Noir Désir

Noir Désir

Il desiderio oscuro del rock

Parole e musica della band che ha marchiato indelebilmente il rock francese. E non solo. Una storia segnata - nel bene e nel male - dalle gesta di Bertrand Cantat

di Alessio Belli

Il percorso musicale dei Noir Désir è tra i più belli e significativi degli ultimi decenni. Esordi new wave, slanci hardcore, rivoluzioni e derive etniche nella maturità; poesia e ferrose chitarre, amore e rabbia, scelte anticommerciali e militanti, lontananza dalle mode e costante messa in discussione: così hanno impresso il loro nome negli annali del rock, lasciando uno stuolo di discepoli, una massiccia schiera di fan e un'eredità di dischi memorabili. Carriera chiusa al picco artistico e commerciale a seguito di una tragica notte datata 26 luglio 2003. Ma partiamo dal principio, dai banchi d'una scuola.

Prima Parte: J'ai mis l'feu à tout ce que j'ai touché

Bordeaux, 1980, liceo cattolico privato Saint Genès. Secondo anno di superiori: tra i banchi dell'istituto si incontrano Serge Teyssot-Gay e Bertrand Cantat. Chiacchierano di calcio (non è ancora il Bordeaux di un certo Zinédine Zidane) e sognano di diventare rockstar. Reclutano Denis "Nini" Barthe per creare la base del gruppo: Nini è alquanto convincente poiché diventa il batterista senza aver mai preso una bacchetta in mano, mentre Teyssot-Gay - folgorato a nove anni dai suoni del chitarrista jazz Django Reinhardt - segue puntualmente le sue lezioni.
Cantat non sa suonare nulla se non l'armonica: diventa cantante e autore dei testi. E' una stagione magica per i giovani sognatori: il loro miti - Neil Young, The Clash, Bob Marley, AC/DC - passano tutti per Bordeaux. Iniziano le prove: Teyssot-Gay porta Gun Club, MC5, Stooges, la vivissima scena bordolese composta da Stalag, Stilettos, Strychnine, Gamine e Camera Silens. Cantat fonde l'amore per i Clash, Led Zeppelin e Doors alla devozione per Rimbaud e Mallarmé, senza dimenticare la lezione dei padri Ferré e Brel. Un Jim Morrison d'Oltralpe? Il paragone regge: il fascino dannato c'è, il talento è lampante, il carisma idem.
I primi anni sono un continuo cambio di line-up e il nome passa da Psychoz a 6.35. Nel 1982 Serge Teyssot-Gay e il bassista Vincent Leriche abbandonano, rimpiazzati da Frédéric Vidalenc e Luc Robène. Preso in considerazione Station Désir, il gruppo inizia a farsi chiamare Noirs Désirs - ci siamo quasi - e continua a provare con maggior convinzione. Gli spettatori aumentano, la serenità no.
Nel 1983 Cantat lascia per sei mesi, sostituito da Emmanuel Ory-Well (futuro manager del gruppo insieme a Didier Estèbe) e Luc Robène si aggrega ai sopracitati Strychnine. Sospiro di sollievo: un diplomatico e rinsavito Cantat riporta alla base Teyssot-Gay. I primi demo vengono spediti.

Anno 1986: l'uomo della provvidenza è Theo Hakola, produttore e cantante di Passion Fodder e Orchestre Rouge. Placcato da Didier Estèbe, ascolta i demo e va a vedere il gruppo al "Jimmy" di Bordeaux. L'impressione è positiva, tanto che li presenta subito a un manager della Barclays per cui lavora. Dopo un concerto allo Chat Bleu, la major offre un contratto con opzione di rinnovo. C'è la firma, ma non fatevi ingannare: nonostante la facilità d'ingaggio, una delle costanti della carriera dei Noir Désir sarà il porre davanti a tutto la libertà creativa a discapito delle direttive discografiche.

