Stan Ridgway

Canzoni dal Grande Caldo

intervista di Magda Di Genova

Stan Ridgway è un cinquantenne simpatico, gradevole e nonostante sia stravolto dal viaggio e dal jet-lag e un po' preoccupato perché l'Alitalia gli ha perso tutti i bagagli, attrezzatura compresa - durante le interviste gli daranno la bella notizia di aver ritrovato tutto - non trova nessuna scusa per non essere divertente e chiacchierone.
Purtroppo il tempo concesso per le interviste è pochissimo e le persone per incontrarlo troppe. Risultato: 10 minuti a testa.
E in qualche maniera a me va un po' meglio di altra gente: conosco da diversi anni l'intervistatore che mi precede e riesco a intrufolarmi nella chiacchierata - rovinando probabilmente la sua, dato stava registrando per un programma radiofonico - quando l'ex cantante dei Wall of Voodoo accenna a un argomento del quale tenevo particolarmente a parlare: la sua collaborazione con l'illustratore Mark Ryden per il progetto "Blood", un cd uscito nel 2004.
Mi avvicino con fare lascivo, mi accomodo beatamente sulla sedia tra il cantante e lo speaker e, con un sorriso angelico, ficco il mio fantastico registratorino che sta insieme grazie a cerotti e nastro adesivo tra la bocca del cantante e il microfono del mio amico facendo partire la mia intervista dalla fine.


… quindi era un po' come girare un film, prendevo i suoi quadri e … è difficile da spiegare, se l'avessi qui te lo mostrerei… semplicemente della musica che si accostava ai suoi disegni. Stava divorziando e in quel periodo gli sono venute tutte quelle miniature che ora troviamo in "Blood" e che trattano di "dolore" e "paura", quindi anche la musica è così. Non so esattamente cosa dire a proposito. Puoi dare un'occhiata al progetto su o www.stanridgway.com o (sorridendo) su www.markryden.com.
Mark ha curato tutta la confezione.
Se non sai chi sia Mark, ti sembra non significhi nulla, ma quando lo sai ti dici: "Wow, Mark ha fatto un disco con Stan, questo è bizzarro!". Ma se non sai chi sia è un po' come dire che ho fatto un disco con Bob il Lattaio.

Ma come è nata questa collaborazione e di cosa si trattava esattamente?
Di cosa si trattava?

Sì.
Guarda, è la stessa cosa che ho chiesto a Mark quando abbiamo finito il cd, perché Mark non me l'ha mai spiegato con esattezza, ma si tratta solo delle miniature che trattano i temi della paura e del dolore. Semplicemente questo.

E com'è nata questa collaborazione?
Siamo amici, è avvenuto tutto in maniera molto naturale. Un giorno gli ho detto che avremmo dovuto fare qualcosa insieme e lui mi ha risposto che sarebbe stato fantastico.

A questo punto il mio amico si alza lasciandomi sola con Ridgway che sembra essere piuttosto sorpreso di vederci dare il cambio tra baci e abbracci.

Sul tuo ultimo disco ("Snakebite: Blacktop Ballads and Fugitive Songs", 2004) sembra esserci una sorta di ripresa delle atmosfere che abbiamo trovato in "The Big Heat" …
Scusa un secondo (si gira verso l'addetta stampa della casa discografica) sì, grazie, una birra. Una media chiara. (Sul tavolo giace il bicchiere che una volta conteneva la sua vodka tonic) Dicevi?

… che ho trovato le stesse atmosfere di "The Big Heat", ma in una visione più adulta. Si tratta solo di un'impressione?
Be', una domanda del genere è un'ottima domanda, ma non so proprio come rispondere.
Sai è come guardare te (mi indica con entrambe le mani) quando avevi 10 anni e poi vederti ora e dire: "C'è molto di te ora che non è come quando eri bambina". Capisci quello che intendo? Credo sia piuttosto logico che si faccia del proprio meglio, ma non ascolto mai i miei vecchi dischi. Quando incido un nuovo disco, non penso a fare cose simili ai vecchi dischi, ogni volta penso di migliorare, di spingermi sempre più in là, di fare cose sempre molto diverse e ne sono sempre convinto fino a quando arriva qualcuno che mi dice: "Hey Stan, ecco che l'hai fatto di nuovo!".
Molte persone, molti artisti, hanno un solo suono ed è sempre quello, semplicemente trovano sempre un nuovo vestito da fargli indossare. Non c'è nulla di sbagliato in questo, è semplicemente così ed è quel che è. Loro semplicemente hanno quel punto di vista che li distingue, e quando il tuo punto di vista cambia, allora hai fatto qualcosa di nuovo, anche facendo sempre la stessa cosa.
Il mio musicista preferito è Miles Davis e Miles Davis sembrava essere sempre la solita roba per via della sua voce, ma quello che cambiava era lo stile della musica tutta attorno a lui. Eppure, qualsiasi cosa Miles facesse, era se stesso.

