Era il 30 marzo 2015, il giorno in cui la celebre etichetta indipendente Trovarobato pubblicava “Die”, il secondo album del progetto di Jacopo Incani, Iosonouncane. Erano passati ben cinque anni da “La macarena su Roma” (2010), Lp per vari versi profetico, per il suo modo tutto personale di interpretare in modo ironico e tragico allo stesso tempo la realtà della nuova generazione di italiani schiacciati da lavori precari, facili prede dei demagoghi di turno, facili a scagliarsi sempre contro gli anelli più deboli della società. Secondo Incani, la marcia su Roma del nuovo millennio non sarebbe stata realizzata da lugubri picchiatori vestiti di nero, ma da masse danzanti e sorridenti di uomini e donne allevati dalle tv private, imbevuti di slogan pubblicitari e tormentoni estivi, imboniti da urlatori televisivi e giornali di gossip. Si potrebbe dire, ormai è storia.
Fin da subito Incani aveva segnato una diversità assoluta con la scena indie italiana a cui a volte è stato ingiustamente accostato, ma lo aveva fatto conservando un certo legame col mondo cantautorale, in particolare con Lucio Battisti. Nel 2015 “Die" manteneva ancora saldo un legame cantautoriale (“Stormi”), ma allo stesso tempo intraprendeva nuovi percorsi. Un brano come “Tanca” - alle orecchie di molti - suonava come qualcosa di diverso, come il potenziale germoglio di qualcosa di nuovo. Dalle stratificazioni di synth alla produzione maniacale, ad alcuni sembrò l'inizio, in potenza, di una scena lontana dalle consuetudini italiane. Gli anni seguenti hanno dato probabilmente ragione a chi nel 2015 ebbe questa intuizione.
Il 2021 è l’anno di “Ira”, album che abbandona ogni altra esperienza precedente di Incani, tranne proprio quella di “Tanca” di cui è un figlio diretto. Proprio da questo brano prende il nome la Tanca Records, l'etichetta dell'artista sardo che cerca di dare spazio a giovani musicisti in possesso di una visione artistica comune con l’autore di ”Ira”. Pubblicano con Tanca prima Vieri Cervelli Montel con “I” (2022) e più recentemente Daniela Pes con “Spira”.
Purtroppo l’inguaribile esterofilia della maggioranza della critica musicale italiana sembra incapace di vedere punti di convergenza tra questi album e quindi non lascia intravedere la nascita di una nuova scena che sia esclusivamente italiana. L’abitudine di pensare agli italiani solo come emuli inferiori della musica internazionale è troppo forte per poter essere superata con facilità. Colpisce molto, in questo senso, la recensione di Blow Up (certamente la migliore rivista cartacea oggi disponibile) in cui si cerca di slegare del tutto Daniela Pes da Incani e dalla sua svolta di “Tanca” per cercare di avvicinarla invece a musiciste eccellenti come Anna Von Hausswolff o Chelsea Wolfe ma con le quali ha ben poco a che fare.
Per cercare di confermare la tesi che una scena italiana sia già nata e che la critica non se ne sia accorta, ecco un rapido excursus di quattro brani che possono rappresentare le basi per una sua fruttuosa crescita.
Iosonouncane - “Tanca” (da “Die”, 2015)
Il brano della svolta di Incani, potremmo dire il primo brano di “Ira”, sei anni prima di “Ira”. "Tanca" ribalta radicalmente la prospettiva di "La macarena su Roma", cercando di interpretare la realtà non dalla donna italiana sdraiata al sole, ma dall'immigrato che giunge esausto sulla spiaggia. Già la cover è esplicativa. Una spiaggia dorata e un cielo azzurro; sullo sfondo in lontananza forse una donna sdraiata. In alto, però, incombe la scritta Die (morte), a creare una forte ambiguità tra immagine e testo. I testi sono interpretabili come la visione di immigrato che giunge, ormai prossimo alla morte ("falce viene, si trascina nel sale") in una spiaggia affollata di famiglie in vacanza, sperando di salvarsi, ma troverà solo nuovi tipi di sofferenza ("fame ha trovato fame").
