Un altro esordio milanese degno di nota. Il capoluogo lombardo ci sta abituando a un livello egregio di nuove uscite discografiche. Il suo sottosuolo negli ultimi anni pullula di realtà che covano nelle cantine, negli spazi autogestiti, nei pochi locali realmente alternativi, nelle situazioni volutamente non allineate. Chi è cresciuto all'ombra del gigante Afterhours, succhiandone tutto il possibile, ora inizia a dire la propria, ispirandosi anche a band di culto più recenti (Ministri), o che stanno per esplodere definitivamente (Grenouille). A breve distanza dagli Albedo, oggi tocca a un'altra formazione meneghina che si sintonizza più o meno sulle medesime frequenze musicali.
Gli Eco98 sono Fabio Galvagno (voce e chitarre), Alessandro Denti (Chitarre e sinth), Marco Crippa (Basso) e Giuseppe Gagliardi (batteria), arrivano da Monza e presentano un energetico rock basato sulle chitarre, ma non privo di ben congegnate aperture melodiche. I testi parlano di disagio urbano, disincanto, smarrimento ("A volte non so / dove vado"), impossibilità di cambiare le cose, con Milano sempre al centro della grigia situazione ("mi vesto di nero per attirare il sole / mentre passeggio d'inverno per il mio strato urbano", così cantano in "Strato urbano"). Gli Eco98 propongono di fuggire dai ritmi attanaglianti della metropoli per "restare appesi a un grappolo di vita", opinione comune a tutti coloro che si sentono "più o meno milanesi". "Le cose non esistono / esiste solo ciò che rappresentano", così declamano nella bella title track, arricchita da una coda strumentale imperiosa. L'invito al "si salvi chi può", imposto come un vero e proprio imperativo, riassume perfettamente la poetica di Fabio Galvagno, autore di tutte le liriche, il quale ci tiene a esternare la sensazione di immobilismo che permea le nostre giornate ("Settimane, mesi anni / senza fare e disfare / solo fermo a pensare"), un immobilismo sovente vissuto come fosse una malattia terminale ("so che morirò / ma non so se guarirò / sono depresso").
15/04/2011