Un concerto andato sold-out in meno di 45 minuti dalla messa in vendita dei biglietti, e una seconda data programmata per il giorno dopo che ha fatto esattamente la stessa fine, lasciando a casa svariate centinaia di fan frustrati. Come mai Janelle Monae e il suo promoter non hanno pensato a fare le cose più in grande a questo giro? Per quanto architettonicamente splendida, la Roundhouse di Chalk Farm (Camden) con i suoi soli 1.700 posti non è forse il luogo più adatto per accomodare il crescente seguito che l'eroina di "Dirty Computer" si è costruita tramite concept-album variopinti, un giro di amicizie musicali di super-lusso e una reputazione da formidabile mattatrice di palcoscenici. Non solo, ma a rendere l'esperienza ancor più umile si aggiunge pure il fatto che non c'è nessuno ad aprire il concerto. Ci sarebbe una lista infinita di gente pronta a lanciarsi sul palco di fronte alla fedele comunità soul/r&b londinese (per tacere ovviamente di tutti quei nomi affiliati alla sua stessa etichetta discografica), e invece il pubblico viene intrattenuto da un "dj-set" che in realtà sono canzoni suonate dall'iPod. C'è insomma uno strano contorno di anti-hype attorno allo sbarco in città di una delle più amate figure femminili dell'r&b degli anni 10.
Non che questo smorzi troppo l'entusiasmo là fuori in strada, sia ben chiaro. Già un paio d'ore prima dell'apertura delle porte c'è una discreta fila lungo il marciapiede, siamo tutti sulla riga di partenza pronti a fare la corsa per arrivare il più vicino possibile al palco, perché è lì che poi si svolgerà gran parte dello show. Finalmente, alle 20:45 in punto, le luci si spengono, la band prende posto sulle pedane e parte l'intro di "Dirty Computer" come visto sul film allegato al disco, con tanto di soggetto che viene portato in scena su un lettino da ospedale per la "riprogrammazione". Tra il tripudio del pubblico, Janelle appare in cima alle scale bianco neve al centro del palco e si lancia subito nella trascinante "Crazy, Classic, Life", con movenze da consumata performer e un costume paramilitare di plastica rosso e bianco.
Si capiscono subito due cose: il sound stasera verte verso lo scadente, i volumi altissimi di basso e batteria tendono ad affogare la voce, le tastiere e persino la tromba e il trombone (purtroppo la lotta tra ascoltatori e tecnici del suono per i quali "more is more" è un capitolo a parte nella vita concertistica della capitale). Ma per fortuna Janelle ha una voce talmente squillante e un'energia così trascinante che presto la pulizia sonora passa in secondo piano. Stare a un metro dal palco e vederla mentre salta come un grillo assieme a quattro procaci ballerine fasciate in teatrali tutine bianco/nero vale da solo il prezzo del biglietto.
E "teatrale" è forse la parola più giusta per descriverne la presenza, con tutto che l'amore per gli scenari epici e futuristi l'accompagna sin dal suo primo Ep del 2008. E se tutti questi anni d'esperienza le hanno fatto affinare la tecnica fino a mettere in piedi qualche coreografia fin troppo oliata per il suo passato indie - durante "Take A Byte" e "Screwed" non mancano ammiccamenti con l'asta del microfono e uno struscio omoerotico con le ballerine - le rimane comunque stampato sul volto un ghigno di ironica liberazione sessuale. La ragazzina in tuxedo di otto fa oggi è una donna conscia dei propri mezzi e che non ha paura ad autocelebrarsi - sul turno di "Django Jane" viene portato in scena un trono d'oro come da videoclip, e Janelle ci si siede sopra con la convinzione di una vera Diva. Ma la scelta di esibirsi in un posto non troppo grande fa sì che il contatto col pubblico rimanga il punto focale dello show; nella rauca intimità di una stanza rotonda, Janelle si concede come se fosse in salotto con gli amici, urlando tutto di gola e incitando la band a pestare sempre più forte.
Il pubblico quindi è carichissimo nel momento in cui arriva la sezione dedicata al precedente "The Electric Lady"; sulla funkeggiante "Q.U.E.E.N." la Nostra si diverte a imitare la voce dell'ospite originale del pezzo Erykah Badu, l'ottima "Electric Lady" viaggia benissimo da sola anche senza la presenza di Solange, il brano è troppo trascinante per non far cantare tutti in coro. Sulla torrida "PrimeTime" pure mancherebbe la bella voce di Miguel, Janelle intona il ritornello a volume altissimo senza mai perdere fiato e poi esce di scena; luci viola e fumogeni ovunque, il chitarrista attacca il celebre finalone strumentale di "Purple Rain" e il pubblico lo accompagna all'unisono in una sorta di estasi mistica (curiosamente, è già la seconda star a uscire di scena sulle note del celebre pezzo di Prince dopo il recente tour della Sig.ra Carter).
