15/06/2025

Porridge Radio

Monk, Roma


Non aveva davvero l’aria di un addio. Chi si aspettava fazzoletti, lacrimoni o discorsi celebrativi forse non conosce bene i Porridge Radio, che hanno sempre tenuto a distanza la retorica dell’emotività da palcoscenico. Al Monk, per quella che sarà la penultima apparizione italiana prima del definitivo saluto all’Ypsigrock di agosto, hanno suonato come se nulla stesse finendo. Nessuna cerimonia, solo musica. La stessa disinvoltura di un qualsiasi tour, lo stesso approccio nervoso, diretto e privo di sovrastrutture.
Anche la scaletta rifletteva questa scelta: niente greatest hits o sguardi nostalgici al passato, ma una struttura dominata dall’ultimo Lp “Clouds In The Sky They Will Always Be There For Me”, con pochi ma significativi ritorni al repertorio precedente. Una decisione chiara, quasi scolpita: questo è il suono che li rappresenta adesso, così vogliono essere ricordati!

L’apertura è travolgente: “Sick Of The Blues” e “A Hole In The Ground” accendono subito la serata. La prima, che chiude anche il loro ultimo album, suona come una liberazione, un moto di riconciliazione verso la vita. Forse è solo una coincidenza, ma sembra anche un nuovo inizio. Poi arriva "Good For You", uno dei brani più rappresentativi della band: cambi di tempo imprevedibili, una dinamica vocale che passa dal sussurro più fragile a un’urgenza quasi punk, fatta di grida catartiche e colpi vibranti che scuotono gli strumenti. Più ruvidi che in studio, i Porridge Radio suonano con una tensione costante: basso e batteria martellano, mentre la tastiera resta lì, come un altare silenzioso dove si appoggiano le melodie più dolci.
Margolin, voce e fulcro emotivo della band, si muove con passo felpato e misura ogni gesto. A tratti si avvicina al basso o alla tastiera, a volte lancia uno sguardo al pubblico – più come un impulso spontaneo che come ricerca d’effetto. C’è una certa sobrietà nel corpo, ma nessuna nelle parole che canta: parlano di perdita, disperazione, accettazione, trionfo. Canzoni che affrontano l’assenza ("Anybody"), l’insicurezza ("Lavender, Raspberries"), la sensazione di smarrimento ("I Got Lost") e la disillusione ("In A Dream I'm A Painting”). È difficile immaginare quanto coraggio serva a portare su un palco emozioni così vive, esposte, ancora pulsanti. Ricorda da vicino le parole di Amy Winehouse dopo "Back To Black", quando confessava quanto fosse arduo dover rivivere ogni sera sensazioni cosi incredibilmente vicine solo per il pubblico.

Dopo aver simbolicamente chiuso l’ultimo capitolo discografico con l’esecuzione di "Anybody" (che, curiosamente, ne è l’opener) si apre uno spiraglio verso il passato con "Sweet", unico estratto da "Every Bad", “7 Seconds” e infine l’acclamatissima "Back To The Radio", tra i brani più amati di sempre, con quel ritmo leggermente sbilenco, capace di portarti su, ancora più su, come un trionfo.
Nel bis, Margolin torna da sola per una versione spoglia di "Waterslide, Diving Board, Ladder To The Sky". Poi chiama la “sua” band a raggiungerla (una prova generale per una carriera solista che forse la attende?). Seguono la recentissima "Machine Starts To Sing", suonata fra il pubblico e, infine, "The Rip", ultimo atto di un concerto di poco meno di due ore.

Sotto le luci che cominciano a spegnersi, la band saluta. Uno a uno, i nostri lanciano le scalette arrotolate come piccoli aeroplanini di carta verso il pubblico. I lanci sono goffi, imperfetti, ma ciascun foglio in volo diventa un piccolo souvenir di ciò che è stato. Alla vostra, Porridge Radio!



Setlist

Sick Of The Blues
A Hole In The Ground
Good For You
You Will Come Home
Lavender, Raspberries
Pieces Of Heaven
I Got Lost
God Of Everything Else
In A Dream I'm A Painting
Anybody
Sweet
7 Seconds
Back To The Radio

Encore:
Waterslide, Diving Board, Ladder To The Sky
Machine Starts To Sing
The Rip

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