Mai stata un vero e proprio genere, la psichedelia si è imposta, fin dai suoi primi esordi (diciamo intorno alla metà degli anni Sessanta), come un vero e proprio modus operandi per scandagliare, attraverso il medium musicale, i recessi più profondi della psiche umana. Da allora, la sua eco si è fatta sentire un po' dovunque, finanche lì dove uno non s'aspetterebbe di trovarla (pensate, per dire, alle varianti più estreme del metal!). Nel solco dei gloriosi capostipiti di un sound che, stando proprio al suo stesso nome, ha come obiettivo primario quello di "svelare la psiche", l'appassionato di musica rock ha potuto apprezzare, di volta in volta, le performance di onesti artigiani, di stantii emulatori e, vivaddio, anche di grandi, grandissimi innovatori o, comunque, di straordinari e originalissimi interpreti di un sentire che, a suo tempo, cominciò a farsi suono.
In questa sede, faremo un giro nella Buffalo di fine anni Ottanta (siamo nello Stato di New York, uno dei più popolosi della nazione a stelle e strisce), decennio in cui il revival psichedelico ebbe una delle sue stagioni più creative, a cominciare da quel Paisley Underground che, soprattutto nell'area di Los Angeles, volle far tornare indietro le lancette dell'orologio, ma con personalità, perché, come dimenticarlo?, il punk non era certamente passato invano nella mente e nel cuore dei rocker e, dunque, non di mera imitazione si trattò, ma di emulazione creativa. Buffalo, però, è lontana, lontanissima dalla Città degli Angeli: siamo, infatti, sulla costa opposta, quella orientale, a oltre quattromila chilometri di distanza. Ebbene, nella locale università, per la precisione nel Department of Media Study, sin dal 1976 insegnava quel Tony Conrad che, armato di violino, aveva contribuito alla nascita del minimalismo suonando drone-music nel Theater of Eternal Music (aka Dream Syndicate) di LaMonte Young (dove condivise spazi, sia fisici che mentali, con un certo John Cale), ma che nutriva una profonda passione anche per il cinema sperimentale, il che lo portò a ideare i cosiddetti "flicker film", insomma pellicole "sfarfallanti" che assomigliano a una luce stroboscopica, proprio come quelle che i Velvet Underground proiettarono, spinti dall'intuito di Andy Warhol, durante le loro performance nell'ambito dell'epocale Exploding Plastic Inevitable, in pratica il primo spettacolo multimediale della storia del rock.
L'approccio sperimentale al mezzo cinematografico di Conrad (al pari di quello di Paul Sharits, altro nome forte del "cinema strutturale", il cui motto potrebbe essere riassunto con l'espressione "la forma, più che il contenuto") finì per infettare, proprio nelle aule dell'università di Buffalo, anche l'allora poco più che ventenne Sean Thomas Mackowiak (per gli amici Grasshopper), che pensò bene di tradurre subito la teoria in prassi, cominciando dunque a girare bizzarri cortometraggi, per sonorizzare i quali - lui che si dilettava con la chitarra elettrica - chiamò in causa l'amico, chitarrista e collega di corso (tecniche cinematografiche d'avanguardia, per la precisione) Jonathan Donahue, che lo stesso Grasshopper (lo chiameremo così, d'ora in avanti), dopo aver scoperto che entrambi condividevano le stesse passioni musicali (Velvet Underground, Pink Floyd, Kinks, Psychedelic Furs), stava già da tempo rifornendo di diverso materiale interessante, insomma tutta quella roba di cui Conrad, che avrebbe dovuto teoricamente solo parlare di media e dintorni, continuava a decantare le lodi durante le sue lezioni: John Cage, Edgard Varèse, Erik Satie, Henry Cowell e via di questo passo.
Quando Grasshopper e Donahue coinvolsero nel loro progetto il cantante David Baker e la flautista Suzanne Thorpe, le cose cominciarono a prendere una piega più interessante, perché a quel punto i quattro non suonavano soltanto per creare la musica da far scorrere in sincrono con gli strani film di Grasshopper, ma innanzitutto per il piacere di farlo e così il minutaggio delle loro creazioni prese a dilatarsi, sfiorando, come accadde durante alcune esibizioni in varie gallerie d'arte di Buffalo, anche i venti minuti di quello che, già all'epoca, era un assordante ed emozionante tour de force sonoro. "Finimmo per fare sempre più rumore. Una volta, c'appropriammo di un'unità mobile da dj e, suonandovi attraverso, finimmo per sfondare gli altoparlanti. Insomma, cercavamo di fare più rumore possibile. Tuttavia, amavamo anche le cose più delicate. Pensavamo: 'Non sarebbe bello avere la ruvida, pesante energia dell'hardcore e, nello stesso tempo, provare e far piangere qualcuno?'".
