Devastations - L'oscuro fascino australe

Tom Carlyon, chitarrista dei Devastations, è un tipo magro dall’incedere dinoccolato e veste una camicia freak aperta con petto in bella vista che lo rende ancora più svagato e naif. Ci avvicina flemmatico e sorridente durante sound-check che si tiene in vista del concerto milanese a supporto del nuovo (bel) disco del trio australiano, "Yes, U". Il fragore della batteria di sottofondo e le deboli vibrazioni di un eloquio tra il calmo e il timido non contribuiscono a creare quell’atmosfera che un soggetto così ben predisposto lascia intuire, e così la chiacchierata prende una piega assai più formale e asciutta rispetto alle intenzioni. Poco male, perché tra una rullata e l’altra riusciamo comunque a toglierci le nostre curiosità su uno dei progetti noir-rock più convincenti degli ultimi anni.

Tom, un fenomeno molto comune fra le band australiane è quello di lasciare la loro terra per andare negli States e in Europa. Penso ai Birthday Party, ai Go Betweens, ai Dirty Three. Come spieghi questo fenomeno?
Non sarei così sicuro che si tratti davvero di un "fenomeno", penso semplicemente che molta gente voglia provare ad andarsene dall’Australia per poi farvi ritorno. Per quanto mi riguarda credo sia normale che una band, di qualunque parte del mondo, si trovi a dover viaggiare molto e nei luoghi più disparati. Solo che l’Australia è un luogo di partenza singolare, diverso: sono tutti così affascinati da questo paese che l’allontanarsene finisce con l’apparire come un "fenomeno", mentre la cosa è diffusa ovunque.

Però ormai vivete fra Londra e Berlino, dove avete inciso il nuovo disco. Mi chiedevo i motivi per cui avete scelto Berlino, visto che sono lontani i tempi in cui questa città era musicalmente il cuore pulsante di un certo modo di fare rock. Mi riferisco ai tempi di David  Bowie, di Iggy Pop e anche di Nick Cave...
In realtà ci hanno mosso solo delle motivazioni d’ordine pratico. Vedi, i veri vantaggi di Berlino sono che è una città molto economica, che non si ha bisogno di troppi soldi per viverci, e che si trova facilmente qualcuno che parli inglese. Per questo la definirei una città per gente pigra ma ambiziosa, e ciò spiega anche perché attiri molti giovani e altrettanti musicisti. Personalmente preferisco altre città come, ad esempio, Los Angeles.

Ci sono delle cose che ti mancano di Melbourne? E’ così differente lo stile di vita da quello europeo?
Dell’Australia mi manca tantissimo mia figlia che ha solo un anno e mezzo. E poi sì, lo stile di vita è completamente diverso.

E quale dei due preferisci?
Tutto sommato direi proprio quello di Melbourne ma semplicemente perché sono cresciuto lì, tutti i miei amici sono laggiù, quando esco da casa conosco tutti quelli che incontro e per tanti altri motivi, le squadre di calcio e il resto. La vita d’ogni giorno è noiosa un po’ come ovunque, ma per una band è sicuramente meglio l’Europa.

Allora ti piace il calcio?
In realtà no, era solo un esempio.

Mi piacerebbe parlare con te dei gruppi australiani, non ho mai parlato di rock australiano con un australiano. Personalmente ne amo parecchi, dagli Icehouse ai Church dai Go Betweens ai Dirty Three... Credi che vi sia un’estetica particolare nel modo di rileggere il pop-rock, oppure ci sono sempre dei modelli di riferimento inglesi o americani con cui confrontarsi?
Forse è proprio così: può essere che le band australiane prendano il rock americano e inglese come naturale riferimento, ma nella stessa misura in cui la musica dance deve fare i conti con l'italo-disco: semplicemente perché è la più cool. Non c’è un vero motivo per cui questo accade, ma poiché parliamo la stessa lingua è facile riconoscersi in quei modelli consolidati. Quindi la mia risposta è sì, ma non chiedermi perché, visto che non ne ho idea.

Parliamo del vostro ultimo album. Rimangono le atmosfere intimiste, ma ci sono delle novità nei suoni, ad esempio nell’uso dell’elettronica. A cosa si devono queste scelte?
Quando abbiamo finito il nostro secondo album ci siamo ritrovati stanchi di arrangiare i pezzi sempre nella stessa maniera. Da questo punto di vista "Coal" è un disco molto omogeneo, ma alla lunga quell’atmosfera ci ha stufato, e così per il terzo lavoro abbiamo deciso di incorporare dei sintetizzatori, più elementi di elettronica. Devo dire che il risultato è stato interessante perché, vedi, in realtà non siamo quei grandi bevitori di vino rosso, con il cuore sempre spezzato che si crede! Ad ogni modo l’aspetto di base, cioè l’anima dei nostri pezzi, rimane praticamente la stessa, mentre sono gli arrangiamenti a mutare.