L'esordio dei Noir Désir (ora senza esse) è Où Veux-Tu Qu'Je R'Garde?, registrato a Bruxelles presso gli Studio ICP con Hakola alla produzione. Il gruppo è figlio del contesto inglese post-punk e new wave di inizio anni 80: guarda agli scenari dark dei Joy Division, alle melodie elettro-malinconiche di Echo And The Bunnymen e ai citati nomi del punk. A spiccare però sono i Gun Club: "She Is Like Heroin To Me" è l'archetipo di molti dei primi brani incisi dai quattro. Aperto dagli scricchiolii della title track impregnata di strazi d'amore, male di vivere e ruggiti elettrici, l'album entra nel vivo con la successiva "Toujours Être Ailleurs". La potente "Pyromane" e la forsennata "Rage" s'alternano a "Danse Sur Le Feu Maria" e "Lola", inaugurando la galleria di ritratti femminili maudit che segnerà la carriera compositiva di Cantat.
Viste vendite e risconti live, l'Ep è un piccolo grande successo.
Ovattato nei modelli imperanti dell'epoca (ergo, gli Smiths), Où Veux-Tu Qu'Je R'Garde? ha però delle peculiarità: la definita vena melodica di Serge Teyssot-Gay, i tocchi d'armonica folk-western, il carisma vocale e le liriche elaborate di Cantat. Al primo esame i Noir Désir vengono promossi con riserva, ma si può essere ottimisti per il prossimo passo.

Tra un impegno di lavoro e l'altro - Cantat e Barthe fanno i roadie per i grossi concerti della città - arriva la bella notizia: la Barclay ha esteso il contratto per altri tre album.
Veuillez Rendre L'Âme (À Qui Elle Appartient) esce nel 1989 ed è prodotto da Ian Broudie degli amati Echo & The Bunnymen. Figura molto esigente, spremerà i francesi fino all'ultima goccia.
A spianare la strada ci pensa la celebre "Aux Sombres Héros De L’Amer" (un calembour con "Aux Sombres Héros De La Mer", "Agli Uomini Oscuri Del Mare"). Armonica a sostegno di un solenne ritornello in inglese per un 
instant classic impregnato di esistenzialismo: i Noir Désir quando non spingono sull'acceleratore sanno comporre una ballata d'impatto. Il singolo sfonda la Top 50 francese, eppure la band "vive male" il successo: non rispecchia il vero animo del disco e il testo viene frainteso come semplice vicenda marinaresca (colpa anche del videoclip), quando per Cantat riguarda la vita d'ognuno.
L'esito è una sorte comune a molti brani della storia del rock: "Aux Sombres Héros De L’Amer" non verrà mai suonata dal vivo e sarà rinnegata dagli autori. Ma in Veuillez Rendre L'
Âme (À Qui Elle Appartient) c'è anche "A L'Arrière Des Taxis", tutta batteria, Majakowski e Moleskine, con un Cantat inarrestabile e un assolo tra i più potenti mai sferrati da Teyssot-Gay. Altrettanto sfrenate "What I Need" - uno dei quattro pezzi in inglese probabilmente "suggeriti" dalla Barclays per aumentare la vendibilità - impreziosita dal bel passaggio di violino finale, e la successiva "Apprends À Dormir".
Spezzano il genuino mood folk-rock, scorci lenti e torvi come "Le Fleuve" e "Sweet Mary", in cui il cantante inizia a porsi come interprete vero e proprio. Molto più "a fuoco" del predecessore, Veuillez Rendre L'
Âme (À Qui Elle Appartient) segna la fine della lunga gavetta.
I Noir Désir giocano a fare le rockstar: concerti in Urss su invito dei colleghi Kino, odiate apparizioni televisive, acide battaglie contro il sistema discografico a ritagliare sempre di più il ruolo di ribelli, senza farsi mancare dischi d'oro e lunghe file di sold-out.