Nel contesto di quello che Suzanne Thorpe definirà come "un'orchestra sperimentale che realizzava colonne sonore dal vivo", la stessa flautista risultava essere una vera e propria eresia perché, con quello strumento dalla voce così esile, dove credeva di andare? Ma la Thorpe, semplicemente, andò dritta per la sua strada: "Ricordo che non mi ponevo nemmeno il problema di cambiare strumento. Se devo suonare in questo particolare paradigma rock, mi dicevo, allora devo mettere a punto un modo per suonare. Non avevo alcun modello di riferimento, e per molti versi si trattava di improvvisazione".
Lì a Buffalo, "l'orchestra sperimentale che realizzava colonne sonore dal vivo" appariva come un vero e proprio ufo, perché quella città della Rust Belt di poco più di trecentomila abitanti, chiusa tra i monti Appalachi settentrionali e i Grandi Laghi, e che un tempo aveva avuto una fiorente industria pesante, prima di essersi parzialmente spopolata a causa della crisi indotta dalla delocalizzazione, Buffalo, insomma, scontava un senso profondo di isolamento, che naturalmente ebbe un forte impatto soprattutto sui suoi abitanti più sensibili, come Grasshopper & soci, per i quali, a peggiorare le cose, c'era anche l'assenza di una scena locale degna di questo nome e di radio universitarie, oltre che l'impossibilità di sintonizzarsi, in orario notturno, sulle stazioni Fm, che solitamente trasmettevano la musica più interessante.
Quelli che sarebbero poi passati alla storia con il nome di Mercury Rev, debuttando con il capolavoro "Yerself Is Steam", furono insomma il risultato di un processo di sedimentazione di istanze cinematografiche, tensioni oltranziste (il rumore come un mezzo per liberare le tensioni più profonde dell'anima, come a suo tempo avevano insegnato i Red Crayola), vertigini artistoidi e inaspettate fioriture melodiche, il tutto tradotto in un delirante e ultraterreno magma sonoro in cui melodia e caos si inseguono e si oltrepassano, a ricordare che la psichedelia è una torcia per addentrarsi nella tenebra luminosa della nostra interiorità, lì dove nulla è chiaramente distinto, ma tutto scorre in un infinito gioco di specchi.
Nel frattempo, Donahue era entrato in contatto con i Flaming Lips, prima come roadie e, quindi, come secondo chitarrista. Con la band di Wayne Coyne registrerà nel 1989 "In A Priest Driven Ambulance", prodotto dall'ingegnere del suono Dave Fridmann, che proprio Donahue aveva messo in contatto con i Lips e che, forse per ripagare del favore il suo amico di Buffalo, si offrì di registrare la musica dei Mercury Rev, facendo rientrare il tutto nel percorso della sua tesi di laurea e garantendo loro la possibilità di usare lo studio di registrazione senza sborsare un dollaro, purché vi si presentassero quando in giro non c'era nessuno.
Alla fine, gran parte di "Yerself Is Steam" venne registrata in uno studio della State University di New York a Fredonia, tra la mezzanotte e le otto del mattino, e anche questo spiega perché sul disco aleggi un'atmosfera onirica, sospesa. Ci vollero circa tre anni, però, per completare il tutto, perché, nonostante la bontà di Fridman, la band non sempre riusciva a presentarsi in studio in quell'arco orario, ma a più riprese fu costretta a mettere mano al portafoglio per pagarsi le ore di registrazione, solo che i soldi erano pochi e, allora, quando c'erano, si correva a fare un'oretta di registrazioni, quando non c'erano, nisba.
Fridman, che doveva solo occuparsi della produzione, alla fine venne coinvolto nel progetto in qualità di bassista. Quanto al resto, in studio regnava spesso l'anarchia. Grasshopper se lo ricorda bene: "Finivamo spesso per scambiarci gli strumenti. Io suonavo la batteria, Jimy (Chambers, il batterista, ndr) o Suzanne il basso. (...) Avevamo adottato l'approccio di Brian Eno, secondo cui lo studio è uno strumento vero e proprio da utilizzare per creare le nostre canzoni”. Quello che ne venne fuori, assomiglia, joycianamente parlando, a un "flusso di coscienza", per riprendere la defizione usata da Donahue, che ha sempre sostenuto che la sua efficacia sia innanzittutto merito della performance vocale di Baker, uno che possiede "una voce senza tempo e non opera nello stesso continuum spazio-temporale in cui operiamo io e voi", uno che "non è un cantante, non è cresciuto con i vocalizzi e non ha suonato in nessuna cover band", uno la cui "ultraterreneità" ha lasciato un segno indelebile su "Yerself Is Steam".