Un disco come "Coal" mi sembrava tutto sommato più accessibile di "Yes, U": qui i brani sono più oscuri e dilatati...
Può darsi, ma è buffo: molte persone parlando di "Yes, U" lo hanno definito più ampio e dilatato ma noi paradossalmente abbiamo usato meno strumentazione. A parte questo, personalmente lo preferisco di molto a "Coal" perché é assai più rappresentativo di quello che siamo. Più personale di quanto lo siano stati i primi due dischi, in cui probabilmente siamo apparsi per quello che non siamo…

Insomma, non vi piace proprio essere etichettati come balladeers
Non è che non ci piaccia di per sé, é che proprio non lo siamo. Io penso che "Yes, U" sia il nostro miglior lavoro. Qualcuno lo trova dark, ma è semplicemente ciò che siamo.

Però quando leggo di voi, vengono fatti degli accostamenti con nomi importanti in quell’ambito. Il primo e più scontato è Nick Cave, ma anche i Tindersticks, e persino Leonard Cohen. V’infastidiscono questi paragoni, oppure li ritenete lusinghieri?
Sarebbe buffo se c’irritassero, visti i nomi tirati in ballo. Però io direi nomi molto diversi, i Roxy Music ad esempio, e non questa musica per gente che rimane rinchiusa sempre in casa…

Ma secondo te perché vengono fatti proprio questi accostamenti? Forse perché siete australiani?
Ah, niente di più probabile! Comunque questi sono e dobbiamo tenerceli…

Ascolti parecchia musica? Quali sono i musicisti che ti piacciono di più, vorrei sentire dei nomi che uno non penserebbe mai di associare al vostro sound...
Essendo musicisti ascoltiamo tantissima musica ogni giorno. Ora come ora, mi vengono in mente i Chromatics, i Glass Candy, e poi David Byrne e Sakamoto, hai presente? Per lo più si tratta di "random noise", e poi tendiamo ad ascoltare delle singole canzoni, perché questo consente di entrarvi meglio, di penetrarne il suono e la struttura.

Vorrei un tuo parere sui "new media". Ad esempio, ormai non esiste persona che non abbia una sua pagina su myspace (io ce l’ho, e anche voi ovviamente!). Mi sono sempre interrogato sulla reale utilità di questa vetrina. Lo reputi uno strumento utile, rivoluzionario, oppure semplicemente una sorta di collezione di figurine?
Prima dell’avvento di internet non ho mai conosciuto nessun musicista che avesse l’opportunità di essere in un simile rapporto con i fan e, in un certo senso, di poterli tenere sott’occhio e in qualche maniera…"organizzati". E’ un fenomeno che mi piace, è un mondo divertente: ci sono molte più persone in azione, più musica in circolazione…

A proposito di musica in circolazione, sul "peer to peer" invece che mi dici? Ho intervistato delle indie-band che sono persino contente che la gente scarichi gratis la loro musica, così almeno loro sono sicuri di avere sempre il pubblico per i concerti. Le major invece sono incazzate nere, e poi ci sono gruppi come i Radiohead che addirittura mettono in share il loro nuovo album facendo tremare le case discografiche. Qual è la posizione dei Devastations al riguardo?
Non è che abbiamo proprio una posizione al riguardo, di certo siamo ben lungi dal mettere deliberatamente i nostri dischi in rete gratis, o quasi. I Radiohead possono permettersi di fare una cosa del genere (tra l’altro non vedo l’ora di sentire il loro nuovo disco) perché qualunque cosa pubblichino possono metterla anche a trenta sterline, con la certezza di venderne comunque un mucchio di copie. Per quanto mi riguarda, sono solo lusingato se la gente è intenzionata a procurarsi in qualunque modo un nostro album e che questo poi piaccia. Se ciò la incentiva a venire ai nostri concerti, che ben venga!

Che programmi avete una volta  terminato il tour? Ho visto che l’ultima data la avrete a Melbourne a dicembre? Natale a casa e poi...?
E poi saremo ancora in tour in Australia a febbraio e a marzo…

Nessuna data americana?
Sì, a febbraio saremo anche negli Stati Uniti e poi stiamo discutendo per fare un altro giro per l’Europa la prossima estate, ma non so ancora niente di certo. Sai com’è, non siamo in grado di programmare oltre i sei mesi.

Discografia

The Devastations (Munster/Cargo Records, 2004)
Coal (Beggars Banquet, 2006)7,5
Yes, U (Beggars Banquet, 2007)7
Pietra miliare
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