Chiamatelo come volete, voodoobilly o psychobilly, ma la sostanza di quello che inventarono i Cramps sul finire degli anni 70 con la pubblicazione di questo "Songs The Lord Taught Us", loro album di debutto prodotto da Alex Chilton dei Big Star, non cambia: retaggi e dettami del rockabilly anni 50 ed echi surf e garage dei Sixties, filtrati attraverso la brutalità e la creatività della rivoluzione punk e new wave che loro stessi stavano vivendo.
Band atipica, i Cramps. Come i Doors, riuscivano a fare a meno del basso, ma a differenza del gruppo di Jim Morrison erano tecnicamente deplorevoli, difettando di un tastierista geniale come Ray Manzarek che facesse da collante tra la batteria e le chitarre. Questo spiega perché le canzoni dei Cramps sono primitivi riti suburbani, postmoderne danze di iniziazione, inni dell’alienazione metropolitana.
Ma i Cramps sembrano non prendersi mai sul serio. Il loro peculiare gusto per lo sberleffo e per la parodia li rende anni luce distanti dal teatro della crudeltà messo in scena da gruppi come Virgin Prunes o Christian Death. I Cramps non hanno alcuna velleità intellettuale, filosofica o artistica: non recitano la parte di quelli gretti e rozzi che si dipingono tali per protesta contro la società capitalista. I Cramps davvero non sanno suonare.
La loro assoluta estraneità a ogni riferimento avanguardista si evince anche dai due elementi che sono alla base della loro poetica: il rock 'n' roll dei bianchi e i film horror di serie B. La loro New York è una città fantasma popolata da alieni, rifiuti umani, mattoidi, psicopatici, drogati, zombie, licantropi e vampiri. Cantore sguaiato di questo popolo delle tenebre è il truculento giullare Lux Interior accompagnato da due psicotici chitarristi, l'ex-attrice porno Poison Ivy e il misterioso Brian Gregory, e dal famelico batterista Nick Knox.
E proprio i tamburi primitivi di Knox danno inizio al rito voodoo per dissonanze di "TV Set", con i riff urticanti delle chitarre e il canto invasato e sguaiato di Interior. Si prosegue con una cover spasmodica di "Rock On The Moon" di Jimmy Stewart, e con la spigolosa e randagia "Garbageman".
"I Was A Teenage Werewolf" è uno dei loro capolavori: una sfilata di licantropi, sul palcoscenico dei sobborghi newyorkesi, scandita dal battito animalesco dei tamburi, dalle cadenze orrorifiche delle chitarre e dagli ululati psicotici di Lux Interior. La malia rumorista di "Sunglasses After Dark" è invece un altro vertice dei loro show degenerati.
L’inno alla pazzia di "Mad Daddy", con le grida di Interior da ricovero psichiatrico, e la furia quasi stoogesiana di "Mistery Plane" fanno da apripista alla parossistica "Zombie Dance", il cui titolo dice già tutto: un punk spassoso ed efferato, con effetti a metà strada tra l'horror splatter e la commedia slapstick.
Il disco va ancora avanti attraversando danze nevrotiche e propellenti: il movimento pneumatico di "What's Behind The Mask", la cover solforica di "Strychnine" dei Sonics e lo scherzo goliardico di "I'm Cramped".
Le piste da ballo degli anni 50 continuano a sanguinare in "Tear It Up", mentre "Fever" chiude il disco con la sua atmosfera nebbiosa, sottilmente erotica e finemente noir .
Violenta e ironica, sensuale e macabra, la musica dei Cramps si imprime nell'immaginario dell'ascoltatore come un curioso incrocio tra gli horror di Wes Craven e il famigerato scherzo parodistico del Rocky Horror Picture Show.
07/07/2007