Ma quando Janelle rientra vestita con i vagina pants ridacchiando come una scema, tutti sanno che è il turno dell'appiccicosissima "Pynk", seguita a ritmo serrato da altri cavalli di battaglia quali "Yoga" (sicuramente meglio dal vivo che non in studio) e la simpatica sfrontatezza masturbatoria di "I Like That" - il tutto sempre col corpo di ballo che le ruota attorno come i petali di un quadrifoglio. C'è pure posto per un momento di respiro, lo schermo sullo sfondo si tinge di un cielo stellato e meteoriti cadenti e lei intona il sognante lento di "Don't Judge Me". Ma basta poco, e rieccola in cima alle scale con un paio di leggins di paillettes argentate a introdurre con una lunga danza jacksonsiana l'irresistibile singolo "Make Me Feel", che poi si trasforma in uno dei tripudi della serata con la platea che salta a ritmo. Ma Janelle rincara ulteriormente la dose, e il divertente assist pharrelliano "I Got The Juice" diventa l'occasione per pescare quattro fan a caso dal pubblico e dare l'occasione ad ognuno di mostrare il proprio tasso di succosità.
Non ci sono invece parole per descrivere il finale che investe la sala con una tripletta di pezzi dell'era di "The Archandroid". Dapprima una trascinante "Cold War" mette in luce l'energia vitale di una performer che ancora non s'è stancata di ballare e cantare a squarciagola come un'ossessa, ma il pezzo viene pure introdotto al pubblico con tutta la gratitudine di una musicista che ancora sente la fortuna di essere in giro dopo tutti questi anni. Ecco quindi "Tightrope", che si trasforma in una sudata e nervosissima epopea di dieci minuti abbondanti, un'esibizione degna di James Brown, tra continui botta e risposta col pubblico, stop&go della band, salti, capriole e rincorse vocali al microfono con acuti pazzeschi che semplicemente non si vogliono spezzare. Pubblico in visibilio, altro sudore e mani alzate al cielo, lei saluta commossa. Davvero un gran bel modo per terminare un simile show!
E invece no. Le luci rimangono basse e presto riecco tutti in scena, la band riprende posto e Janelle sguinzaglia una spiritata e tiratissima "Come Alive", con quel riff in cagnesco e una sezione ritmica esagitata. Ancora una volta si sforano i dieci minuti di durata, ai quali va aggunto il momento in cui la musica si calma e lei invita il pubblico a sdraiarsi a terra e giocare al botta e risposta in stile "Blues Brothers", solo per poi riesplodere tutti in piedi al comando di "come alive!". Janelle non se ne vuole proprio andare; alla fine si toglie le scarpe, si stacca l'auricolare, via il cappello e la giacca, un paio di mosse di riscaldamento e si lancia a corpo libero sulla folla, le mani alzate di centinaia di fan la portano in giro per la sala e lei coglie l'occasione per dire grazie di persona ed elargire baci e abbracci a quanta più gente le capita sotto tiro. La sicurezza prova a riportarla indietro, lei si volta incazzata con un "NO!" e continua il tour per aria. Quando infine la riappoggiano sul palco ha finito le parole, più che un concerto questa sembra una festa di compleanno andata gioiosamente a puttane nel momento in cui la zia senza occhiali ha scambiato la bottiglia della limonata con quella della tequila. Guardo l'orologio, sono le 22:41. Un'ora e cinquantacinque minuti di show, pubblico rintronato ed esilarato, qualche lacrimuccia, timpani che fischiano, sorrisi ovunque. Incredibile.
Pochissimo tempo fa, Janelle Monae saliva sul palco degli Academy Awards assieme al cast di "Moonlight" per ricevere un Oscar. Probabilmente è stata l'ultima ad aver lavorato col compianto Prince. Con una telefonata ha a disposizione la qualunque, dal gotha di Hollywood al boss della Epic all'amico Bruno Mars col quale fece un tour diversi anni fa. Va pure in giro a educare i giovani americani sull'importanza del voto. Ma tutto questo fagotto di luccicante showbiz e di attivismo poilitico non l'ha ancora cambiata di un grammo. La minuta e scalmanata Janelle è ancora mossa dalla fiamma della gratitudine per l'opportunità di fare quello che fa, e ci mette dentro quintali di passione e un'energia strabordante che t'investe come un treno in corsa. E chi la ferma più questa?