Il "flusso di coscienza" inciso da quella prima, instabile formazione dei Mercury Rev (cui alla fine si aggiunse il batterista Jimy Chambers) deve molto anche al metodo tutt'altro che ortodosso attraverso cui Donahue cercò di indottrinare i suoi sodali circa la struttura e la temperatura emotiva di traccei che non erano vere e proprie canzoni, ma tessiture sonore, forse sogni ad occhi aperti. Composte per lo più sulla base di due accordi - Mi e La -, le non-canzoni di "Yerself Is Steam" vennero discusse, improvvisate, provate e registrate sulla base di "grandi diagrammi alla Stockhausen", così come avrebbe potuto per l'appunto realizzarli un compositore d'avanguardia e perciò molto simili a immagini di nubifragi, oppure a dei calderoni giganteschi e in piena ebollizione. "Era l'unico modo che conoscevo per creare l'arco di una canzone di undici minuti".
Come se non bastasse, durante il missaggio del disco, tutti i sei membri della band si posizionarono dietro il mixer, ognuno pensando che "il proprio fader fosse quello giusto", per cui, continua Donahue, "quando un assolo di chitarra salta fuori dal mix o la voce di David diventa improvvisamente udibile, significa che, all'epoca, qualcuno prese l'iniziativa". Insomma, "gran parte del disco fu in realtà mixato di default".
Tra alti e bassi, insomma, tra picchi sonori e inabissamenti nell'ineffabile, "Yerself Is Steam" (titolo che nacque come poetico mondegreen dell'espressione "your self-esteem") giunse in porto, inciso su pellicola magnetica da 35mm, perché così volle Grasshopper, il quale, da appassionato di cinema sperimentale, sosteneva che così facendo si riesce a rendere il suono più caldo. Alla Mint Films, la sussidiaria della londinese Jungle Records che si era offerta di pubblicare il disco dopo che diverse etichette americane, tra cui la Sst e la Homestead, avevano scartato quell'ipotesi, nulla ebbero da ridire e così l'album giunse nei negozi di dischi il 14 maggio del 1991, accompagnato da un'evocativa copertina realizzata da Jon Mooneyham, un amico di vecchia data dei Flaming Lips.
La prima parte del disco, intitolata "Rocket", inizia con "Chasing A Bee" (che potrebbe giocarsela alla grande in un ipotetico campionato delle migliori opening-track di sempre), un brano in cui la doppia anima di "Yerself Is Steam" emerge in modo prepotente, lasciando l'ascoltatore in uno stato di mistico disfacimento. Quello che dapprima è un folk dai toni pastorali viene, infatti, squarciato da un'impennata lisergica in cui le chitarre sembrano voler a tutti i costi raggiungere la volta del cielo, mentre David Baker barcolla intorno alla sua stessa voce, in pratica costruendo con le sue immagini una zona di confine tra la realtà esterna e la propria interiorità, ricordandoci che le sue "parole primitive" corrispondono al suo "cuore primitivo", e tutto questo mentre si tiene aggrappato alla zampetta di un'ape, che svolazza dentro l'estasi del sole, per ricordarci che noi stessi siamo vapore ("Remember that yerself is steam"). La carica poetica di questa prima sezione del brano è innegabile e sarà rinsaldata dal videoclip omonimo, diretto da Jim Spring e Jens Jurgensen e girato in un ormai abbandonato ospedale per malattie infettive a North Brother Island, nei pressi di New York (fu lì che venne ricoverata, all'inizio del Novecento, Mary Mallon, conosciuta come "Typhoid Mary", responsabile, così narrano le cronache del tempo, di aver contagiato moltissime persone con la febbre tifoide). Il senso che si ricava dall'ascolto di "Chasing A Bee" è che uomo e natura sono essenzialmente la stessa cosa. L'"essere vapore" del primo corrisponde alla sua essenza spirituale, al suo appartenere a quel soffio primigenio che è "physis".
Il momento clou di "Chasing A Bee" viene raggiunto poco dopo i tre minuti, quando le chitarre divampano in elettrico furore, trascinandosi dietro il proprio angosciato stupore, ed è proprio come ritrovarsi a inseguire "un'ape dentro un barattolo", un'immagine che trasmette l'idea di un andare alla deriva che è, in fondo, un restare eternamente dentro se stessi. Nello splendore di questi dissidi emotivi, il flauto della Thorpe, col suo delicato riff discendente di quattro note, appare come l'unico scoglio cui potersi aggrappare, l'ultima scintilla di coscienza assediata dalle orde minacciose della notte dell'anima.
