Chyi Yu & Michelle Pan

Hui sheng

1985 (Rock Records & Tapes)
campus folk, mandopop

Titolo cinese integrale: “回聲 三毛作品第15號”
Traduzione: “Eco - Opera n. 15 di Sanmao”
Traslitterazione: “Hui sheng - Sanmao zuo pin di 15 hao”

 

Nata nel 1943 a Chongqing, in Cina, Chen Ping emigra a Taiwan nel 1949, in seguito alla vittoria dei comunisti sui nazionalisti durante la seconda fase della guerra civile cinese. Dopo un’adolescenza non facile, a causa del rigetto verso il rigido sistema educativo imposto dal Kuomintang sull’isola, a partire dal 1963 passa diversi anni all’estero, studiando prima in Spagna e poi in Germania.
La testimonianza scritta delle esperienze vissute viaggiando per il mondo, in particolare nella parte del deserto del Sahara all’epoca controllata dalla Spagna, la porterà a diventare la più importante scrittrice sinofona della sua epoca.
Il suo primo romanzo, “撒哈拉的故事” (“Storie del Sahara”, portato in Italia da La Nave di Teseo col titolo di “Un granello di sabbia caduto dal cielo”), si impone come il caso letterario del 1976 sia a Taiwan, sia a Hong Kong.
Per la pubblicazione sceglie il nome d’arte Sanmao (三毛), ispirata dall’omonimo orfano vagabondo creato negli anni Trenta dal celebre fumettista Zhang Leping (張樂平). Da quel momento, tutti la conosceranno così.

 

Rientra in pianta stabile sull’isola solo nel 1980, in seguito alla morte accidentale del marito, l’ingegnere navale spagnolo José María Quero y Ruíz, con cui aveva condiviso i viaggi oggetto delle sue opere.
A metà degli anni Ottanta il suo nome è ormai un perno per la cultura di Taiwan, tutti gli studenti leggono le sue opere e la sua influenza si espande da tempo anche all’infuori del mondo letterario: nel 1979 ha per esempio firmato il testo per “橄欖樹” (“Gan lan shu”, “Ulivo”) di Chyi Yu (齊豫), uno dei grandi classici della canzone sinofona.
Decisa a sviluppare il legame con l’industria musicale, all’inizio del 1985 Sanmao si reca presso la Rock Records & Tapes, la più importante casa discografica taiwanese, presentando una serie di poesie da adattare in canzoni d’amore, per un album da affidare ai più importanti interpreti dell’industria locale.
È proprio Chyi Yu ad analizzare i testi proposti, insieme a Wang Hsin-Lien (王新蓮), altra nota cantante che in quel periodo sta però mettendo da parte la propria carriera per concentrarsi sul ruolo di produttrice.
Pur apprezzando entrambe il contenuto letterario, trovano i versi estremamente difficili da adattare in musica, non rispettando questi alcuno schema metrico. Si mettono così in contatto con l’autrice, scettiche sulla possibilità di trovare una mediazione, ma Sanmao le stupisce mostrandosi disponibile e accogliendo le loro proposte. Dopo alcune consultazioni, il progetto prende una piega completamente diversa, diventando un concept album ispirato dalla vita di Sanmao.

 

Ogni testo regge se preso isolatamente, apparendo ora come una canzone d’amore, ora come un’interrogazione sul senso dell’esistenza, ma messi uno in fila all’altro creano una narrazione che ripercorre cronologicamente la biografia dell’autrice, dall’infanzia alla maturità, fino all’incertezza per il futuro.
Data la piega intima, e pertanto fortemente femminile, presa dall’opera, si decide di rinunciare alle voci maschili: vengono così scartati nomi prestigiosi quali Li Jianfu (李建復) e Jonathan Lee (李宗盛). A interpretare le canzoni sarà in parte la stessa Chyi Yu e in parte Michelle Pan (潘越雲), altro nome di punta della Rock Records & Tapes.
La scelta cadde su Pan, oltre che per la sua popolarità, anche per la differenza della sua voce con quella di Chyi Yu. Mentre Pan canta con tonalità morbide che si muovono all’interno della musica pop, Chyi Yu ha tonalità più acute che mettono in mostra sia l’influenza dell’opera lirica occidentale, sia quella della tradizione folk cinese. Il registro di Chyi Yu è in definitiva più eclettico e sofisticato, ma forse anche meno spontaneo: Pan le fa da perfetto contraltare. Quattro canzoni sono duetti, quattro sono interpretate dalla sola Chyi Yu e tre dalla sola Pan.

