Quando un disco viene celebrato come "pietra miliare del rock" l'associazione che sovviene più frequentemente è quella con concetti quali l'importanza storica, l'originalità, la seminalità (quel termine che sembra una parolaccia ma che in realtà nel gergo del giornalismo musicale indica il livello di influenza che un dato disco ha avuto sulle opere coeve e future). A volte, però, si può parlare di pietra miliare anche nel caso in cui il disco in questione non rispetti per forza tutti e tre i suddetti parametri. Forse è questo il caso di "Vivadixiesubmarinetransmissionplot", impronunciabile opera prima degli Sparklehorse, moniker dietro il quale si nasconde in realtà un'unica identità: quella di Mark Linkous. Si fa fatica, infatti, ad affermare che questo disco occupi un posto determinante nella storia del rock e probabilmente non si tratta nemmeno di un disco che ha avuto grande influenza su altri musicisti. Di contro si parla senz'altro di un disco originale che, nella sua schizofrenia stilistica, centrifuga in modo del tutto personale abbagli di country-rock intimista alla Neil Young, saggi di power-pop adrenalinico alla Big Star e scampoli di folk psichedelico come i Byrds comandano. Il livello di scrittura è vertiginoso e gli arrangiamenti, per quanto in fase di produzione strizzino l'occhio all'estetica lo-fi, sono sempre molto accurati. Tutto, infine, è pervaso dallo spirito del tempo, quello degli anni Novanta: lo spirito "depresso" e malinconico di Smog e dei Red House Painters, quello vitale e arrabbiato che fece esplodere il grunge o ancora quello melodico e poetico che dal 1993 al 1995 proiettò nell'Olimpo del rock gli Smashing Pumpkins.
Bene. Ora dimenticate l'introduzione noiosa e didascalica che avete appena letto perché mai come in questo caso non ha senso stare lì ad analizzare, a contestualizzare, a fare inutili speculazioni intellettuali sulla presunta importanza storica del primo album degli Sparklehorse o, peggio ancora, fare la conta di tutte le band che avrebbero subito la sua influenza. Discorsi del genere per un lavoro carico di passione come "Vivadixiesubmarinetransmissionplot" vanno tranquillamente a farsi benedire. Cosa si può dire di fronte alla malinconia di "Cow", che si insinua sotto la pelle con un banjotrotterellante e le chitarre a fendere l'anima? Niente; non si può dire un bel niente perché l'intensità del brano parla da sola e pazienza se qualcuno rimarrà indifferente all'ascolto di una canzone che sembra un bluegrass surrealista per ricercatori erranti di se stessi: non si può certo pretendere che tutti abbiano la stessa sensibilità; i gusti sono gusti e c'è poco da recriminare se perfino "Blonde On Blonde" e "Revolver" hanno i loro detrattori. Certo, però, che bisogna avere delle stalattiti al posto del cuore per non commuoversi dinnanzi a "Homecoming Queen", una favola romantica e disperata, cantata alla stregua di un sussurro, che narra di un re abbandonato dalla sua regina, disposto a cedere il suo regno per un cavallo che lo riconduca dall'amata. Quel re potrebbe essere chiunque si sia sentito, almeno una volta nella vita, spodestato del proprio amore.
E come si può resistere alla scarica di energia del power-pop di "Rainmaker"? Opporre resistenza è inutile: la sua melodia solare trascina via ogni amarezza e funge da contraltare quasi adolescenziale alla mesta ballata di "Weird Sisters", doppiata a sua volta dagli spiritati arpeggi di chitarra che elevano "Spirit Ditch" a confessione metafisica. Il canzoniere di Linkous però è tanto ispirato quanto volubile dal punto di vista umorale; così subito dopo questo momento di introspezione, le chitarre tornano alla carica in tutta la loro potenza noise con "Tears On Fresh Fruit". Prima del capolavoro "Cow" c'è un'altra ballata da groppo alla gola: è "Saturday" e sembra di star lì a guardare dalla finestra la pioggia che cade, mentre le chitarre inebriano l'atmosfera delle loro armonie agrodolci. La pioggia continua a cedere in "Hammering The Cramps", con la differenza che stavolta non sono gocce d'acqua ma cascate di feedback e riverberi che accompagnano il battito impetuoso del ritmo e il crescendo della melodia.
"Most Beautiful Widow In Town" è poesia acustica che accarezza, consola e lascia un senso di vuoto dopo il suo passaggio. Vuoto che si dilata nelle piaghe di "Heart Of Darknes", scorticata da una chitarra pedal steel in lacrime; vuoto che poi si riempie di vita con le scorribande elettriche di "Someday I Will Treat You Good". L'universo di Mr. Sparklehorse è questo: un minuto prima si piange di solitudine, l'attimo dopo si reclama, con una liberazione di adrenalina che è quasi brama di gioia, il proprio diritto di esistere. Già, perché il mondo è triste e bello al contempo, e allora non resta che il conforto di "Sad & Beautiful World".
Purtroppo, però, a volte il mondo di bello ha ben poco da offrire e subito dopo la pubblicazione di "Vivadixiesubmarinetransmissionplot", durante il tour europeo che vede gli Sparklehorse al fianco nientemeno che dei Radiohead, Linkous viene steso da una miscela di eroina, antidepressivi e alcol. Ne uscirà vivo, ma solo temporaneamente. Qualche anno dopo, nel 2001, forse per ringraziare il cielo di averla scampata, canterà "It's A Wonderful Life" con il piglio remissivo di chi non crede veramente in quel che dice. Evidentemente, a dispetto di quella splendida canzone, quella di Linkous non era affatto una vita meravigliosa e lo si è capito definitivamente il 7 marzo del 2010, quando, attanagliato dalla depressione, Mr. Sparklehorse ha deciso di farla finita con un colpo di pistola diretto al cuore. Quel cuore che aveva messo a nudo nelle sue canzoni, quel cuore che purtroppo non ha retto più il peso della sua vita ma che ha saputo rendere più belle e più significative altre, di vite.
Quando un disco riesce a comunicare sentimenti comuni in modo così naturale, semplice e diretto, e senza alcuna velleità intellettuale, allora vuol dire che è davvero un'opera universale. Tanto basti a renderlo un lavoro "miliare".
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03/04/2011