Manifesto della loro arte psichedelica, "Chasing A Bee" è un capolavoro di tessitura sonora in cui apollineo e dionisiaco si rincorrono senza sosta, scontrandosi e dissolvendosi l'uno nell'altro. Nel suo affidarsi alla potenza liberatoria del rumore, la band mostra inoltre di aver assorbito e digerito a fondo la lezione di maestri che vanno dai Red Crayola della "Parable Land" fino ai My Bloody Valentine più oltranzisti (penso soprattutto alla versione live di "You Made Me Realise", devastata dalla cosiddetta "Holocaust Section"), passando attraverso i fondamentali Sonic Youth, soprattutto quelli di "I Love Her All The Time" o di "Expressway To Yr. Skull".
Bombed out lovers, gallant red flocksPropulso da un riff garage-punk che sembra essere stato registrato in una galleria del vento, "Syringe Mouth" costituisce uno dei momenti relativamente più lineari del disco, nonostante i suoi meandri siano invasi da distorsioni, feedback e frammenti vocali rallentati, stratificati o alterati secondo i dettami della gloriosa tradizione acid-rock, la cui eco torna a farsi sentire anche nel testo, in cui siamo evidentemente ancora alle prese con i rigurgiti di un trip allucinogeno: l'uomo-ape giunge "gocciolante" e "scintillante dall'alveare", ma è "alto la metà e due volte più luminoso". Lo si può vedere "bruciare da entrambi i lati" e ci sono "colori falsi" nei suoi occhi. La sua anima è "oscena", ma ciò non comporta alcun problema perché, quando la sua "bocca a forma di siringa è spalancata", finisce per impazzire e così è possibile sprofondare nella sua bocca.
Of mellow seducers find eager seekers
Deep deef down, beautiful lines
From above and we're all a-glow
Raise her head and things get warm
Hold on to it's leg before it flies away
Sunlit walks, I feel no harm
My primitive words match my primitive heart
It's not as easy as it may seem
Remember that yourself is steam
And of course it don't mind chasing a bee inside a jar
And of course it don't mind chasing a bee inside a jar
I've seen you eat awayPreceduti dal breve interludio sballato di "Continuous Trucks And Thunder Under A Mother's Smile", gli oltre tredici minuti di "Very Sleepy Rivers" sono tematicamente incentrati sulla figura di un uomo di Buffalo, che tutti conoscevano come un brav'uomo, salvo poi scoprire, a un certo punto, essere in realtà qualcosa di molto simile a un serial-killer. Da un punto di vista musicale, il suggello di "Yerself Is Steam" è una lisergica trenodia attraversata da un'inquietudine ultraterrena e affidata allo scandire sinistro della sezione ritmica, contro cui si stagliano le improvvisazioni estatiche delle chitarre e la voce dis-umana di Baker (accanto al solito David Thomas, si percepiscono adesso anche le tracce dei convulsi deliri del Nick Cave di "From Her To Eternity").
Slow as a glacier makes its way down to the Rhine
I've seen you chisel away
Slow as a glacier makes its way down to the Rhine
And you wonder why I leave so soon
How I get so high sink to the bottom of your room
I've seen you fritter away
Slow as a glacier makes its way down to the Rhine
I've seen you whittle away
Slow as a glacier makes its way down to the spine
And you wonder why I leave so soon
How I get so high sink to the bottom of your room
I wonder why I stay
Slow as a glacier makes its way down to the Rhine
I've seen you eat away
Slow as a glacier makes its way down to the Rhine
I sensed a new scent, so innocent and bentUscito durante uno degli anni più leggendari della storia del rock, "Yerself Is Steam" s'impose fin da subito come uno dei massimi capolavori della psichedelia.
I sense a new scent that's innocent and spent
I feel good, not so good
Very sleepy rivers - a very sleepy place
Very sleepy rivers - a very sleepy place
Milk silver and sulk, fish in warm clear liquid
I feel so wet, I feel kinda misguided
Very sleepy river - a very sleepy place
Very sleepy river - a very sleepy place (kinda thing)
Very sleepy river, very sleepy river (it's just a thing)
Very sleepy river (just a thing) - a very sleepy thing, thing, thing
A very sleepy place - very sleepy (a very sleepy river)
A very sleepy river - a place, a place
A verbal trashing, a verbal trashing
A verbal trashing, a verbal trashing
A verbal trashing, milk silver and sulk
Nothing quivers, a very sleepy river, a river
Burn, burn, burn, (...) space
Words tumble from me, a very sleepy river
Words tumble from me, a very sleepy river
A very sleepy river, a very sleepy place
Stop all that twitching, I'm alright
A twisted thing, a laughing, disregard, disregard
Very sleepy rivers remind me of falling down
Very (...), the water's wet and I want my daddy
17/11/2024