Se unire opposti fosse un'arte, i Noir Désir sarebbero Caravaggio. La foga che li contraddistingue sfocia nel 1991 in
Du Ciment Sous Les Plaines. Coprodotto con Phil Delire e Olivier Genty, il secondo atto è grezzo, urgente e arrabbiato. Brano-cardine è "En Route Pour La Joie", pregna di vis polemica contro il presunto progresso della società attuale e di visioni profetiche per la loro carriera e il rapporto con il sempre più numeroso pubblico. Du Ciment Sous Les Plaines è privo della promozione di Barclays e il solito tour di supporto salta a causa di una sincope di Cantat durante un live a Besançon, eppure riceve buoni riscontri e presenta ulteriori aspetti rilevanti. Si palesa definitivamente la connotazione politica: il titolo rovescia in negativo lo slogan del Maggio sessantottino "Sous les pavés, la plage!" e pezzi come "The Holy Economic War" sono dichiarazioni infraintendibili.
Spesso sottovalutato (forse perché non ha lasciato pienamente soddisfatti gli stessi autori), Du Ciment Sous Les Plaines contiene in realtà ottime tracce. "No No No" è un bell'inizio: accordi incisi, un violino al posto giusto e un Cantat in bilico tra romantico e spaccone; c'è "Charlie" e l'indimenticabile sigillo d'armonica; le immagini dannate di "Tu M'donnes Le Mal", un potenziale secondo singolo rimasto nel cassetto.

La carriera dei Noir Désir è sorprendente: più la situazione è prossima al collasso, più il gruppo sembra esaltarsi nel fornire clamorosi colpi di scena. Dopo Du Ciment Sous Les Plaines, i quattro contano danni e ferite: i due manager lasciano, Cantat parte per un giro Cuba-Messico-Guatemala, Serge Teyssot-Gay si isola in montagna, l'appassionato di vela Vidalenc preferisce il mare, mentre Nini pensa a nuovi progetti musicali. Partenze senza data di ritorno: se non è una separazione, quasi.
Passa un anno, Cantat scrive una delle sue lettere e fa tornare tutti per alcune session. Arruolano niente meno che il produttore dei venerati Fugazi, Ted Niceley, abbandonano la rodata Bruxelles per l'Inghilterra, cambiando totalmente i precedenti metodi di incisione. Il risultato? 

Seconda Parte:
A l'attaque!

Altra citazione storica, altro slogan politico: "Todo está aquí", contratto in Tostaky, era uno dei motti dei rivoluzionari messicani di Zapata e viene scelto come titolo del nuovo disco. L'obiettivo è lavorare maggiormente sulla potenza del suono, così la chitarra diventa protagonista e Cantat più diretto. "Here It Comes Slow", in cui si denuncia l'ascesa dell'estrema destra, è l'intro - con tanto di fischio! - più trascinante della produzione Noir Désir. Non è da meno "Ici Paris", uragano di distorsioni, omaggi a Syd Barrett e un Barthe al picco del proprio stile ritmico. "Tostaky (Le Continent)" è il cuore dell'opera e uno dei capisaldi definitivi. Cantat elabora le esperienze dell'ultimo viaggio componendo non solo il riff iniziale al fulmicotone, ma intesse una raffica di istantanee a velocità estrema, immergendo l'ascoltatore nel trip visivamente incisivo e politicamente spietato.
Non mancano, come da tradizione, le donne: ecco il superbo trittico
"Alice", "Marlène" e la Lolita di "Lolita Nie En Bloc"
. Appassionata la prima, evocativa di tempi passati la seconda, regina del disco la terza: tra corde sferragliate, ritmica tesa e uno dei passaggi più lirici del leader:
 

Et puis son doigt décrit dans l'air des étoiles
Ou bien des éclairs elle ignore si superbement
Les sentiments les aléas de l'amour elle s'avance
Vers la fenêtre abandonnée lascive et elle
Couvre le ciel de mille signes
Etranges et inconnus de tous
Un ange passe

