Laura Marling

Un candido prodigio

intervista di Giuliano Delli Paoli

A ridosso dell’uscita del suo settimo album, la cantautrice inglese svela la genesi delle sue nuove canzoni e si racconta, tra ricordi materni, velati omaggi a Leonard Cohen e Paul McCartney, avide letture, uno studio di registrazione domestico, ricordi legati alla Royal Albert Hall di Londra e improvvisi tutorial sui social dedicati ai fan, nell’attesa di tempi migliori...

“Song For Our Daughter” è una canzone che parla dell'innocenza che svanisce prematuramente. E' tutta colpa di questa società sempre più veloce, dinamica e “disumana”?
Bene, se c'è qualcosa di positivo da trarre da ciò che il mondo sta purtroppo vivendo di recente, forse è proprio una ritrovata consapevolezza sul peso di questa società dal ritmo frenetico. Una consapevolezza che tutti abbiamo perso, ma che possiamo recuperare abbastanza “facilmente”, magari rallentando un po' i nostri ritmi. Le generazioni più giovani potrebbero essere meglio preparate a tutto questo, più di quanto lo siamo noi.

Cosa diresti a una giovane ragazza che avverte il bisogno di scrivere canzoni e di seguire un percorso musicale?
Direi che ognuno è unico e che bisogna fare tutto il possibile per aggrapparsi all’unicità, ma soprattutto di non sentirsi obbligati a fare come dicono gli altri. Ovviamente, entro limiti ragionevoli.

Chi è Alexandra, la donna protagonista dell'omonima canzone?
È una vaga risposta ad “Alexandra Leaving”, la bellissima canzone di Leonard Cohen, che ho scoperto di recente. E’ in realtà la sua risposta a una poesia. Quando l’ho scritta, stavo pensando all'aldilà di una donna sopravvissuta alle passioni di un grande uomo.

In “Fortune” canti “Money for running away”, così come di “cose non dette”. A chi sono rivolte queste parole?
La canzone parla di come le fortune cambiano il loro significato. L'idea che qualcuno erediti questo denaro, che una volta manteneva la promessa di libertà, ma che nelle mani di qualcun altro diventa un'eccessiva frivolezza. Mia madre ha conservato per anni una sorta di "fondo per la fuga", una collezione di monete in una pentola posta sopra la lavatrice. Lo ha fatto seguendo le orme di sua madre. Per fortuna nessuna delle due ne ha mai avuto bisogno. Ecco cosa intendo esattamente quando canto quelle parole.

So che hai uno studio nel seminterrato di casa, dove puoi trascorrere il tuo tempo godendoti “un sacco di sperimentazione sonora”...
Ho registrato alcune canzoni in uno studio "adeguato" in Galles, ma la maggior parte degli arrangiamenti è stata fatta a casa, con overdub di chitarra e voce. Mi ci è voluto molto per avere una stanza tutta mia. È stato un grande lusso sperimentare da sola.

In “Semper Femina”, ti sei concentrata sull’universo femminile. Quanto sei cambiata come donna rispetto a tre anni fa? C’è stata qualche esperienza che ti ha arricchito?
Credo che “Semper Femina” mi abbia aiutato ad ancorarmi alla femminilità. Sento che è una fonte di grande forza ora, mentre prima non ero sicura di cosa significasse, soprattutto in relazione alla creatività. Oggi vedo che c'è qualcosa di unico nella prospettiva femminile, e forse tutto questo in passato è stato solo sottovalutato.

Hai definito “Blow By Blow” come il tuo "piccolo omaggio a Paul McCartney”. Canti: “Sometimes the hardest thing to learn is what you get from what you loose”. Qual è "la cosa" che hai perso e dalla quale hai imparato di più?
Questa canzone, insieme ad altre di “Song For Our Daughter”, parla dell'esperienza di essere costretti ad assumersi la responsabilità della propria vita, che è al contempo liberatrice e scomoda. Soprattutto nel porre fine a qualsiasi tipo di relazione.

Chi sono stati i tuoi fari musicali? Ultimamente, invece, cosa ascolti maggiormente?
Sono cresciuta con Joni Mitchell, Bob Dylan, Stevie Wonder e Neil Young. E rimangono molto importanti per me, ovviamente. Negli ultimi anni, si sono aggiunti anche Paul McCartney, Paul Simon e Tom Waits. E in questo momento ascolto il più delle volte i Big Thief.

Hai suonato con tantissimi musicisti, anche con la celebre Bbc Scottish Symphony Orchestra. Qual è stato il concerto che hai tenuto in cui ti sei emozionata di più? E quello a cui hai assistito che più ti ha colpito?
Ho suonato alla Royal Albert Hall di Londra, qualche anno fa, ed è stata un'occasione unica per me. Temo di non essere stata a molti concerti di recente. Ho visto i Big Thief quando erano in città l'anno scorso. Uno show sorprendentemente fantastico.

In “For You” canti: “Now that I have you I will not forget/ What a miracle you are/No childish expectation/ Love in not the answer/ But the line that marks the start”. Da dove nascono queste parole?
Onestamente, non saprei dirti. Questa canzone era composta in origine da una serie di demo lasciati sul davanzale, ricomposti dopo aver registrato tutto con il mio partner alla chitarra, e canticchiandoci sopra. Non ho pensato molto alle parole, il che ha finito per renderla un po' "inconsapevole". E', in fondo, il mio vero omaggio a McCartney.

Prima dell'uscita dell'album, hai precisato: "Alla luce del cambiamento in tutte le nostre circostanze, non ho visto alcun motivo per trattenere qualcosa che, perlomeno, potrebbe intrattenere e, nella migliore delle ipotesi, fornire un senso di unione". Come stai vivendo questo momento storico così difficile per l'umanità? So che sui social media le tue lezioni di chitarra continuano alla grande...
I tutorial di chitarra sono stati un “felice incidente”. Mi aiutano a esercitarmi allo strumento e allo stesso tempo rendono possibile un po' di comunione con un pubblico. Ero terribilmente triste di non andare in tour, visto che adoro partire in tournée, e sebbene nulla possa replicare quell'esperienza, volevo offrire qualcosa alle persone che avrebbero potuto partecipare ai miei concerti.

"La mia scrittura, come sempre, era mesi, anni, di fronte alla mia mente cosciente. Era lì da sempre, guidandomi delicatamente attraverso il caos della vita". Queste tue parole dicono molto sulla tua nota passione per la letteratura. Chi sono i tuoi scrittori preferiti?
Al momento: Robertson Davies, Ottessa Moshfegh e Alison Bechdel.

Quando finirà questo momento difficile, tornerai anche in Italia?
Non mi piacerebbe altro che suonare in Italia. Non lo faccio da anni ed è di gran lunga il paese più bello in cui sia mai stata. L'autunno scorso ho trascorso alcuni mesi in giro per l'Italia con il mio fottuto furgoncino, dormendo nei vigneti. Che paese. Mi dispiace molto per il periodo orribile che sta vivendo.