Manu Chao

Manu Chao

Ritratto di un clandestino

Con "Clandestino" - oltre quattro milioni di copie vendute - ha conquistato il pubblico di tutto il mondo, assurgendo a simbolo della battaglia no global. Ma in realtà, dietro la retorica e le facili etichette, il personaggio Manu Chao si rivela più complesso e sfaccettato. In costante bilico tra le tentazioni propagandistiche e una sensibilità intimista, che scava nella realtà quotidiana con animo dolente e disincantato

di Claudio Fabretti

E' stato la voce dei Mano Negra, il gruppo francese di ispirazione anarchica che lanciò il rock latino, in bilico tra punk stile Clash e ritmi sudamericani. E con "Clandestino" - oltre quattro milioni di copie vendute - ha conquistato il pubblico di tutto il mondo. Un successo a metà tra il musicale e il politico, visto che Manu Chao è diventato anche una delle icone dei giovani dei centri sociali e del "popolo di Seattle". Un ruolo che sta cominciando a pesargli addosso: centomila persone sono accorse per ascoltarlo nello Zocalo, la più grande piazza dell'America Latina, la stessa nella quale il subcomandante Marcos ha terminato la sua marcia. Una folla di peruviani, boliviani, ecuadoriani, messicani lo acclama come "il Bob Dylan latinoamericano", come una sorta di guru delle loro rivendicazioni sociali.

Ma il quarantenne Manu Chao si schermisce: "Sono solo un musicista, voglio divertirmi". E tenta di bissare il colpo con il suo nuovo album: Proxima Estacion: Esperanza. E' un album che - diciamolo francamente - non aggiunge pressoché nulla al fortunatissimo "Clandestino". Un fratello gemello, anzi, "una sorella", come lo ha definito lo stesso Manu Chao, che lo ritiene più "femminile" del precedente. Diciassette canzoni che ripercorrono i capisaldi del suo repertorio, fatto di ritmi latini, digressioni pop e contaminazioni linguistiche. Tra le tracce, infatti, ce ne sono nove in spagnolo, due in inglese, una in francese, una in arabo ("Denia") e due in "portognolo", ovvero quel curioso ibrido di confine tra portoghese e spagnolo che Chao dice di sentire come la sua vera lingua. Più un brano in tutte le lingue insieme. Una vera Babele, insomma, che nasconde però una monotonia di fondo. C'è il singolo dal motivetto accattivante ma dal respiro corto ("Me gustas tu"), c'è un omaggio a Bob Marley("Mr.Bobby"), e ritorna il motivo di "Bingo Bong" (uno dei pezzi forti di "Clandestino") con la voce di una rapper brasiliana che canta degli uomini ("Homens"). Una formula di successo, d'accordo, ma quanto potrà durare?

"Non avrei mai immaginato di poter fare un altro disco - ha ammesso candidamente lo stesso Manu Chao - Con i soldi che ho guadagnato in questi anni, potrei vivere viaggiando fino alla fine dei miei giorni".

Ma questo cantore dell'antagonismo in salsa latinoamericana è ancora convinto di potersi rinnovare: "Se sono tornato in studio vuol dire che avevo ancora delle cose da dire", ha precisato. D'altronde Manu Chao porta nella sua valigia un'infinità di influenze musicali. "Sono un campionatore umano - dice -. Assorbo tutto senza rendermene conto e poi tiro fuori le sonorità più diverse. Non so più dire da dove vengano di preciso, se dal Brasile, dal Venezuela o dal Senegal".

Nato a Parigi il 21 giungo del 1961, da un padre originario della Galizia e da una madre di Bilbao, l'incontenibile Oscar Tramor, alias Manu Chao, ha guidato la band fra il 1987 e il 1994, in simmetria con i rivali Negresses Vertes. Si chiamavano Mano Negra per una sorta di rivalutazione in senso romantico della prima mafia sudamericana. Quella formazione si è sciolta "per esaurimento delle motivazioni originarie" - e, con lei, anche quella concezione musicale battezzata "patchanka", ardimentoso mélange di suoni da ogni parte del mondo. Ma Chao non è rimasto fermo, e ha stupito tutti con la sua prima prova da solista.
Se i Mano Negra (supporter preferiti di Iggy Pop) puntavano su un rock sovversivo, "encabronado", come lo definisce Manu Chao, nell'album d'esordio del loro leader, Clandestino (1998), prevalgono i ritmi messicani, brasiliani o afrocubani. Sono sedici canzoni (dodici in spagnolo, una in inglese, una in portoghese e due in francese), che raccontano tutti i suoi vagabondaggi in musica. Le atmosfere si ammorbidiscono, come nella malinconica "Desaparecido", o nella struggente "Je ne t'aime plus". Tutto è molto fresco, immediato. Il tema del viaggio ricorre spesso, con particolare attenzione alle frontiere, come Gibilterra, tra Spagna e Maghreb, e Tijuana, il sogno americano di chi fugge dal Messico. "I miei percorsi - racconta Manu Chao - non sono mai nervosi. Niente tournée toccata e fuga, ma il tempo di conoscere la gente del luogo, le chiacchiere nei bar, la musica".

