Non vado spesso a concerti di elettronica e derivati – a dire il vero ultimamente vado sempre meno a qualsiasi tipo di evento musicale – ma esistono sempre le eccezioni. Nel caso specifico le variabili sono due: le date organizzate da S/V/N e le date di The Field, che in questa circostanza si sono incontrate rendendo necessaria la mia presenza. Ritorno volentieri al Buka Club dopo la memorabile serata con Andy Stott, pronto ad ascoltare il mio terzo live set del signor Alex Willner: dalla prima volta all'Estragon di Bologna, quando si presentò con la band al gran completo, lo salvai immediatamente nella cartella degli imperdibili.
L'occasione è una preview dell'edizione 2013 del Club To Club torinese, la più ricca e importante rassegna di musica elettronica attualmente presente sul suolo nazionale. E anche stavolta ci aspetta un doppio concerto, dove ad aprire le danze troviamo il trio italiano One Circle, capitanato dal noto producer Lorenzo Senni: la loro miscela techno è assai diretta e ruota intorno a pattern sonori freddi, unitamente al rapido baluginare di flash bianchi tra le coltri di fumo sparate dalla postazione dj. Un rave distaccato, anaffettivo, che punta più al cervello che ai sentimenti: in particolare, nella sezione centrale del set il ritmo si fa più irregolare e imprevedibile, come nella dispersione atomica degli ultimi Autechre, rendendo assai meno disinvolte le movenze del pubblico.
Mentre ascolto questo trio e la sua proposta senza compromessi, mi rendo conto che essa non potrà che accentuare il contrasto con la seconda metà del concerto, dove i loop emozionali di The Field daranno pieno sfogo alle nostre pulsioni muscolari.
Willner sceglie però di entrare in gioco pacatamente, iniziando con almeno tre pezzi che fanno sospettare un set senza clamori. A ciò si aggiunge il fatto che nessun altro membro del progetto lo accompagna nell'esibizione, cosicché stasera è tutto nelle sue mani, che gestiscono con ordine le manopole della console al centro della sala. Per fortuna la prima impressione si rivela infondata, perché in breve tempo riaffiorano i momenti più caratteristici di quel “going sublime” introdotto all'esordio, nel 2007. Stranamente poco rappresentata in scaletta l'ultima fatica “Cupid's Head”, benché il meglio della sua produzione risieda indubbiamente nei tre album precedenti.
Nonostante alla fine dei giochi si sia dimostrato un po' meno coinvolto del solito, Willner ci ha regalato un altro egregio momento di liberazione, il cui fulcro è rimasto lo stile inconfondibile del suo suadente minimalismo techno. Un buon assaggio del programma all-star dell'imminente C2C.
Si ringrazia Andrea Macchia per il contributo fotografico