"Johny Colère" è la grintosa cover dei Rennes Les Nus: scelta forse di buon auspicio per il verso "Et la victoire caresse l'espoir de nous appartenir"? Dopo i "7 Minutes" di puro noise, "Sober Song" è degna delle pagine più etiliche de "I Fiori Del Male". Altro pezzo significativo è l'ermetico diario di viaggio "One Trip/One Noise", il cui nome tornerà nel 1998.
Definito superficialmente il
disco dei remix, in realtà One Trip/One Noise è molto di più: un progetto che conferma la voglia di mettersi in gioco con scelte distanti dal proprio contesto, coinvolgendo nomi a dir poco di culto nel fornire versioni alternative dei brani del repertorio.
A spiccare tra i gradevoli riassemblamenti, il mood dub della title track ad opera di Treponem Pal, la "Oubliè" trasformata in un opening sinfonico degno di "007" da Rèplicant e la reinterpretazione orchestrale di Yann Tiersen di "À Ton Etoile", in un equilibrio raro di tensione e dolcezza: brividi.
Tornando a Tostaky, l'opera si è imposta subito come pilastro assoluto del rock francese: la corsa senza sosta dei Noir Désir ha finalmente raggiunto il traguardo.

Il tour
è un trionfo e Dies Irae del 1994 ne è la prova tangibile. Doppio cd live - conoscendo la band, un pubblicazione probabilmente imposta dalla Barclays - dove si celebra l'unione fortissima tra i Noir Désir e il pubblico. All'interno troviamo i momenti più amati eseguiti senza particolari stravolgimenti, avvolti dall'ineguagliata energia on stage. Più interessanti le due cover. Se non sorprende la presenza di "I Want You (She So Heavy)" degli amati Beatles - versione tra le più "violente" mai proposte - colpisce la presenza di "Long Time Man" di Tim Rose: nome ricercato, un brano cult per molti artisti (tra cui un certo Nick Cave). Proposto dai francesi sconvolge poiché sinistra prefigurazione d'una futura tragedia.
Dies Irae è la classica
festa live impressa su disco pubblicata per cavalcare l'onda del successo di Tostaky, in cui - fortunatamente - non manca il solito stile "anti": quanti - lo zampino è di Serge Teyssot-Gay - al picco della fama sceglierebbero parole latine evocanti contesti apocalittici e giudizi universali per nominare una propria uscita? E' forse un presagio del futuro dei Noir Désir?

Terza Parte: Le grand incendie


S
e dopo Du Ciment Sous Les Plaines, i Noir Désir erano vicini al tracollo, adesso ci sono dentro. La voce di Cantat è sparita e Serge Teyssot-Gay pubblica il primo disco da solista, Silence Radio. Quasi un lavoro "psicoanalitico", come lo ha definito Cantat, in cui il musicista mostra - qualora ce ne fosse bisogno - il limpido talento, tracciando scarne e avvolgenti composizioni per chitarra e voce. Da recuperare.

Intanto le solite pause-viaggio stanno terminando. Qualche raggio di sole appare, proprio come nella cover del nuovo "666.667 Club" immortalata da Henri-Jean Debon, autore di alcuni video della band. Segnata da un cambio di formazione importante -
