21/07/2021

Sergio Cammariere

Arena Live Geox, Padova


La serata è una di quelle ideali per un concerto: temperatura mite e cielo sereno, e un certo tipo di aspettative, che si intuiscono dagli sguardi entusiasti del pubblico, per il musicista che sta per esibirsi. Che è Sergio Cammariere, in formazione trio con Luca Bulgarelli, contrabbasso e Amedeo Ariano, batteria, storici e fedeli musicisti della sua produzione. La serata fa parte della rassegna Il Suono e la Parola, ed è inserita in Castello Festival, a Padova, un bel concentrato di musica che, visti i nomi in calendario, potrebbe fare il sold-out a ogni live proposto. Ma è Sergio Cammariere l'artista che in quest'occasione andrà a stupire, meglio, a confermare quella sua predisposizione per una musica dalle ottime influenze jazz, con una scaletta "misteriosa", dalla quale però gli intervenuti si aspettano il meglio, le sue perle più preziose.

Batteria e contrabbasso, una sessione ritmica di alto livello, assieme al suo fido pianoforte, sono certamente un amalgama d'effetto dall'ottima resa musicale, che infatti non fanno recriminare nulla col passare dei minuti. L'artista crotonese parte ispirato con una serie di brani introduttivi, dichiarando subito con le note l'impronta del concerto che va a sviluppare, lontano anni luce dal frastuono della brutta musica che imperversa in questa estate. L'intro iniziale è quella di un assolo di pianoforte, a cui fa subito seguito "Sorella mia", il primo atto d'amore all'amore, argomento al quale il cantautore calabrese ha dedicato quasi tutta la sua produzione, assieme al suo collaboratore storico Roberto Kunstler, autore di moltissimi suoi testi. Un atto d'amore che va verso anche la musica stessa, altra fedelissima compagna di vita dell'artista, che sul pianoforte è tutto preso e concentrato, attento ma allo stesso tempo performer collaudato, disinvolto. Il pubblico lo capisce e lo applaude convinto sin dall'inizio, intuendo che ancora una volta il concerto sarà una festa.

Si continua con "Nessuna è come te", ancora con versi romantici dedicati all'amata ("non c'è nessuna al mondo, no, nessuna al mondo mi sa dare tutto quello che tu dai a me / Perché nessuna è come te") poi "Le porte del sogno", struggente ricerca della conferma d'amore, costante cammino dell'uomo da sempre. È un Cammariere allegro, che scambia qualche parola all'inizio, poi via via sembra sciogliersi di più e improvvisa giochi scherzosi musicali e verbali, sia con i compagni di viaggio sul palco che con gli spettatori, ma sempre nel limite, anche perché un certo rigore va rispettato, la musica si ascolta, non deve scivolar via.
È la volta di "L'amore non si spiega", e il titolo dice tutto, è un approfondimento sentito e ancora una volta appassionato sul sentimento più vissuto e conosciuto, alla ricerca del suo senso più intimo; segue "Per ricordarmi di te", e le note sciorinate portano mente e cuore al rapporto uomo-mare-stelle-nuvole, ovvero l'universo a portata di mano. Il live prosegue con tutta la sua forza, la luna è in cielo e illumina l'arena, qualche nuvola fa capolino ma passa e saluta, e la felicità del pubblico è palpabile, addirittura godibile come le canzoni, uno scambio forse inatteso. Un pubblico che dopo "Tempo perduto" si illumina chiedendo all'unisono, e ottenendo, "Padre della notte", brano sentito e memorabile, nel quale Cammariere si inchina all'assoluto, e guarda oltre, più in là. "Solo in te noi confidiamo e fammi ritornare, tra le braccia di chi ho amato". Una canzone che lambisce i toni della preghiera.

Quindi, il cantautore calabrese sposta il baricentro, lascia riposare i suoi due musicisti e da solo, con l'amato pianoforte, intona tre canzoni, cercando con il pubblico i titoli più richiesti, ed ecco arrivare "Le note blu", "Controluce", con il suo testo poetico e magnetico, una vera chicca, e "Mano nella mano", title track del disco omonimo, farcita di richiami al flamenco, con una fisarmonica che spazia e attraversa il jazz, lasciando spazio anche a un testo quantomai suggestivo, che esorta a una riflessione universale sull'unione tra popoli, persone, individui. Poco dopo si vive uno dei momenti più scanzonati del concerto, con Cammariere che spavaldamente intona "Cantautore piccolino", un testo che mette in balìa della musica i cantautori italiani, almeno molti, citati in rima, in un trionfo di autoironia ("cantautore piccolino, confrontato a Paoli Gino") che fa il pieno di consensi.

È poi la volta del gran finale, con "Tutto quello che un uomo", la splendida canzone che l'ha fatto conoscere al grande pubblico nel 2003, classificandosi terza al festival di Sanremo, dove Cammariere vinse il premio per la miglior musica e il Premio della Critica. Ma l'ultimo atto è affidato a "Dalla pace del mare lontano", esecuzione che lascia sospesi da quanto è perfetta, e in cui il mare, richiamato spesso nelle sue canzoni, si afferma indiscusso protagonista del vivere, del pensare. Un luogo non affollato, simbolo della propria solitudine, con la quale si convive e si può anche stare bene.
Il pubblico è al settimo cielo e lo richiama sul palco. Cammariere l'accontenta, optando però per un solo bis, "Via da questo mare": approfondimento interiore, vita che se ne va, paese natìo che saluti rivolgendo lo sguardo al futuro con fiducia.