Emotiva e riflessiva, piccola raccolta di canzoni rimasta lontana dai radar di critica e pubblico, “Documenta” di Fred Woods si è rivelata come una delle più interessanti pubblicazioni cantautorali di quest'annata, che pone lo spigliato autore canadese di diritto tra i migliori talenti emergenti del 2013. Lo raggiungiamo via mail, in una lunga intervista che ci consente di far luce sul passato, sul presente, e perché no, sul futuro di un musicista dalle belle speranze.
Cominciamo dall'inizio della tua avventura in musica. Quando ti sei reso conto che volevi diventare un musicista?
Credo di aver voluto da sempre essere un musicista... perlomeno, da quando ho memoria. La prima volta che mi sono ritrovato da solo con una chitarra è stato senz'altro un momento importantissimo nella mia vita. Per me, scrivere una canzone è una delle cose che mi soddisfa di più in assoluto, quindi perché non provare a renderlo un lavoro a tempo pieno?
In passato eri noto come il cantante di una band chiamata Château. Quali memorie serbi di quel periodo? Quell'esperienza ti ha aiutato in qualche modo nello sviluppare il tuo sound?
E' stato davvero un bel momento. Non avevamo particolari ambizioni, e alla fine suonavamo musica soltanto per divertimento nella cantina dei miei genitori. Fu anche la prima volta che inclusi parti vocali all'interno della mia musica. Ho infatti cominciato a cantare abbastanza tardi, attorno ai 18-19 anni, e da lì in poi mi sono sforzato di trovare la mia vera vocalità, il che è davvero difficile. Ho trascorso tantissime notti cantando e registrando in quella cantina. Ho scritto tante canzoni in quel periodo, e a dire il vero, due di esse sono finite anche nel mio disco.
Come mai un simile nome d'arte (il nome di battesimo del cantautore è Frédéric Boisclair, ndr)? A giudicare dal “cognome”, sembrerebbe ispirato alla vastità delle foreste canadesi.
Ahah, sarebbe stato bello, non è vero? In realtà la questione è molto più semplice. Entrambi i cognomi dei miei genitori contengono al loro interno la parola “bois”, che in francese significa “foresta”. Ero disperatamente alla ricerca di un nome, finché non ho pensato di prendere quel termine, tradurlo in inglese e aggiungerci una “s” in fondo, visto che sono in due.
Parliamo del tuo album. Include parecchie collaborazioni con altri musicisti, compresa un'intera sezione di ottoni. Potresti raccontarci del processo di registrazione e produzione di “Documenta”?
Beh, l'intero processo di registrazione e produzione è stato senz'altro un lavoro di gruppo. La mia band si compone di Francois Zaidan e Alexis AM, che sono due tra i miei migliori amici. Mi hanno aiutato moltissimo durante tutta la lavorazione del disco, specialmente con gli arrangiamenti. Inizialmente, la mia idea era quella di registrare tutto nel mio appartamento. Alla fine però, niente è andato come lo avevo previsto: il risultato era davvero pessimo. Così, alla fine ho deciso di chiamare Alexis, che era il batterista negli Château e che ha montato un intero studio all'interno del suo appartamento, chiedendogli se potevo registrare dei brani per 3-4 giorni. Quei 3-4 giorni sono diventati piano piano un anno intero! Mi sono reso conto che non sarei mai riuscito a realizzare un disco completamente da solo, probabilmente perché sono pigro ma anche perché voglio collaborare con musicisti molto più capaci di me. Quindi gran parte dell'album è stato registrato nello studio di Alexis, all'infuori di alcuni overdub che invece sono stati sovraincisi a casa mia.
Pur essendo perlopiù accompagnate dalla chitarra acustica, le tue canzoni possiedono un sound ben riconoscibile, dovuto all'utilizzo di tastiere e di una strumentazione molto ampia, come menzionato in precedenza. In un certo senso, sono accostabili alla corrente scena indie-folk statunitense. Ad ogni modo, ritieni di essere un musicista folk?
Non faccio troppo caso ad essere definito un musicista folk, indie-folk o qualcos'altro. Non credo sia comunque il mio compito, quello di etichettare me stesso. Mi piace scrivere canzoni con la chitarra tra le mie mani, e va bene così. Semplicemente amo l'aspetto fisico del suonare. Probabilmente mi stancherò di questo metodo ma per adesso questo è la maniera con cui opero. Ho deciso di inserire elementi elettronici nell'album perché parallelamente mi occupo anche di questo. Creo suoni, ed è una cosa che amo fare. È un'ottima distrazione, quando non sono nella vena giusta per scrivere canzoni. Aggiusto nel frattempo roba qua e là. Inoltre, ritengo che i synth e una chitarra acustica si sposino davvero bene.