Credi, a questo punto allora, che il tuo modo di scrivere canzoni sia in qualche modo cambiato in tutti questi anni?
Quando ero con i Wall of Voodoo non credo di essere stato sempre cosciente di quello che scrivevo.

Ecco, i Wall of Voodoo sono stati veramente innovativi. E' stato qualcosa che avete ricercato o è stato un sound che è venuto da sé?
In effetti abbiamo fatto un sacco di cose insieme proprio come "gruppo". Per quel che mi riguarda ero l' "ingegnere del treno", mi occupavo dell' "architettura".
E' stata una mia idea mettere insieme e mescolare tutte quelle "influenze" così diverse.
Marc Moreland era principalmente un chitarrista in stile heavy metal ed era interessato a suonare cose che fossero diverse, non sapeva esattamente cosa fossero, ma aveva così tanto talento che gli ho detto: "Mark, dovresti ascoltare questo Marconi, lo adorerai!" (che stia parlando della PFM? Perdonatemi, al momento non ho pensato a chiederglielo!!) e quando gliel'ho fatto sentire ne è rimasto entusiasta.
La stessa cosa è successa con Joe (Nanni). Joe era un batterista jazz e gli ho fatto ascoltare Captain Beefheart.
La musica dei Wall of Voodoo è stata veramente unica in un momento nel quale stavamo cercando di sbarazzarci di tutti i cliché. Farlo era qualcosa di provocatorio. Era una sfida che richiedeva molto tempo. Non credo ci sia nulla di male ad "abbracciare" i cliché, però il risultato dev'essere sempre nuovo, ma in quel periodo della mia vita, con i Wall of Voodoo, avevo bisogno di fare qualcosa che non fosse mai stato sentito prima, o almeno provarci. Probabilmente lo rifarei.
A volte accordo la chitarra per una canzone e penso: "Ok, questa la faccio in questa maniera", ma non lo faccio in continuazione. A volte canto semplicemente una canzone country, ma "presentandola" in maniera differente. In questo nuovo disco c'è una canzone intitolata "My Rose Marie", il racconto di un soldato ed è fondamentalmente una canzone sulla guerra civile. E' molto semplice, ma molto diretta e "popolare". Ma senza queste "direttive", potresti immaginarti qualsiasi cosa.
…Spero di aver risposto alla tua domanda.

Sì e mi hai portato alla prossima domanda: sei sempre rimasto tra la canzone popolar-cantautorale americana e una sorta di new wave. Ti senti più a tuo agio se ti accostano a Cash, Dylan, Waits, o a Devo e Talking Heads?
(Riflette) … Non credo di poter essere accostato a nessuno di questi nomi. Guardo queste persone e vedo che siamo tutti allo stesso livello con l'eccezione degli artisti di un'altra generazione, sicuramente Johnny Cash mi ha influenzato da ragazzo, anche Tom Waits mi ha influenzato, ma in maniera differente perché ha solo otto anni in più di me. Mi piace tantissimo Tom Waits e mi ha influenzato molto. Mi piacciono anche Bob Dylan e Neil Young. Miles Davis è uno dei miei preferiti. Ma mi piacciono anche i Devo, pensa che Mark (Mark Mothersbaugh, cantante dei Devo) è un mio amico.
La musica si è sempre mescolata in me, è qualcosa di molto eclettico. Probabilmente ora avrei molto più successo se i miei gusti e le mie influenze non fossero state così eclettiche.
Mi piace molta musica diversa che non saprei nemmeno come descrivere.

E per quanto riguarda la scena musicale americana? La segui?
Un po'. L'ultima cosa che ho trovato veramente interessante è stata "The Handsome Family", li conosci?

Quelli di "Mmmm Bop"?
Noooo!!! Quelli sono i fratelli Hanson, sono i ragazzini!! No, no, questi sono i "The Handsome Family", li conosci?

Mai sentiti...
Allora ti aggiungo alcune canzoni degli Interpol.

L'addetta stampa della casa discografica mi fa capire che il tempo a mia disposizione è terminato. Le rispondo con un cenno e Stan se ne accorge: "Abbiamo già finito?"
(Un po' imbronciata) Eh sì. "Ooohh, ma avevi ancora tutte quelle domande da farmi (indicando il mio quaderno aperto sul tavolo)". Fosse per me sarei andata avanti, ma non si è potuto. Nonostante tutto mi sento soddisfatta...


(Milano, 17 gennaio 2005)

Discografia

WALL OF VOODOO
The Index Masters (Ep, 1979)
Dark Continent (A&M, 1981)
Call Of The West (IRS, 1982)
STAN RIDGWAY
The Big Heat (IRS, 1986)
Mosquitos (Geffen, 1989)
Partyball (Geffen, 1991)
Songs That Made This Country Great (1992)
Black Diamond (SIR, 1996)
Anatomy (New West, 1999)
Holiday in Dirt (2002)
Snakebite (Redfly, 2004)
Barbeque Babylon (Redfly, 2005)
Neon Mirage (A440, 2010)
Mr. Trouble (A440, 2012)
Pietra miliare
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