I ritmi ossessivi e l'elettronica stratificata segnano un passo avanti enorme rispetto a “La macarena su Roma”. Dai testi enigmatici alla meticolosità maniacale della produzione, “Tanca” reinterpreta la musica elettronica mantenendo un certo legame con la musica tradizionale sarda e offrendo la prospettiva di una nuova strada per la musica italiana. Da questo punto di vista, “Tanca” è - sino a questo momento - il brano più politico di Incani, molto più potente del già politico “La macarena su Roma”, in quanto è un manifesto che lancia una sfida a una nuova, futura generazione di musicisti.
Iosonouncane - “Hajar” (da “Ira”, 2021)
Passano ben sei anni e il testimone di “Tanca” non sembra essere stato colto da nessuno, tanto che è proprio Incani a proseguire sulla sua stessa strada. E’ la volta di “Ira”, uno degli album più discussi degli ultimi anni, capace di portare alle estreme conseguenze le intuizioni di “Tanca”, recidendo nettamente ogni legame con le residue tracce della tradizione del cantautorato italiano presenti in “Die”. Un disco che segna non più una differenza, ma un vero e proprio abisso con la musica italiana contemporanea. "Ira" si pone come totale alterità al mondo presente, per quanto riguarda la durata, la struttura, l'idea di abbattere ogni frontiera linguistica nell’epoca del bombardamento unilaterale di migliaia di parole insignificanti (tv, social). In un mondo dove tutto è opinione e dove la verità è sepolta da un pezzo, Incani rinuncia a far parte di questo coro, per indicare una nuova strada che, se venisse percorsa, potrebbe gettare i semi per una nuova stagione musicale. Difficile scegliere un brano piuttosto che un altro, ma in termini di potenza, il muro sonoro di “Hajar” è probabilmente quello che segue con più coerenza il percorso intrapreso nel 2015.
Vieri Cervelli Montel - “Maestrale” (da “I”, 2022)
Il musicista fiorentino Vieri Cervelli Montel, classe 1995, studia musica jazz alla Siena Jazz University ed esordisce nel 2021 con una promettente versione stratificata e destrutturata di “Almeno tu nell'universo” di Mia Martini, che prende a piene mani dall'estetica di Incani. Nel 2022 pubblica “I”, suo debutto su Lp e primo album della neonata etichetta Tanca. Vieri Cervelli Montel è un cantautore anomalo, capace di complesse opere di destrutturazione in cui emergono costantemente melodie che potrebbero definirsi cantautorali. La canzone italiana, il cantautorato "impegnato" e la musica elettronica genericamente intesa, ma certamente meno convenzionale, convivono in un altrove non semplice da etichettare. “I” (primo) è un tipo concept psicoanalitico, figlio di una profonda autoanalisi nata da traumi pregressi (in questo caso, la morte prematura del padre). Se tutto l’album, coniugando elettronica e cantautorato intimista, può ritenersi prosecutore della spinta creativa della Tanca Records, il brano più debitore di Incani è senz’altro "Maestrale": due minuti furiosi che rimandano ai momenti più potenti di “Ira”. Prima una canto sospeso nel nulla, poi fiati totalmente free e infine i synth a esplodere fragorosamente prima che il concept segua il suo percorso claustrofobico fatto di case vuote, stanze chiuse, scale escheriane che non sembrano portare a nulla se non a un continuo ritorno nel medesimo punto.
Daniela Pes - “Carme” (da “Spira”, 2023)
Sorpresa assoluta di questo 2023, l’esordio della musicista sarda Daniela Pes è un piccolo miracolo della discografia italiana. Decisamente vicino a “Ira”, “Spira” fa intuire come una nuova scena sia davvero nata. Dall’utilizzo di una lingua immaginaria (così come accaduto in “Ira”) ai synth solenni ed evocativi, la musica di Daniela Pes dona alle intuizioni di Incani nuovi colori e sensazioni, con soluzioni non convenzionali, in cui momenti etnici si confondono con synth e sonorità elettroniche: il legame con la musica internazionale è minimo, a conferma della provenienza prettamente italiana dell'opera. Il brano più rappresentativo potrebbe essere “Carme”, che parte con quattro note ripetute, un canto straziante che conduce - dopo il terzo minuto - a una magnifica apoteosi di synth e voce dalla potenza evocativa davvero impressionante. Se l'esterofilia non ci rendesse ciechi, forse da qui si potrebbe comprendere come qualcosa di esclusivamente italiano stia effettivamente nascendo.