Uno degli aspetti più accattivanti e magici della musica di Angel Olsen è che può essere massimalista e minimalista mantenendo tutte le sfumature melodiche, armoniche e liriche nelle proprie canzoni. Crooner attenta a ogni respiro insieme alla sua chitarra, ma anche voce maestosa che sa dispiegarsi con una band country o un’orchestra, Olsen viene da una generazione Do-It-Yourself di outsider, cantautori e musicisti legati alla performance e all’autoproduzione come Calvin Johnson e Bonnie "Prince" Billy, con i quali ha collaborato, ritrovando le proprie influenze in artisti di generi e stili apparentemente lontani ma spiritualmente vicini, come Alice Coltrane e Moondog.
Il concerto nello splendido giardino de La Triennale di Milano, luogo storico e carico di fascino quali altri scelti dalla cantautrice per questo mini-tour, accoglie perfettamente la prima veste di Angel, che, da attrice di esperienza, sale sul palco come se stesse mettendo piede su un set cinematografico, condividendo col pubblico l’intimità assoluta di un’ora di musica nuda, fatta “semplicemente” di voce e chitarra con canzoni dal passato remoto e dal presente. In tandem con lei, il cantautore Maxim Ludwig, suo attuale compagno col quale è venuta in vacanza in Italia prima di qualche data festivaliera con la band in Europa, quindi perché non scaldare le ugole nella rigogliosa e mite cornice del giugno italiano?
Dopo una mezz’ora di songwriting americano di fattura heartland rock suonata da Ludwig, Angel sale sul palco e si prepara a stare da sola sotto i riflettori. Se c’è una figura che accomuna il cantautorato di Angel e Maxim, quei live fatti esclusivamente con voce e chitarra elettrica, è Jeff Buckley. Così, trasognanti dentro questo pensiero, entriamo nel mondo della cantautrice di St. Louis ormai di casa ad Asheville nella Carolina del Nord e ci ritroviamo insieme a lei sugli Appalachi fin da “Ghost On”, tratta dal recente “Big Time” (Jagjaguwar, 2022), con la quale inizia il concerto. Le canzoni sono intessute da robusti fili di melanconia, di dolore, di sollievo, di estasi poetica (“All Mirrors”, “Forever Means”, “Lark Song”), in cui la stessa paura vissuta sulla propria pelle nelle esperienze di vita si sublima nella composizione e nella performance (“Waving, Smiling”).
I felt my soulLa voce è vibrante e potente, mentre le corde accarezzate si sciolgono nitidamente nel riverbero attraverso passaggi armonici a tratti scivolosi come in uno standard jazz, che danno forma a un ricordo teso al presente, un ricordo svanito e tangibile, materico e onirico, doloroso e sanato, finito e insanabile allo stesso modo in cui ne parla Nan Goldin nel recente film “All The Beauty And The Bloodshed” (2022) di Laura Poitras. Tutto è effimero e rimane per sempre impresso nei nostri corpi e nelle nostre menti, è ciò che ci ricordano queste splendide canzoni così spoglie, sentite dentro un parco una sera d’estate:
Rise up from my body
When I look into your blue eyes
If cosmic force is real at all
It's come between you and I
I want to be naked
I don't mean my body
I don't need my body
I'm floating away
I'm floating away
I'm floating away
I've been watchin’ all of my past repeatin'Nel mentre Angel parla con noi, ride, confessa di essere qui in vacanza, chiede se ci sono desiderata. E a un certo punto veste i panni dell’interprete, cosa che confessa di amare, e dichiarando di voler suonare una canzone italiana, si trasforma in una nouvelle Ornella Vanoni per cantare un versione scarna de “Il cielo in una stanza”, con una pronuncia accurata quasi a farci percepire quanto il processo di mimesi anche linguistica sia naturale. Dopo una manciata di altre sue canzoni ci lascia sparire nella notte, mentre le (sue) frasi si affastellano nei (nostri) pensieri.
’There's no endin’, and when I stop pretendin'
’See you standin’, a million moments landin’
On your smile, buried alive, I could have
Die to stay there, never have to leave there
All this trouble tryin’ to catch right up with me
I keep movin’, knowin’ some day that I will be
Standin’, facin’, all mirrors are erasin’
Losin’ beauty, at least at times it knew me
At least at times it knew me
At least at times it knew me
Take it one day at a time
I'm moving everything around
I won't get attached to the way that it was
This is how it works for me now
This is how it works for me nowI know you can't talk long
But I'm barely hanging on
And I’m so tired of saying I’m tired
It's a hard time againIt’s a hard time again
Tell me a story that’ll make me forget
It’s a hard time again
Tell me something good