L’album è presentato da un testo di Sanmao incluso fra le note di copertina, che non viene però trasposto in musica per via della sua complessità. Più che di una spiegazione dell’opera, si tratta di un flusso di coscienza che descrive lo stato di necessità da cui sono emerse le canzoni:

L’eco è una minaccia,
scava a fondo nel cuore delle persone, inarrestabile,
chiedendo solo conferme.
Qualcuno le chiede: “Sarai in grado di ricordare tutte queste cose in futuro?”
L’eco le dice “sì, sì, sì, sì…” e lei finisce col piangere.
Forse non ha effettivamente vissuto la cosa,
ma si è trattato di voci lente e allucinatorie che le hanno sussurrato all’orecchio.
Quando l’eco si ferma per un momento, lei percepisce che per tutto il tempo avrebbe dovuto fare qualcos’altro, ma non sa cosa, non saprà mai cosa, non sarà mai in grado di saperlo, e questo è il motivo della sua tristezza.
Per questo ha scritto “Eco”, canzone dopo canzone.
Così il canto è continuato, sempre più forte e persistente.
Ai confini dell’amore, solo le canzoni riescono a parlarle; in effetti, in passato le sono accadute cose innominabili.
Così si è sdraiata a terra e ha pianto, fino a che la redenzione è tornata, portandola lontano.
Nel cuore della notte, quando si sveglia, quelle voci continuano a infrangersi su di lei come le onde della marea. Ma non è questo ciò che vuole, ciò che vuole è l’alba, un’alba senza suoni. Anche se lo desidera fortemente, l’eco non la lascerà.

Il disco viene registrato durante il 1985, con Chyi Yu, Wang Hsin-Lien e Sanmao in qualità di produttrici. Come principale arrangiatore viene assoldato Chen Chih-yuan (陳志遠), fra le eminenze grigie della scena locale, che cura otto brani su undici, mentre la squadra dei compositori è più variegata, comprendendo Li Tai-hsiang (李泰祥, già autore di fiducia di Chyi Yu), Chen Yang (陳揚), Jonathan Lee – che trova modo di far parte del progetto dopo aver mancato l’occasione come interprete – e la stessa Wang Hsin-Lien.

“Hui sheng” si impone fra gli apici del campus folk, movimento emerso a Taiwan verso la metà degli anni Settanta, come reazione all’avvicinamento del mondo occidentale alla Cina comunista: fino a quel momento il mondo studentesco era disinteressato alla produzione musicale locale e preferiva ascoltare i grandi nomi importati dall’anglosfera.
Il malcontento generato da una serie di eventi storici avversi a Taiwan, quali la sottrazione del seggio presso le Nazioni Unite in favore della Repubblica Popolare Cinese (1971) e la successiva visita di Richard Nixon a Pechino (1972), spinsero gradualmente l’intellighenzia locale a dare voce alla propria cultura. Il campus folk prese così forma dalla musica anglofona importata fino a quel momento, spaziando indistintamente dal cantautorato più impegnato a quello più frivolo (fra gli studenti Bob Dylan e John Denver erano parimenti popolari) e mescolandolo alla tradizione folk cinese. Ben presto la corrente diviene egemone, ricoprendo gran parte dell’industria musicale taiwanese, con risultati particolarmente variegati: si arrivò a spaziare dalla canzone acustica più delicata al brano con orchestrazione derivata dalla musica classica occidentale, dal folk rock alla ballata influenzata dall’opera teatrale cinese.

