Bel Canto

Bel Canto

Dream-pop dei ghiacci

Mescolano la fredda elettronica scandinava con suggestioni esotiche e ritmi trascinanti. E a dare magia alla loro musica e' anche la voce sopraffina di Anneli Marian Drecker. Storia e segreti dei Bel Canto, la band norvegese che ha coniato un nuovo linguaggio universale

di Claudio Fabretti

Tromsø, Norvegia, e' una cittadina del Circolo polare artico con non piu' di 50.000 abitanti. E' qui che sono nati i Bel Canto di Anneli Marian Drecker (voce, tastiere e piano), Nils Johansen (sintetizzatori, basso e chitarra acustica) e del polistrumentista Geir Jenssen. Una band che si situa in bilico tra il folk metafisico dei Popol Vuh e il dream-pop dei Cocteau Twins. Ma il loro originale "synth-folk", che combina elettronica, vocalizzi trasognati e tastiere esotiche, si e' rivelato una formula inedita, capace di trasportare suggestioni etniche in partiture sintetiche. Con una voce, quella della "sirena" Anneli Drecker, tra le piu' sofisticate ed emozionanti degli ultimi anni. "Da piccola non sapevo cantare affatto - ricorda - poi, tra i 12 e i 15 anni, ebbi quel tipico cambiamento di voce degli adolescenti e iniziai a cantare in un coro e a prendere lezioni di canto. Mi sforzavo di imparare in tutti modi. E' stato quando ho cominciato a scoprire le vocalist del jazz che ho capito che non c'era bisogno di usare la mia voce come una tromba, ma che si poteva cantare in modo diverso. Solo ascoltando tanta musica sono riuscita a trovare la mia espressione".

La nascita dei Bel Canto è frutto di un "furto". "Rubammo Anneli a un'altra band e la costringemmo a suonare con noi - racconta Nils Johansen -. Poi firmammo un contratto con l'etichetta belga Crammed e tutto avvenne in modo molto rapido".
Il disco d'esordio, White Out Conditions (1987) è la sintesi perfetta del loro vasto repertorio. Si parte da due filastrocche elettroniche alla Brian Eno (i singoli "Blank sheets" e "Dreaming girl"), si prosegue sulle note ammalianti di "Baltic ice-breaker" e dell'aulica title track (in bilico tra Enya e gighe celtiche), per approdare a una sorta di techno araba nell'incalzante progressione di "Agassiz" e a una sorta di new age nello strumentale "Kloeberdanz". Con "Upland" il disco vira verso un'elettronica suggestiva stile primi Pink Floyd per terminare con una coda classicheggiante e trascendente."Tentiamo di esprimere l'ispirazione che ci viene dalla nostra terra, la Norvegia - spiega Johansen -. Usiamo l'immaginazione che è tipica di questa regione, del circolo polare artico. Trovare melodie e' sempre un gioco, una sfida. Ma ci sforziamo anche di andare oltre le nostre esperienze per cercare qualcosa di sempre nuovo. E' un tentativo di mettere ordine nel caos della natura, di catturare melodie che sono nell'aria. Ci comportiamo come esploratori, più che come musicisti".

E cosi' nasce anche il successivo Birds Of Passage (1989), registrato con una formazione di nove elementi che comprende violoncello, violino, tromba e corno. E' ancora un'altra prova di poliedricita' della band, capace di spaziare dalla ballata gotica di "Suffering" alla filastrocca della title-track, dalla world-music di "Glassmaker" al madrigale da camera di "Oystger". Non mancano anche omaggi alla ballata medievale stile Dead Can Dance ("Time without end") e al melodramma alla Kate Bush ("Shoulder to the wheel"). E la grande vocalist inglese si rivela anche uno dei modelli del canto di Anneli Drecker, sempre cristallino ed elegante. Poco dopo, il tastierista Geir Jenssen lascia il gruppo per dedicarsi ai suoi numerosi progetti, tra cui soprattutto i Biosphere. I Bel Canto, invece, proseguono con "Shimmering warm and bright", virando verso un suono piu' acustico.

