bassista John Paul Jones, che aveva nel frattempo rasato a zero i capelli, sarà costretto a indossare una parrucca in grado di replicare il taglio che aveva durante il primo live, mentre in alcune sequenze John Bonham apparirà più grasso di almeno una decina di chili, visti i due anni trascorsi.
Ma non sono certo le uniche eccentricità di un film che trasuda tutto lo spirito più ingenuo e pionieristico del decennio Settanta. Incluse proprio le famigerate scene extra: sequenze video che ripercorrono le “allucinazioni private” e le suggestioni esoteriche dei membri della band. A partire dalla surreale sequenza con Robert Plant al castello di Raglan, in Galles, nei panni di un cavaliere in sella a un cavallo bianco, armato di spadone e lanciato al galoppo per salvare una damigella in pericolo. Per non parlare delle scene in cui John Paul Jones legge le favole ai figli o si trasforma in cavaliere nero dentro un cimitero avvolto dalla nebbia o in cui “Bonzo” gioca a fare il gangster, guida veloci “hot rod” e moto oppure Jimmy Page cerca l’eremita raffigurato sulla copertina di “IV”.
Non mancano altri momenti curiosi, come lo sfogo del manager contro un impresario locale sul tema del merchandising non autorizzato o la scena nel garage del Madison Square Garden, quando la band lascia l’impianto, che verrà ricostruita in un episodio della serie-tv “Vinyl”.
Al di là degli aspetti più naif, tuttavia, il film mostra tutta la potenza di una macchina rock perfetta quali erano i Led Zeppelin nell’anno magico 1973. Esibizioni magnetiche, elettrizzanti, pirotecniche (in tutti i sensi). Con una sezione ritmica implacabile (John Paul Jones al basso e John Bonham alla batteria), la chitarra epica – sì, anche quella con doppio manico – di sua maestà Jimmy Page a macinare riff su riff e il canto infervorato e angelico di un Robert Plant incontenibile sul palco, camicia aperta e jeans a zampa di elefante, nei panni del frontman rock da antologia. Uno show tiratissimo fin dalle note dell’intro “Rock’n’Roll” e della title track “The Song Remains The Same” e che lascia senza fiato, tra strepitosi corpo a corpo voce-chitarra (“The Ocean”), esecuzioni ipnotiche (folgorante nella sua potenza immaginifica la sempiterna “Stairway To Heaven”, con Page alla Gibson a doppio manico, ma anche una "No Quarter" dominata dalle tastiere di un ispiratissimo Jones), attimi di intensità palpitante (una quantomai straziante “Since I've Been Loving You”), saggi di potenza pura (l’assolo di batteria mirabolante di Bonham in “Moby Dick”) e momenti di devastante epos rock, come quando su “Dazed And Confused” l’archetto del violino va in pezzi mentre Page duetta con Plant e il suo lamento primordiale. Fino a quando giunge poi “Whole Lotta Love” a chiudere la liturgia, in una versione ancor più dura e nevrastenica che manda in delirio il Madison Square Garden, con tanto di fuoco e fiamme finali.
Potenza, magia e follia, insomma, gli ingredienti-cardine di un intero decennio, di cui trapelano anche le tracce di eccessi qui solo immaginati: chissà cosa poteva accadere in quel boeing 720 (ribattezzato “The Starship”), l’aereo privato della band, dotato di bar e camere da letto, che la leggenda vuole anche ben fornito di coca e altri accessori. “Quel tour fu una cosa veramente assurda - ha raccontato il cantautore Roy Harper, che apriva quei concerti americani degli Zeppelin - A volte nel backstage succedevano cose alquanto inadeguate, una roba davvero micidiale”. E micidiale resta, anche dopo più di quarant’anni, la potenza di fuoco di “The Song Remains The Same”, la cui colonna sonora è stata supervisionata personalmente dai membri della band.
Da vedere anche al cinema, da ascoltare sempre.
Titolo originale: The Song Remains the Same
Regia: Peter Clifton e Joe Massot
Distribuzione: Nexo Digital
Durata: 138′
Origine: Usa, 1976