Vidalenc lascia sostituito dal tecnico del suono Jean-Paul Roy - l'opera è il lavoro della maturità dei Noir Désir. I meccanismi di composizione e incisione sono rodati abbastanza da permettere ai musicisti di sondare nuove e stimolanti vie creative. Ne è una dimostrazione il titolo stesso: leggenda vuole che all'interno del gruppo ci si sfidasse a chi riusciva a suonare più velocemente il piano e nessuno riusciva a superare la battuta di metronomo 666. Un numero non proprio portafortuna, a cui si è scelto di aggiungere un 7. Ancora co-prodotto insieme a Niceley, 666.667 Club mostra le evoluzioni dell'ultima parte della produzione del gruppo, senza rinnegare l'inguaribile vocazione rock.
Q
ualcosa è cambiato. I fiati dell'omonima "666.667 Club" e l'annesso turbinio free-jazz e movenze etniche sono un inizio inedito e coinvolgente, seguito da una sequenza di brani indimenticabile. In "Fin De Siècle" i Noir Désir sfoggiano la grinta degli esordi e come se non bastasse arriva uno degli inni per eccellenza: "Un Jour En France". Di una attualità disarmante, la canzone prima ci afferra e trascina a colpi di chitarra, poi ci butta in faccia gioie e dolori della Francia (e non solo): Fronte Nazionale al 15%, Charlie Hebdo (che quell'anno raccolse le firme per vietare il partito), passaggio all'euro. La foga si abbassa, non l'intensità: "À Ton Etoile" è l'ennesimo prodigio poetico di Cantat in cui la voce si fonde perfettamente all'assolo-ritornello di Gray.
Su toni soffusi appare "Ernestine", ma non c'è un attimo di sosta: ecco l'irruenza di "Comme Elle Vient" e "Prayer For A Wanker" (titolo spiazzante per un testo ben più profondo). "Les Persiennes" è l'ulteriore momento in cui saggiare i "nuovi" Noir Désir: medesimo intreccio superbo di ritmica e chitarre, liriche simboliche di Cantat (altro calembour: si parla di donne con il velo), impreziosito dal lavoro ai fiati del grande sassofonista Akosh Szelevényi, il cui tocco marchierà indelebilmente molte composizioni della band. Brano molto amato è "L'Homme Presse", in cui Cantat continua a invadere i confini del rap, fornendo un risultato accattivante, come nella più sbarazzina "Lazy".
L'armonica di "A' La Lounge" sfocia in "Septembre, En Attendant", il saluto in musica di Vidalec, mentre "Song For JLP" è la traccia fantasma dedicata a Jeffrey Lee Pierce dei Gun Club. Un tributo doveroso, una dedica a conclusione del disco - al momento - più completo e bello.
A 666.667 Club segue la solita lunghissima fila di concerti trionfali, finalmente privi dei soliti contrasti tra i musicisti, i quali assumono sempre più un ruolo attivo nella politica francese: basti citare l'esibizione a Tolone, dove la giunta è del Fronte Nazionale e l'evento "Viva Zapata", organizzato in solidarietà con gli indiani del Chiapas. Rocker dalla parte dei deboli e dimenticati.