Ma è soprattutto con il successivo Magic Box (1996) che la band norvegese si consacra come una delle realta' piu' interessanti dell'elettronica atmosferica di fine secolo. Rispetto ai precedenti, il disco spinge sul ritmo, che diventa quasi frenetico, riecheggiando le prodezze techno dell'altra scandinava Bjork. Ma e' soprattutto il contralto di Drecker, sempre piu' raffinato, a dare un'anima ai brani. L'ouverture sulle note di un carillon della title track introduce nell'universo magico della band. Il suono si fa via via sempre piu' contaminato e trascinante. Come nel blues esotico di "In Zenith", nel vorticoso ethno-funk di "Freelunch in the jungle", nella danza caraibica di "Didn't you know it", nella ballata "noir" alla Nick Cave di "Bombay" con sprazzi di fanfare indiane, nei gorgheggi struggenti di "Paradise", nella litania multietnica di "Kiss of spring", che mescola ritmi africani, psichedelia e suggestioni mediterranee. E la voce di Anneli e' sempre piu' stupefacente: "Mi chiamano usignolo - racconta -. E in effetti sono proprio cosi': canto tutto il giorno, cammino cinguettando, specie quando bevo. Ma non ho mai voluto cantare solo perche' ho una voce gradevole. Il mio obiettivo e' abbattere le frontiere". Parola di Anneli la vichinga: "Vedo il mondo come un'entita' senza confini, ma non c'e' niente di programmato, e' qualcosa che nasce dall'inconscio. Siamo discendenti dei vichinghi e fa parte della nostra indole esplorare il mondo come hanno fatto loro. L'unica differenza e' che noi viaggiamo con l'anima e la mente, usando l'immaginazione come una mappa, attraverso i suoni e la tecnologia".

Tra le note dei Bel Canto, infatti, si fondono idealmente i ghiacci del Circolo polare artico e le foreste lussureggianti d'India, le paludi equatoriali e i deserti arabi, le steppe siberiane e la savana africana. E' una musica "pan-etnica" dal respiro universale. "Ethnic folk pop", la chiama Anneli. "Musica artica", la definisce Nils Johansen. Una musica che si propaga nel mondo, insomma, senza rinunciare alle sue radici artiche. "Le nostre radici sono in Norvegia - spiega Anneli -. E' un paese con poca gente e grandi spazi: aria fresca, montagne e acque limpide. E' una terra molto spettrale, con gli alberi che proiettano ombre confuse. Ci sono le luci del Nord e il sole a mezzanotte. E tutto questo lo puoi trovare anche vivendo in una grande citta' come Oslo". Ma le ingiustizie dell'industria discografica hanno impedito ai Bel Canto di sfondare davvero fuori dalla Scandinavia. "Ci dispiace essere considerati l'ennesima band norvegese che non va oltre i suoi confini, perche' sono certa che non sia cosi' - sostiene la cantante -. Una volta, a Parigi, mentre cercavo alla lettera B un disco di David Bowie, mi sono imbattuta in un nostro album. E sono rimasta incredula: "Possibile che siano davvero quelli norvegesi?", mi sono chiesta.

Anneli Drecker scrive anche i testi, spaziando tra inglese, francese, spagnolo e tedesco. "I testi dipendono dal tipo di colorazione della musica - racconta -. Se i colori sono caldi, ad esempio, i testi saranno luminosi, quasi trasparenti. Mi sforzo di trovare un dialogo tra l'atmosfera della musica e i testi: devono andare d'accordo, insomma. Ci sono cose che si possono esprimere meglio in un linguaggio piuttosto che in un altro. Ogni lingua ha una sua musicalita'. Canto in lingue diverse proprio per variare la personalita' dei brani".

Nel 1998, Rush prosegue su questa falsariga, senza tuttavia raggiungere i fasti del passato, così come Dorothy's Victory (2002), che indulge in rarefatte atmosfere lounge-ambient tanto accattivanti quanto, alla lunga, stucchevoli. 

Nel frattempo Anneli Drecker è diventata mamma e ha avuto l'onore di essere chiamata a partecipare a un disco-tributo al poeta francese Arthur Rimbaud, già "profeta" di Patti Smith. In quell'occasione la cantante norvegese ha cantato alcuni versi e ha composto le melodie. In collaborazione con un ospite molto particolare: l'attore francese Gerard Depardieu.
A suggello del suo percorso artistico individuale, è arrivato l'album Tundra (2000), forte dei due singoli "Woebegone" e "All I Know".

Bel Canto

Discografia

BEL CANTO
White-Out Conditions (Import 1987)

8

Birds Of Passage (Capitol 1989)

6,5

Shimmering, Warm And Bright (Chameleon 1992)
Magic Box (Atlantic 1996)

7,5

Rush (Emi 1998)

6

Dorothy's Victor (Emi 2002)

5

ANNELI M. DRECKER
Tundra (2000)
Pietra miliare
Consigliato da OR