Jesus And Mary Chain, ascolta il nuovo singolo "jamcod". In arrivo il nuovo album, "Glasgow Eyes", e una data in Italia nel 2024
di Redazione di OndaRock
29-11-2023
A pochi giorni dal loro concerto al Regio Teatro di Parma per il Barezzi Festival (20 novembre), i Jesus And Mary Chain annunciano l'uscita del loro nuovo album, "Glasgow Eyes", in arrivo l'8 marzo su etichetta Fuzz Club – Cooking Vinyl. Ad anticiparlo, il primo singolo, "jamcod", pubblicato oggi (ascolta qui sotto il brano in stream). I due fratelli Jim e William Reid festeggeranno ulteriormente il loro 40° anno di attività nel 2024 con un'autobiografia (pubblicata da Orion/White Rabbit) e con un tour celebrativo che toccherà il Regno Unito e l'Europa, approdando anche in Italia il 17 aprile all'Alcatraz di Milano.
"Non aspettatevi che i Mary Chain diventino jazz", scrive Jim Reid a proposito del nuovo album. "La gente dovrebbe aspettarsi un disco dei Jesus and Mary Chain e questo è certamente ciò che è 'Glasgow Eyes'. Il nostro approccio creativo è lo stesso di quello del 1984, basta venire in studio e vedere cosa succede. Siamo entrati con molte canzoni ed abbiamo lasciato che facessero il loro corso. Non ci sono regole, è una sorta di telepatia, siamo quegli strani gemelli che finiscono le frasi a vicenda. "Glasgow Eyes" è stato registrato presso lo studio dei Mogwai, Castle of Doom, a Glasgow, dove i fratelli Jim e William hanno già lavorato per il precedente "Damage And Joy" (2017), il disco della reunion della formazione britannica dopo diversi anni di separazione. Il nuovo singolo "jamcod" sposa l'elettronica oscura con il suono inconfondibile della chitarra di William Reid, un marchio di fabbrica della band fin dai tempi dello storico debutto "Psychocandy" (1985).
La creatura dei bizzosi fratellini Reid - William (chitarra) e Jim (voce) - è un perfetto esempio di quanto una semplice, fin quasi banalissima intuizione possa cambiare radicalmente le cose in ambito musicale, specialmente in un periodo in cui il nuovo rock "indipendente" britannico in tutte le sue accezioni (il dark, la electro-wave e il pop-rock melodico e malinconico stile Smiths) stagnava nei suoi stereotipi incapace di sostanziali salti di qualità (a parte le magie intessute dalla 4AD, ma quello era un universo musicale a parte) o peggio tendeva a convertirsi pericolosamente verso i suoni di moda (il synth-pop), con risultati spesso deludenti: quel che è certo è che nessuno sembrava capace di riaccendere i furori e gli ardori del punk, che ormai era riconosciuto all'unanimità come prematuramente morto e sepolto. Ma quando nell'ottobre del 1984 quattro sconosciuti ragazzini scozzesi pubblicarono il loro primo singolo, "Upside Down", a molti parve possibile un miracoloso risveglio del sacro fuoco dei Sex Pistols. E in effetti nulla in loro tradiva quest'impressione: live-show incendiari, un atteggiamento strafottente e arrogante (con dichiarazioni non lontane dall'odierno ritornello "gallagheriano" del "we're the best rock band ever") e, last but not least, un talento "naturale" per la provocazione gratuita e beffarda (a questo basti solo il nome del gruppo, ma anche testi non propriamente per scolaretti, anzi in certi casi ai limiti dell'hard). Insomma, i terribili fratellini Reid, e non meno di loro i loro due comprimari, il bassista Douglas Hart e il perennemente ubriaco batterista Bobbie Gillespie (proprio quello che di lì a poco avvierà la fortunata avventura dei Primal Scream), avevano già dato con i loro primi singoli le premesse giuste per diventare i capofila di un "nuovo" punk, che alle regole di base del genere (canzoni veloci e volutamente approssimative, costruite su non più di tre accordi) sapeva unire tanto le atmosfere soffocanti della dark-wave quanto un innegabile talento melodico. Ma ciò che fin da subito contraddistinse il gruppo era il rumore: la chitarra di William Reid suonava infatti distorta all'inverosimile (ma non lontana in realtà dalle sventagliate che dall'altra parte dell'oceano caratterizzavano il nuovo hardcore di Husker Du e Minutemen). Una formula che ha aperto la strada al movimento degli "shoegazer", che predilige ambientazioni oscure, tenui melodie e densi strati di feedback