17/11/2017

Manitoba + Lali Puna

Locomotiv, Bologna


di Alessandro Biancalana
Manitoba + Lali Puna
Per suggellare un autunno di concerti imperdibili, il Locomotiv di via Sebastiano Serlio propone, dopo eventi imperdibili come Lamb e Zola Jesus, il ritorno sui palchi dei Lali Puna, con alle spalle un recente lavoro intitolato “Two Windows” e a distanza di sette anni dall'ultima data bolognese proprio al Locomotiv. Le fisiologiche incertezze dell'uscita discografica rendono questi live un banco di prova importante per una band che dopo un'ennesima pausa tenta di riaffacciarsi sul mercato con qualche punto interrogativo.

Ad aprire la serata ci pensano gli italiani Manitoba, band nostrana nata nel 2015 grazie al sodalizio artistico fra Giorgia Rossi Monti e Filippo Santini, poi aiutati dal produttore Samuele Cangi, responsabile della svolta alt-electro-rock della band. Sulla falsariga di certe alterazioni fra indie-rock ed electro, il trio sul palco non eccelle ma nemmeno demerita, mostrando una frontman femminile molto capace di tenere il palco e un chitarrista di grande talento. Purtroppo i pattern elettronici a tratti paiono un po' ingessati e poco funzionali al suono complessivo. Chiaramente l'idea di smarcarsi dallo stilema del duo acustico è lodevole, tuttavia senza uno studio attento dell'integrazione fra due componenti molto differenti, si rischia di ottenere un qualcosa che è solo una via di mezzo fra vero cantautorato rock ed electro. Alla base di ciò, però, ci sono canzoni molto valide, fra tutte la bella “Glaciale”.

Quando salgono sul palco i Lali Puna la domanda più grande è: il chitarrista dov'è? Si sapeva che già da tempo fra Valerie Trebeljahr e Markus Acher non correvano più buone acque nonostante il matrimonio e un'unione artistica durata quasi vent'anni, tuttavia ci si aspettava che la band fosse corsa ai ripari rimpiazzando il leader dei Notwist con un altro componente, quantomeno nelle esibizioni live. Così non è stato fatto e inevitabilmente la performance ne ha risentito. Nonostante la formazione tedesca faccia dell'elettronica la sua componente fondamentale, è sotto gli occhi di tutti come molta della musica proposta da Valerie e soci abbia nella chitarra uno strumento fondamentale. Ascoltare i pattern di chitarra preregistrati o addirittura simulati con il synth (come nella conclusiva “Faking The Books”) fa storcere la bocca non poco, oltre all'atavico problema dei live dei Lali Puna della voce di Valerie che difficilmente esce fuori al cospetto dell'intricato reticolo di suoni.

Nonostante questi problemi di assetto ed equalizzazione, i Lali Puna sono sempre loro e in grande salute. Le emozioni salgono alle stelle quando l'attacco di “Scary World Theory” fa capolino, mentre la magnifica “Deep Dream” si conferma uno dei migliori pezzi della band, insieme a classici intramontabili come “Left Handed”, “Small Thing”, “Bi-Pet” e “Micronomic”. Ignorato con grande rammarico “Tridecoder”, viene dato ampio spazio all'album più recente con il pezzo omonimo, “Wonderland”, “The Bucket” e “The Frame”, confermando la non totale riuscita di quest'ultimo lavoro. Come già analizzato in sede di recensione, secondo il modesto parere di chi scrive, il trio berlinese ha nelle mani una carriera ancora non del tutto relegata all'esecuzione dei grandi classici del passato, bensì proiettata al futuro, come ben testimonia il picco di efficacia del live appena commentato proprio coincidente con “Deep Dream”. Sarà solo il tempo a dirci se Valerie e soci sono pronti per diventare grandi una seconda volta.

Lali Puna su OndaRock
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