Lowline

Lowline

2011 (Townsend Records)
alt-pop

Le rovesciate di Wayne Rooney o le schitarrate di Noel Gallagher? E prima ancora, la spinta tattico-atletica del capitano Bryan Robson o il carisma sciamanico di Ian Curtis? E ancora... A Manchester si respira da sempre aria di rivincita, di rivalsa che spinge alla ricerca di una gloria imperitura per liberarsi dalle pastoie di una grigia esistenza industrial-proletaria. Due calci alla serranda del negozio sotto casa o un piccolo jack agganciato a qualche amplificatore a transistor, ché il Marshall costa troppo, non si negano a nessuno da quelle parti. Come una catena di montaggio sempre oliata, come una caccia al tesoro infinita, come un biglietto della lotteria sempre pronto a essere riscosso.

Stavolta tocca ai Lowline, domani chissà. E allora eccoli qui, in quattro, sbarbati ma già con la barba che sa di vissuto, forse per nascondere le guance rovinate dalle già insistenti carezze: "Single of the week" per iTunes Usa; "More Manchester greats" scrive Nme, "Another Manchester success story and their latest stars" replica il Sun, "The most exciting new band to have emerged from Manchester in recent times" si espone il Guardian, "Manchester's best kept secret" osa Nme, che ovviamente deve avere sempre l'ultima parola e battezzare in maniera definitiva i destini del giovane pop.
Giovane? La carta d'identità dei protagonisti non mente, ma non sempre il dato anagrafico fa rima con freschezza. Spiegamoci: di entusiasmo Robbie Rush e amici ne hanno, soprattutto nello spulciare in vecchie riviste e in vetuste ma gloriose botteghe dedite al vinile. Si accomodano, insomma, sul classico scranno del post-punk, oltre 30 anni dopo la sua ascesa, ne esplorano il lato romantico-epico, erigono il classico muro di chitarre che pare un'orchestra di fiati, provano a smuovere i ritmi senza mollare il metronomo.

Una produzione pulita (con il primo consigliere Owen Morris, sparring partner degli Oasis, fattosi saggiamente da parte poco prima dello start), ma anche evocativa fa così da cornice a un esistenzialismo post-adolescenziale, ingenuo ma urlato forte, con l'ugola del Rush che prova a fare il verso alla malinconia imbronciata di Ian McCulloch, come pure a situazioni canore più attente ai grandi spazi ("Outside" che sin dal titolo conferma entrambi i propositi).

Ne nascono composizioni vigorose, corali ma mai volgari, anche quando sembrano scritte per cercare l'appoggio caloroso di un pubblico per ora immaginario. Qualcosa allora suona per forza di cose prevedibile nella sua magniloquenza da feedback ("All Your Scars"), altri episodi appaiono più subdoli, intriganti, quasi insolenti, come "Here I Lie", che innesta la marcia dello shoegaze più ruvido.
Ma è forse nelle venature più rock'n'roll che la next big thing delle prime due settimane di settembre (o era agosto?) riesce a dare il meglio: "Lost Touch" e "Black Eye" sono due brani da Mercury Prize, incalzanti, insinuanti, perfetti per sudare e ritrovare la verve prima della temutissima interrogazione di matematica.
Chiudono nell'attesa i Lowline, "Wait For Them To Run": loro sono già pronti, belli carichi, serve una piccola spinta prima dell'arrivo della next big thing di dicembre che si vocifera sia una bomba epocale.

17/11/2011

Tracklist

  1. Disko Killers
  2. Monitors
  3. All Your Scars
  4. Here I Lie
  5. Blinded
  6. Outside
  7. Gun In My Side
  8. Lost Touch
  9. Army Of Youth
  10. Black Eye
  11. Sound Of Music
  12. Wait For Them To Run

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