I China Crisis sono i protagonisti della nuova puntata di Rock in Onda, il programma condotto da Claudio Fabretti tutti i mercoledì dalle 12 alle 14 sulle web-frequenze di Radio Città Aperta (www.radiocittaperta.it).
Dal peculiare synth-pop degli esordi al magico sodalizio con Walter Becker degli Steely Dan per il miliare "Flaunt The Imperfection" e ai lavori preziosi ma incompresi della maturità, fino al ritorno a sorpresa nel 2015: la parabola di uno dei gruppi più raffinati e creativi del pop britannico attraverso 22 brani.
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China Crisis
Della straripante ondata post-punk che ha occupato in pianta stabile le classifiche anglo-americane nella prima metà degli anni 80, i China Crisis sono fra coloro che hanno raccolto meno di quanto avrebbero potuto. Non erano così synth-pop da poter salpare inosservati con la ciurma del movimento new romantic, non erano abbastanza impegnati politicamente da poter sfruttare l'onda lunga generata dal soul bianco degli Scritti Politti; d'altro canto, erano troppo pop per fare breccia nei cuori adombrati dei new waver, troppo intimisti e, lo vedremo specie nella seconda parte della loro storia artistica, troppo americani per conquistare del tutto gli amanti britannici dell'easy listening. "It's time we should talk about it", cantava un flebile Eddie Lundon in "Wishful Thinking", e allora noi ne abbiamo raccolto l'invito raccontandone la storia. Quella di un pio desiderio, divenuto solo in parte realtà. Ai China Crisis non è bastato nemmeno aver influenzato intere legioni di band indie-pop del nuovo millennio, devote al loro verbo aggraziato e intimista. Forse era il loro destino, quello di restare uno dei "best kept secret" degli scintillanti 80’s. Perché la loro è una musica per anime delicate che rifuggono la banalità, l'espressione di una raffinata malinconia che porta dentro di sé il sorriso, l'insperato raggio di sole di un tiepido autunno.
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