Morto James Chance, protagonista della no wave tra Contortions e Teenage Jesus And The Jerks

19-06-2024
E' morto a 71 anni James Chance, sassofonista e cantante dei Contortions e dei Teenage Jesus And The Jerks, uno dei principali protagonisti della scena no wave di New York. Chance si è spento al Terence Cardinal Cooke Health Care Center di New York. La notizia è stata annunciata da suo fratello David Siegfried, che non ha specificato la causa del decesso, ma ha ricordato il pessimo stato di salute dell’artista americano, la cui ultima esibizione risaliva al marzo 2019 a Utrecht, in Olanda.

Chance, all'anagrafe James Siegfried, ha incarnato l’ala più estrema dello sperimentalismo sonoro di fine anni 70. Con il suo "jazz funk punk" ha destrutturato il formato-canzone attraverso uno stile fatto di spasmi, ossessivo, nevroticamente metropolitano, che portava in scena tutta l’inquietudine della New York di fine anni Settanta.
Nato a Milwaukee nel 1953, si iscrisse al conservatorio senza però finire gli studi. Solo in seguito, dopo gli studi classici, preferì dedicarsi al jazz e al sassofono, divenendo allievo di David Murray, per poi ispirarsi a Albert Ayler e James Brown.
E' entrato a far parte dei Teenage Jesus And The Jerks nel 1975, una volta trasferitosi a New York, grazie all’incontro con Lydia Lunch avvenuto allo storico tempio punk-wave del Cbgb.

La sua formazione più nota, The Contortions, è nata invece nel ’77, e due anni dopo ha dato vita allo storico album “Buy”, caposaldo dell'intera scena no-wave. Un disco che aumenta la dose di funk, il battito da ballare, e mostra ancor più determinazione nella spasmodica indeterminatezza del loro suono. Chance dà anche adito a una sua personale fluidità tra canto e passaggi improvvisati, e coglie l’occasione per rinnegare definitivamente il jazz, facendolo anzi regredire a baraonda maniacale di puro accompagnamento. Chance allo stesso tempo fa e disfa, costruisce e decostruisce, si regge su un suono di gruppo e al contempo vende anima e corpo per renderlo conflittuale e individualista. Sorta di Mick Jagger colto in un flusso di coscienza oltremodo viscerale, diventa spesso la versione esposta e vitalista del freudiano perturbante di Lunch.

Nel frattempo, i Contortions erano stati tra i mattatori del leggendario album-raccolta della no wave "No New York", uscito nel 1978.
I Contortions di James Chance sono una sorta di unicum. Se per DNA, Mars e Teenage Jesus la summaNo New York” rappresenta l’attestazione finale, per i Contortions fa da cellula germinale, non un consuntivo di una carriera oscura e gloriosa ma un’anticipazione di quanto di lì a poco diverrà l’unico vero album della scena storica. Più che annullare, implodere e decostruire, i Contortions mirano a ricostruire, riedificare un suono all’ombra di un leader carismatico.
Il complesso incarna anche l’ala kitsch del movimento. Mentre i colleghi incattiviscono e confondono di volta in volta lo stesso disorientante spunto, Chance lo rimette al centro attuffandosi nella musichetta pseudo-commerciale, nel ballo fisico e disinibito delle neonate discoteche, nella scuola funky degli ancheggiamenti erotici. Mentre lo sguardo degli altri penetra gelidamente il subconscio sessuale, quello di Chance si dà scopertamente e scompostamente alle profferte più lascive: quand’anche lo spirito rimanga lo stesso (il non-punk), Chance lo piega a personale, esplicito mezzo di provocazione.
Altra differenza con i colleghi sta nella nettezza gerarchica della band, colta in un cristallino assurdismo degno della Magic Band. Il vertice, James Chance (al secolo James Siegfried, ndr), è un jazzista fallito, un mancato Ayler ex-allievo di David Murray e innamorato dell’altro James, il mitico James Brown, “sex machine” per eccellenza, e istintivamente proteso a una versione discinta di Elvis Presley. Dopo essersi trasferito a New York, aver provato un primo complesso (Flaming Youth), essersi accostato per breve tempo ai progetti di Lunch, gli balena l’idea capitale di fusion dissonante centrata su canto e sax, radunando a sé George Scott, basso (poi sostituito da David Hofstra), Don Christensen, batteria, Jody Harris, chitarra, Pat Place, slide, e Adele Bertei, organo.
Nella compilation compaiono le prime bozze dei loro non-concerti. “Dish It Out” si trascina contorta e psicotica sul ritmo convulso di batteria, i balbettii funk del basso, le stecche irriducibili della chitarra, i non-contrappunti storditi dell’organo, e su tutto la doppietta brutalmente insolente di sax e canto. “Flip Your Face” ha un passo robusto e insieme mortificato da continui inceppamenti (le prime vere “contorsioni” del non-ensemble) e una jam per timbri vertiginosamente deformati, lanciati dalle scordature della chitarra di Place. In “Jaded”, invece, il suono si dirada e la cadenza assume la forma di una tortura sadica, quasi di cerimoniale, gli spazi vengono riempiti dai gregari in maniera quantomai allucinatoria e le parole perverse di Chance li perforano.

Il successivo “Off White”, in cui la band cambia nome in James White And The Blacks, vede la collaborazione di Lydia Lunch e del chitarrista Robert Quine.
I Contortions nella loro storia si scioglieranno e riformeranno diverse volte mentre James Chance rimarrà sempre attivo, sotto svariati nomi e cambiando spesso line-up dei suoi progetti prendendo parte a diversi album di artisti e band come Debbie Harry, the False Prophets e Kirin J. Callinan.