E la successiva avventura di Manu Chao porta il nome di una band nuova di zecca, Radio Bemba, della quale dice testualmente: "E' un collettivo a geometria assolutamente variabile, visto che spazia da una persona sola - il sottoscritto - a trenta o quaranta musicisti di ogni genere e tipo, a seconda delle esigenze e delle ispirazioni del momento". Proprio con un settetto estrapolato dai Radio Bemba, Manu Chao ha partecipato a "Francamente me ne infischio", il programma di Adriano Celentano. E di quell'esperienza ora dice: "Io non vado mai in tivù, perché la televisione è un'enorme macchina di menzogne: è il background ideale di quanto affermo nella mia canzone "Mentira". Se dunque, per una volta, ho fatto uno strappo alla regola, è perché lì era presente il leggendario Compay Segundo, che per me è l'artista più importante del mondo. E sono felicissimo che ora cominci a godersi il trionfo che da sempre si merita grazie alla diffusione di 'Buena Vista Social Club': un disco molto onesto, molto bello emolto passionale. Che ha saputo riportare Cuba nel cuore di tutte le genti". E se gli si domanda dove si trova, per esempio, il cuore dell'Italia, lui, ridendo, risponde: "nella mozzarella di bufala". E poi, ritornando alla musica: "In Renato Carosone, che era un genio assoluto. Mi piace tutto di lui: le parole, la musica, gli arrangiamenti, l'ironia sottilissima. Insomma, sono convinto che Carosone sia una medicina eccellente contro la depressione. E' stato un grandissimo artista".

Spirito onnivoro, capace di saltare dal punk al flamenco, dal "son" cubano alla "tammurriata" partenopea, Chao non può rimanere ancorato a lungo in un luogo specifico. Manu, infatti, ha trasportato da qualche tempo la sua base a Barcellona, "perché dopo trent'anni di vita a Parigi, città stimolante ma dal cuore freddo, avevo una gran voglia di sole e di caldo". Ma anche lì è quanto mai difficile trovarlo, e lui non ci mette molto a spiegare il perché."I Mano Negra erano nati perché volevo un gruppo dove poter suonare tutto ciò che mi passava per la testa, e soprattutto soddisfare la mia voglia sfrenata di movimento continuo". "E anche adesso che mi avvicino ai quaranta, questa voglia è sempre presente in me. Infatti non riesco a stare fermo in una città per più di quindici giorni, ma, al tempo stesso, non sopporto i tour canonici, quelli di una sera e via, avanti verso la prossima meta. Perché io ho amici in ogni parte del mondo, e quando capito dalle loro parti ho voglia di salutarli, di stare un po' di tempo con loro, di fare musica insieme a loro. Per questo ho creato Radio Bemba: è la risposta che cercavo a questo tipo di esigenze".

La sua ricetta è chiara: musica meticcia, suonata con strumentisti di ogni razza e colore in ogni angolo del mondo, dal Cile al Senegal, da Cuba all'Italia nostra. Africa e Sudamerica, comunque, sono le sue mete preferite: "Lì il mondo è veramente mischiato come in un gigantesco laboratorio umano. Sembrano in ritardo su tutto, e invece sono avanti di centinaia di anni". Tra le sue attività, anche un progetto avveniristico, nato a Londra da una ricerca a fianco dei cyber-tecnologici Prodigy: "Voglio trasformare la techno da fredda, ipnotica musica da discoteca a ritmo di strada, con i tamburi, tra la gente". Un nuovo vagabondaggio tra le note per questo "campionatore umano" in perenne migrazione.

Radio Bemba Sound System è un live del 2002 che segna il distacco dalla Virgin.

Due anni dopo, il ritorno in studio di registrazione per Sibérie M’Etait Contée, progetto piuttosto ricco e ambizioso, dove a farla da padrone è un'aria popolare catturata tra i vicoli e le bancarelle della metropoli parigina. Uscita in forma di libro con cd allegato, l'opera è impreziosita dagli "schizzi" dell'illustratore polacco Wozniak. 
Il disco, cantato interamente in francese, spazia dal disincanto polemico di "La Valse à Sale Temps" alla desolazione di "Helno est mort", passando per l'ode amorosa di "Je suis fou de toi" e il gelo sentimentale di "Sibérie".
La fisarmonica di Thierry Bartalucci, la tromba e il trombone di Roy Paci imbastiscono suggestivi quadretti di una Parigi spaesata e spiazzante, dove cova l'amarezza e la solitudine, sublimate nella ballata dolente di "Dans mon jardin". E non mancano sprazzi di mazurca ("Madame Banquise"), mambo ("Les rues de l'hivers") ed esotismo tropicale ("Sibérie fleuve amour").
Sibérie M’Etait Contée mostra un Manu Chao diverso, non più ostaggio della retorica no-global, ma amaro indagatore della vita quotidiana nei meandri della metropoli.

Con La Radiolina (2007), tuttavia, riemergono antichi vizi: monotonia, cocktail troppo facili e stucchevoli, testi velleitari. Così, nonostante Manu Chao si impegni ad amalgamare una vasta congerie di lingue (spagnolo, francese, italiano) e stili (rumba, rock, pop, ska) la noia s'impadronisce ben presto dell'ascoltatore, sopraffatto anche dalla logorrea del Nostro. Ventuno brani sono decisamente troppi per il Tramor attuale, che pretende di stiracchiare all'infinito lo stesso copione. Si salvano il vivace singolo "Rainin paradize", con tanto di video girato da Emir Kusturica, la contrita "Tristezza Maleza" e l'ode a Maradona di "La Vida Tombola". Ma l'impressione è che ormai si stia davvero raschiando il fondo del barile.

Manu Chao

Discografia

Clandestino (Virgin, 1998)

7,5

Proxima Estacion: Esperanza (Virgin, 2001)

4

Radio Bemba Sound System (Radio Bemba, live, 2002)
Sibérie M’Etait Contée (Radio Bemba, 2004)

6,5

La Radiolina (Virgin, 2007)

4

Pietra miliare
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