Poi la solita sosta: Cantat si perde in Mongolia, gli altri non si discostano molto da una Francia incapace di trattenere la fama del gruppo. La musica dei Noir Désir ha superato fin da subito i confini: la band è amatissima tra "colleghi e addetti ai lavori" e negli anni si fanno sempre più fitte le collaborazioni, come dimostra la presenza di Cantat nel brano "1, 2 , 3, 1000 Viêt Nam" del nostro Giorgio Canali & Rossofuoco presente in "Che Fine Ha Fatto Lazlotòz" del 1998.

Nel 2000 esce En Route Pour La Joie: ricco box-set di grandi successi e gustose chicche, tra demo, rarità, inediti e cover. Ci sono "Ces Gens-là" di Jacques Brel, gli inediti "Back To You", "Là-bas", "Lullaby" e "Dirty", "Drunken Sailors", eseguita live, e un'ulteriore prova dell'amore per Beatles: "Working Class Hero" di John Lennon, l'immancabile "Helter Skelter" e la "She's So Heavy" conosciuta in Dies Irae.
Un'ottima uscita discografica per lenire i sempre lunghi tempi d'attesa. Ci sono voluti cinque anni per ascoltare il successore di 666.667 Club. Ma ne è valsa la pena.

Nel 2001 esce
Des Visages Des Figures, vertice del cambiamento inaugurato con 666.667 Club, in cui le influenze etniche e le derive avanguardiste si mescolano a un ampliamento di generi e registri. Un lavoro che a parere di chi scrive può rivaleggiare senza problemi con le uscite più celebrate di quell'anno come "Amnesiac" dei Radiohead, gruppo dichiaratamente molto apprezzato dai Noir Désir. La vetta prima della più dolorosa delle cadute.
Prodotto a New York da Nick Sansano dei Sonic Youth, Des Visages Des Figures esce l'11 settembre 2001 e "Le Grand Incendie" sembra composta il giorno stesso. Scenario apocalittico-mediatico alla
"It's The End Of The World (As We Know It)" dei Rem: grandi città in fiamme al collasso, Claudia Schiffer, onde anomale e bunker. Il successo internazionale del disco è "colpa" però di uno dei più insoliti, suggestivi e meravigliosi (anti)tormentoni estivi di sempre: "Le Vent Nous Pourtera". Accompagnata da un'indimenticabile video, dalla chitarra di un certo Manu Chao e da Akosh Szelevényi ai fiati, la canzone possiede una magia rara e oscura, capace di rendere nullo ogni tentativo di interpretazione e spiegazione. In apertura troviamo "L'Enfant Roi": ipnotico e tribale giro di accordi a cui s'intrecciano i sospiri di Michelle Lewis e soffici manti elettronici graffiati dalle distorsioni di Teyssot-Gay. "Des Armes" è la viscerale trasposizione di un testo del caro Léo Ferré, mentre a "Des Visages Des Figures" partecipa Romain Humeau degli "figliocci" Eiffel con un avvolgente arrangiamento.
Nel primo lato del disco c'è un ulteriore capolavoro: "L'Appartement". B
atteria allentata, corde calde e languide, un Cantat lascivo come non mai. Una sorta di "Venus In Furs" del nuovo millennio. "Son Style 1" sono due minuti di fuoco, con "Son Style 2" all'esatto opposto; l'intensa "À L'envers À L'Endroit" e "Lost" portano al successivo momento recitato di "Bouquet De Nerfs", fino all'arrivo del mostro sonoro definitivo: "L'Europe". Scritto insieme all'icona Brigitte Fontaine e prodotto da Szelevényi, il brano è la sintesi in 23 minuti infernali di una sessione di più di tre ore. In un'atmosfera lisergica e deviata, con echi dei Doors di "The End" e fischi industrial, s'innalza la Fontaine declamando inquietanti versi ("Je répète/ Les roses de l’Europe sont le festin de Satan") spezzati dagli sfoghi e le critiche violente di Cantat, in una crescita musicale pari al Maelström di Poe. Bellezza e terrore.
Des Visages Des Figures vende più di un milione e mezzo di copie in giro per il mondo e fa incetta di premi e riconoscimenti ovunque (ad ogni ritiro, solita "frecciatina" verso i poteri forti), senza che la band dimentichi l'impegno sociale e
politico. Poi la favola finisce e inizia la cronaca nera.

Parte Quinta: Tout disparaîtra mais, le vent nous portera

Il 29 marzo 2004 Bertrand Cantat viene condannato dal tribunale lituano a otto anni di reclusione per "
meurtre commis en cas d'intention indirecte indéterminée" (il corrispettivo del nostro omicidio preterintenzionale) di Marie Trintignant (figlia del leggendario attore Jean-Luis), morta la notte tra il 26 e il 27 luglio all'Hotel Domino Plaza di Vilnius, Lituania a seguito dei colpi ricevuti dal cantante e dal mancato repentino soccorso. La portata del caso a livello mediatico è senza precedenti. Tra dibattiti e polemiche la vicenda è tutt'oggi un argomento molto discusso e lontano dall'epilogo. Il 28 settembre 2004 Cantat viene trasferito nella prigione di Muret, vicino a Tolosa.
Nell'ottobre del 2007 esce di prigione in libertà condizionata: un mese dopo firma un contratto con la Barclays per tre album. Finisce di scontare definitivamente tutta la pena il 29 luglio 2011, dopo aver vissuto l'ennesima tragedia: il 10 gennaio 2010 Krisztina Rády – l'ex-moglie sposata nel '97 nonché madre dei due figli Milo e Alice – si suicida impiccandosi nella casa di Bordeaux, mentre Cantat dorme nel loro letto. Dopo la tragica morte, si viene a conoscenza di alcune registrazioni su segreteria telefonica e lettere in cui la Rády confida ai genitori dei problemi del rinato rapporto con Cantat, di alcune percosse e comportamenti paranoici e gelosi. In tutto questo male e dolore, c'è stato però spazio per creare ancora qualcosa.

