10/02/2020

Editors

Atlantico Live, Roma


Ci hanno abituati a frequenti passaggi dalle nostre parti, ma stavolta, ancor più che in passato, l’evento diviene una vera e propria celebrazione. Sì, perché questo giro di date è stato pensato per promuovere la pubblicazione di “Black Gold”, la prima retrospettiva ufficiale degli Editors. E quando c’è di mezzo un “greatest hits”, chiamiamolo così, meglio non perdere l’occasione, specie al cospetto di formazioni che non hanno dato il meglio di sé con i lavori più recenti e vengono ricordate dai più in particolare per gli album legati alla prima fase della carriera.

Atlantico sold-out da settimane, oltre tremila presenti, per l’occasione viene consentito l’accesso del pubblico anche al piano superiore. Ad aprire la serata provvedono i Junodef, trio svedese al femminile che porta in dote melodie gelide e incolori, con “chiari” riferimenti al materiale di Chelsea Wolfe e Zola Jesus. Mezz'oretta con giusto un paio di tracce meritevoli di essere ricordate, poi cambio palco e alle 21 in punto, proprio come previsto, con tempistica quasi londinese, entrano in scena gli Editors.

Senza un nuovo disco da promuovere, come dicevamo, il quintetto può concentrarsi sul materiale più datato, ripescando in particolare dai primi due lavori, “The Back Room” e “An End Has A Start” quelli più “chitarristici”, tanto che totalizzeranno ben 13 canzoni eseguite sulle complessive 24. Soltanto le briciole ai capitoli più recenti, con appena sei brani estratti dai tre album post-Urbanowicz. Il concerto è idealmente suddiviso in sezioni, con una prima parte più diretta, partendo proprio da “An End Has A Start” e passando attraverso una micidiale versione di “Escape The Nest” e l’avvolgente abbraccio di “Sugar”, tre fra gli highlight dell’intero concerto.

Poi lo scenario muta, e il trittico “Violence”-“Frankenstein”-“Papillon” trasforma l’Atlantico in una gigantesca discoteca, sottolineando - e collegando fra loro in sequenza - i diversi frangenti della carriera nei quali la band di Birmingham ha optato per i synth e per i ritmi ballabili. Segue il momento intimista, con la dolcezza di “Ocean Of Night” e una “The Weight Of The World” resa in acustico dal solo Smith, voce e chitarra. Si resta quasi commossi al cospetto dell’incorrotta genuinità di Tom, che rispetto al passato bada zero alle pose da popstar (stasera niente giubbotti di pelle e occhialoni da sole) e si lascia andare in danze stravaganti, ricorrendo a vezzi vocali mai stucchevoli.

Nella seconda metà del set altro cambio di scena, arrivano gli inni da stadio molto U2-style di “Ton Of Love” e “Formaldehyde”, i corpi riprendono a muoversi, e la band mostra grande coesione. Del resto gli Editors hanno sempre dato il meglio nella dimensione live, lì dove il carisma e l'energia hanno la meglio sulle sofisticazioni che non di rado caratterizzano i loro dischi.
Quattro i brani riservati per i bis, con chiusura affidata alle sferzate di “The Racing Rats” e “Munich” e al brano più epico della loro discografia: “Smokers Outside The Hospital Doors”. Saluti di rito, inchini, ringraziamenti, e giù il sipario.
Seguiranno due serate consecutive all’Alcatraz di Milano, e poi via con il resto d’Europa, prima di sentirsi pronti ad affrontare le registrazioni di quello che sarà il loro settimo album.