“Hui sheng” allargò ulteriormente la tavolozza, portando il campus folk verso territori fino a quel momento inesplorati e mescolando marcette bandistiche (l’introduzione di “Gui wai”), armonie influenzate dalla tradizione celtica (“Mi”, “Meng tian”), ballate orchestrali come da consuetudine mandopop [nota 1] (“Qi dian zhong”), pop folk radiofonico (“Fei”, che ricorda “I’m Easy” di Keith Carradine), ma anche brani strutturalmente complessi, come i tre che occupano la parte centrale della scaletta, dalla durata media di sei minuti l’uno: “Sha mo” e “Jin shi” sono ambiziosi esperimenti chamber folk per pianoforte e orchestrina d’archi, su cui la voce di Chyi Yu si libra con toni operistici seguendo linee melodiche non lineari.
“Shuang” spicca per originalità: suonata per intero da Chen Yang alle tastiere, crea una sorta di musica folk futuristica e transculturale, in cui è possibile scorgere toni eterei vicini alla coeva proposta degli irlandesi Clannad, ma anche echi del folclore cinese. Canzone dal taglio fantasioso e cinematografico (non stupisce, dato che Chen Yang è uno dei più importanti autori di colonne sonore dell’industria di Taiwan), non è poi così distante da quelli che sarebbero stati i singoli di Enya come solista e potrebbe vantare un notevole culto fra gli ascoltatori new age (non a caso, Chyi Yu sul finire degli anni Novanta sarebbe finita a collaborare con Suzanne Ciani).

 

Va sottolineato anche l’ampio utilizzo di tastiere elettroniche, niente affatto comune nei dischi campus folk dell’epoca: in scaletta ricorrono sintetizzatori analogici (il Roland Jupiter-8 e il Roland Jx-8P – quest’ultimo appena introdotto sul mercato all’epoca delle sessioni) e digitali (lo Yamaha Dx7), ma anche pianoforti elettroacustici (lo Yamaha Cp-80) e batteria programmata (in “Shuo ji zi ji ting” compare un emulatore della Simmons).
La varietà stilistica e di arrangiamento è accompagnata da quella dei testi, che spaziano dallo struggimento amoroso al componimento metaforico dal taglio enigmatico, passando per filastrocche infantili e mostrando appieno la duttilità di Sanmao.
“Fei” esibisce una narrazione sentimentale quasi conservatrice (la donna disposta a rinunciare a tutto per il partner), ma va ovviamente letta alla luce della depressione che affliggeva l’autrice a causa della morte improvvisa del marito:

Non ho paura di attendere la risposta che non vuoi dare,
ma il mio bagaglio è pronto e la valigia è chiusa,
sto per andarmene.
Questa è l’ultima notte,
seduti faccia a faccia in un treno senza destinazione,
volerò via domani
verso un posto senza di te.
La chiave è chiusa nel tuo cuore, il biglietto aereo nella mia mano sinistra, il passaporto nella mano destra.
È tutto un mistero,
un mistero che non voglio risolvere.
Il viaggio che ho innanzi potrebbe essere lungo,
il nostro addio potrebbe non essere all’aeroporto,
se mi prometti un futuro
sarò tua, rinuncerò a tutto il resto.

“Sha mo” è un inno malinconico denso di simbolismo [nota 2]:

La nostalgia di una vita passata si diffonde innanzi a me.
Ah, un pezzo di stoffa ingiallito dalla sabbia.
Mentre sono catturata da questa scena primordiale,
il mio cuore alla deriva affonda lentamente nella polvere.
Il vento che ulula nel cielo spazza via la strada del non ritorno,
così la terra rivela i suoi segreti.
Allora il deserto non è più solo un deserto,
ma si trasforma in un pozzo.
Dentro il pozzo un paio d’occhi d’acqua,
un paio d’occhi d’acqua con un sorriso.