Quali musicisti e band hanno influenzato te e la tua musica? Ci sono dei dischi che riterresti fondamentali per l'elaborazione del tuo sound?
Molti artisti mi hanno influenzato a più livelli: per fare un esempio, PJ Harvey. Amo i suoi ultimi due album, il loro sound. Sono così scarni e diretti, ed è lo stesso che ho tentato di effettuare con “Documenta”. Bonnie "Prince" Billy, Thom Yorke e Robert Wyatt sono i miei cantanti preferiti. Inoltre, ascolto un sacco di musica elettronica, principalmente techno. Un'altra mia fonte di ispirazione è il cinema: sono un grande fan delle pellicole del movimento Dogma 95. Hanno senz'altro ispirato l'atmosfera delle mie canzoni.
Si nasconde qualche particolare significato dietro al titolo “Documenta”?
Cercavo un modo per dire che si tratta di una raccolta di canzoni che appartengono a un preciso lasso di tempo. Sai, un modo per confidare: “Questo è quanto ho realizzato negli scorsi anni. Questo è 'Documenta'”.
Cosa ha ispirato i testi? Esiste un particolare concept che li lega?
La mia scrittura nasce come un flusso di coscienza. Riempio pagine e pagine, ma alla fine utilizzo probabilmente il 10% di quanto ho scritto. Sono particolarmente parsimonioso per quel che riguarda i miei testi: non credo sia necessario poi tanto per scrivere una canzone.
Non esiste un concept che unisce i brani, però un tema ricorrente che li attraversa è l'identità. Sai, trovare il proprio spazio nel mondo e cercare di capire chi si è realmente. Recitiamo un ruolo tutto il tempo? E se non è così, quand'è che siamo veramente noi stessi? Quindi, l'onestà, principalmente.
Quest'atmosfera molto malinconica, in minore, che permea il tuo disco è occasionale oppure è il tuo usuale approccio alla scrittura?
Credo questo dipenda semplicemente dal mio modo di cantare. Anche quando i testi sono più accoglienti e sollevati, il tutto finisce per sembrare decisamente malinconico e triste! Ho provato in passato a cimentarmi con pezzi più upbeat, ma erano davvero indecenti, ahah! Dovrò impegnarmi più duramente!
Hai deciso di pubblicare la tua musica completamente da solo, senza il supporto di un'etichetta. Credi che piattaforme quali Bandcamp e simili rappresenteranno il futuro della musica?
Beh, ho deciso di pubblicare il mio lavoro il più velocemente possibile perché ho ritenuto che questa fosse la cosa migliore da fare. Bandcamp è una piattaforma così valida, che alla fine non ho voluto aspettare che un'etichetta suonasse alla mia porta per scritturarmi e farmi licenziare il disco. Comunque sia, credo che ci sia ancora spazio per il supporto fisico. Non ho comunque agito in questo modo perché voglio essere indipendente a tutti i costi. Mi piacerebbe avere in futuro un team di persone che mi aiuti ma per adesso devo fare tutto da solo, il che non è certo un male.
Abiti a Montréal, che negli ultimi anni ha assistito a una notevole fioritura musicale e artistica. Qual è la tua opinione sull'attuale scena musicale della città?
Naturalmente, è un fatto più che positivo per la scena musicale di Montréal che riceva così ampie attenzioni. Viene prodotta tanta ottima musica, ma penso che questo avvenga più o meno in ogni altra grande città nel mondo. E per quel che riguarda la “scena”, sai, non è qualcosa di così tangibile, è tutto molto astratto. Quanto a me, Montréal onestamente è soltanto la città nella quale vivo, più che altro per ragioni pratiche. Non credo che “Documenta” sia stato influenzato particolarmente dall'ambiente della città.
Cosa stai ascoltando al momento? Un artista o una band che ti senti di consigliarci?
Attualmente sto ascoltando perlopiù musica elettronica. Roba come Terrence Dixon, Huerco S., Hieroglyphic Being, Actress è davvero entusiasmante. Anche il nuovo album di Nick Cave è davvero bello. Dovresti invece dare un ascolto ai miei amici di Montréal, i Technical Kidman. Sono una band davvero energica.
Ultima domanda. Quali sono i tuoi progetti futuri?
In questi mesi sarò in Europa per qualche data a Parigi e a Berlino. Scriverò altre canzoni, suonerò a quanti più concerti possibile, e infine registrerò il mio nuovo album.
Fred, grazie per l'intervista!
Grazie a te!
Schools (da "Documenta", 2013) |
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