Ehi, Peter, grazie per il tuo tempo. Allora, volevo iniziare dal tuo problema, il tinnitus che hai sviluppato da un orecchio. Ti sei ristabilito, ora? Come l'hai assorbito psicologicamente, all’inizio?
Il mio udito è tornato, e il tinnitus è diminuito a un livello accettabile. Rimango molto più sensibile ai suoni di quanto fossi prima dell’incidente, ma ho fatto una serie di modifiche al mio stile di vita per conviverci, e faccio quello che posso per non aggravarlo. Quando successe per la prima volta, ciò che provai fu un misto di confusione e paura. Imparai a tenere sotto controllo la paura praticando la meditazione. La confusione e il disorientamento erano estremi all’inizio: mi sentivo come se stessi vivendo in una realtà diversa dagli altri.
Dev’essere stata un'esperienza terrificante, e si può avvertire un senso di sollievo trapelare da “Impermanence”. La prima volta che l’ho ascoltato, ho pensato a un “fratello buono” di “Hospice”. È la guarigione il tema principale del disco?
Decisamente. La descrive come un processo continuo, invece che lineare come spesso si tende a credere. La natura della guarigione psicologica richiede tempo e ricorsione, incorporando un’attivita mentale sana per rompere processi dannosi. Il disco descrive questo tragitto, dalla sofferenza alla guarigione, e indietro alla sofferenza e ancora alla guarigione. Il dolore si attenua mano a mano che il sollievo prende piede. E ancora e ancora e ancora…
Una delle prime domande “collaterali” che viene in mente è: perché hai deciso di pubblicarlo come disco solista e non con la tua band?
È materiale più adatto all’esecuzione solista. La musica è piuttosto severamente minimalista, per di più un’interazione tra voce, chitarra e silenzio. Forse la scelta di pubblicarlo da solista è relativo anche a un cambiamento nella mia carriera, in cui produco e creo come individuo e non più come membro di un collettivo. Forse è uno spostamento verso un’autosufficienza più grande nella mia vita, e un bisogno di provare cose al di fuori della mia zona di comfort.
La religione e la filosofia orientali sono state sempre presenti nella tua musica, dall’inizio, ma sembrano essere più forti dentro “Impermanence”. Permeano tutta la cornice concettuale e ispirano direttamente almeno due canzoni. Puoi parlarci della tua relazione con il buddismo?
Il buddismo è stata una mitologia utile per me per capire meglio il mondo intorno e come viverci.
Un elemento forse importante nella creazione di “Impermanence” è la tua nuova residenza, ora nella zona meno abitata dello stato di New York, se non sbaglio. Pensi che questo luogo influenzerà le tue uscite future?
Decisamente. Sto per mettere su un nuovo spazio di lavoro qui, e penso che l’ambiente giocherà un ruolo importantissimo nel definire i progetti che svilupperò qui. C’è un’abbondanza di tranquillità qui, che amplifica le sottigliezze. La vicinanza alla natura mi aiuta a rischiarare la mente quando sono bloccato.
Nonostante il minimalismo, nel disco c’è una grande attenzione al suono. Come tu stesso hai detto, c’è tanta attenzione a ciò che viene suonato quanto a ciò che non lo è. Come si lavora effettivamente sul silenzio quando registri una canzone?
Lavorare col silenzio accade perché gli permetti di accadere. Per me, si tratta tutto di moderazione, di mettere in discussione l’impulso di riempire “l’aria morta”. È anche il risultato di velocità più basse, di aver rallentato il tempo o almeno di aver reso il tempo più malleabile per l’ascoltatore. Lo spazio emerge quando separi le cose: l’universo è in continua espansione.
Ho letto anche di come hai riorganizzato, spostandoti fuori città, la tua relazione coi social media e con internet in generale. È interessante perché uno potrebbe pensare che andare a vivere “fuori” significhi dire addio alla tecnologia, ma allo stesso tempo gli stessi sostenitori del mondo virtuale prendono la delocalizzazione e la decentralizzazione come effetti dei “poteri della rete”. Puoi vivere dovunque e godere degli stessi servizi e della stessa vita sociale. Come amministri questo aspetto? Naturalmente, “Impermanence” sembra toccare questo argomento, forse non così unilateralmente come uno potrebbe pensare.
Faccio uno sforzo per gestire la mia partecipazione ai social media. Non c’è bisogno di dire che ci sono tremendi benefici per l’umanità e per gli individui grazie alla diffusione delle informazioni. Ma essere connessi tutto il tempo è incredibilmente assuefacente, non solo perché forma delle abitudini, è assuefacente anche nel senso che si infiltra nella mente e detta il corso della tua vita. Faccio del mio meglio per essere cosciente dei miei input, mi tengo relativamente informato, ma mi disconnetto coscientemente, anche. Sto cercando di essere più presente nella mia realtà fisica, nelle mie immediate vicinanze.
In quale tipo di locale ti aspetti di suonare queste canzoni?
Trovo che i locali migliori per questi miei ultimi show sono piccoli, intimi e comodi. Meglio ancora se si può stare seduti, la gente tende a disorientarsi o ad addormentarsi.
Grazie per il tuo tempo. Possiamo sperare di vederti in Italia, quest’anno?
Ci spero davvero. Non ci sono mai stato e ho sempre voluto venire.
ANTLERS | ||
Uprooted(2006, self-released) | 7 | |
In The Attic Of The Universe(2007, Fall) | 6,5 | |
Hospice(2009, self-released/Frenchkiss) | 8 | |
Burst Apart(2011, Frenchkiss) | 6 | |
Undersea(2012, Anti) | 6,5 | |
Familiars(2014, Anti) | 8 | |
Green To Gold (2021, Autoprodotto) | 7,5 | |
PETER SILBERMAN | ||
Impermanence(2017, Transgressive) | 7,5 |
The Universe Is Going To Catch You | |
Two | |
Kettering | |
Bear | |
Sylvia | |
Putting The Dog To Sleep | |
Every Night My Teeth Are Falling Out | |
| Drift Dive |
| Palace (da Familiars, 2014) |
| Hotel (da Familiars, 2014) |
| New York (da Impermanence, 2017) |
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