“Meng tian”, divenuta il brano più noto del lotto e un classico della musica taiwanese, fa infine uso di metafore elementari, quasi bambinesche (elemento del resto comune al folclore di molte parti del mondo), ripetendole come in un mantra divinatorio:

Nel cuore di ognuno c’è un acro di risaia,
nel cuore di ognuno c’è un sogno,
ogni seme è una risaia nel mio cuore.
Cosa ci coltiverò?
Pianto un pesco, un prugno, la brezza di primavera,
quando i peri fioriscono la primavera ritorna.
Questo è un acro di risaia nel mio cuore,
questo è il sogno nel mio cuore da cui non riesco a svegliarmi.

L’album raggiunge i negozi il 19 novembre del 1985, con edizioni in vinile e cassetta, ma è l’edizione in compact disc stampata nel gennaio del 1986 a segnare davvero la storia: si tratta infatti del primo cd dell’industria taiwanese.

 

Dopo questa pietra miliare le carriere di Chyi Yu e Michelle Pan proseguiranno con successo fino ai nostri giorni, raggiungendo anche la Cina continentale. Sanmao avrebbe invece tentato la carta cinematografica: nel 1990 il suo romanzo “滾滾紅塵” (“Gun gun hong chen”) viene adattato in film dal regista Yim Ho (嚴浩). La pellicola mantiene il titolo originario per il mercato sinofono, mentre viene distribuita internazionalmente con una fedele traduzione in inglese: “Red Dust”. Diventa uno dei titoli più premiati nella storia del cinema taiwanese, vincendo otto statuette ai Taipei Jinma Yingzhan (台北金馬影展), il massimo premio cinematografico locale. Paradossalmente, l’unico aspetto a non venire premiato sarà proprio la sceneggiatura di Sanmao.

 

Il 4 gennaio 1991 l’autrice si uccide, all’età di 47 anni. Voci di corridoio insistono che la mancata premiazione abbia influito sulla tragica decisione, ma la causa è probabilmente da individuarsi nella sindrome depressiva che, come già accennato, la attanagliava da tempo. Si tratta a ogni modo di speculazioni e pettegolezzi non degni di una trattazione sulla sua figura, da cui ben altro si dovrebbe trarre: prima fra tutte, la capacità di imporsi come personalità di primo piano in un paese che all’epoca era ancora una dittatura e promuoveva una cultura fortemente maschilista.

 

[nota 1] Musica pop cantata in cinese mandarino. A Taiwan si sono in seguito diffuse correnti musicali cantate anche in altre varietà del cinese, in particolare l’hokkien, ma all’epoca il Kuomintang vietava qualsiasi lingua non fosse il mandarino, per ragioni di identità culturale. Il divieto non interessava comunque Sanmao, che era originaria di una zona della Cina in cui si parlava effettivamente mandarino.

 

[nota 2] Si è scelto di tradurre il verso “天地玄黃” come “scena primordiale”, per renderlo aderente al resto del testo, ma si tratta in realtà di un’espressione tratta dal “Libro dei mutamenti” (testo classico cinese risalente al decimo secolo avanti Cristo), in cui viene indicato un mondo con la terra gialla e il cielo nero: si tratterebbe della forma primordiale che il mondo aveva prima di assumere le sembianze a noi conosciute.

01/01/2023

Tracklist

Tracce 1, 2, 9, 11: Chyi Yu & Michelle Pan
Tracce 3, 6, 7, 8: Chyi Yu
Tracce 4, 5, 10: Michelle Pan

  1. 軌外 / Gui wai
  2. 謎 / Mi
  3. 七點鐘 (今生) / Qi dian zhong (Jin sheng)
  4. 飛 / Fei
  5. 暁夢蝴蝶 / Xiao meng hu die
  6. 沙漠 / Sha mo
  7. 今世 / Jin shi
  8. 孀 / Shuang
  9. 説給自己聽 / Shuo ji zi ji ting
  10. 遠方 / Yuan fang
  11. 夢田 / Meng tian