Il 12 novembre 2008 la Francia si ricorda quanto ama i Noir Désir. Ufficialmente non si sono mai sciolti e nonostante le tragedie e il successivo blocco creativo di Cantat, i tre restanti compagni hanno sempre fatto muro attorno al loro leader (e amico). Sul sito internet appare la possibilità di scaricare gratuitamente due nuovi brani: "Gagnants/Perdants (Bonne Nuit Les Petits)" e "Le Temps Des Cerises". Pezzi frutto di quell'urgenza tipica degli esordi, in reazione e opposizione all'attuale contesto sociale e politico, concepiti e incisi in un batter d'occhio insieme a Estelle e Romain Humeau degli Eiffel nel loro studio di registrazione.
La prima a nascere è la reinterpretazione di "Temps Des Cerises", brano della tradizione popolare francese del 1866 composto da Jean Baptiste Clément e musicato da Antoine Renard. Un simbolo della Comune Parigina e della Settimana di Sangue, poiché l'autore sarà parte attiva degli eventi e dedicherà la composizione a un'infermiera deceduta quei giorni. Nelle mani dei bordolesi il classico diventa una ferrosa scorribanda punk-rock, come se a comporlo nell'800 fossero stati i Sex Pistols.
"Gagnants/Perdants (Bonne Nuit Les Petits)" è la prima composizione inedita di Cantat dai tempi di Des Visages Des Figures. Una ninna-nanna (il sottotitolo fa riferimento a uno spettacolo televisivo per i bambini degli anni 60), con un testo ipercaustico degno di "Un Jour En France".
Alla fine del comunicato di presentazione degli inediti, una frase:
"À part ça, Noir Désir est au travail... " Le indiscrezioni sono forse vere? Il gruppo è al lavoro su un nuovo album? Ma non si scappa dalla propria sorte.

Il 29 novembre del 2010 Serge Teyssot-Gay annuncia la dipartita a causa di "
disaccordi emotivi, umani e musicali con Bertrand Cantat, aggiunti al sentimento d'indecenza che caratterizza la situazione del complesso da diversi anni". 
Il giorno successivo Denis Barthe, parlando a nome dei restanti membri della band, rifiuta il sentimento di indecenza espresso dal collega, ma dichiara pubblicamente lo scioglimento dei Noir Désir. Mesi dopo l'annuncio, Barthe dichiarerà al giornalista Marc Besse che poco prima dell'annuncio del chitarrista c'è stato un evento scatenante: una lite scoppiata durante una cena di lavoro a Bordeaux in cui il comportamento di Cantat è diventato insostenibile.

Epilogo:
Amor Fati

Dopo la notte di Vilnius e lontano dai Noir Désir, Cantat continua a essere molto richiesto e accetta numerose collaborazioni, spesso provenienti da colleghi incontrati sul tragitto: Brigitte Fontaine lo coinvolge in “Les Vergers” (da “L'Un N'Empêche Pas L'Autre”), gli Eiffel lo chiamano nell'album “À Tout Moment” del 2009 e raggiunge poi gli Shaka Ponk per "Palabra Mi Amor." Ad ogni uscita, da una parte polemiche veementi e mobilitazioni contro Cantat, dall'altra l'approvazione della critica e l'abbraccio del pubblico: le partecipazioni live delle collaborazioni sopracitate sono vere e proprie bolge d'euforia.
Nel 2010 Cantat accetta l'invito degli Eiffel a salire sul palco a
Bègles, vicino Bordeaux, offrendo una clamorosa versione di "Serach And Destroy". E' la prima apparizione pubblica dopo i tragici eventi e LesInrock titolerà: "Sur scène avec Eiffel, Bertrand Cantat renaît à la musique". Non è da meno quando la sua chitarra fa partire "Tostaky" al Trianon qualche anno dopo insieme agli amici Shaka Ponk. Nel 2011 appare in "Chœurs" e partecipa allo spettacolo "Le Cycle Des Femmes: Trois Histoires De Sophocle", entrambi del drammaturgo Wajdi Mouawad. Nel 2012 scrive sei brani per "Frique de Folila", disco del mitico duo del Mali Amadou e Mariam e appare nel video di "Oh Amadou". Il preludio di qualcosa di grande.

Nel 2013 esce per Barclays Horizon, primo disco dei Détroit, band formata da Cantat e dal bassista
Pascal Humbert, ex-membro dei Passion Fodder (ricordate il gruppo di Hakola?) e ora attivo in numerosi e validi progetti quali Tanit, 16 Horsepower, Lilium, Wovenhand, con cui il cantante aveva collaborato nello spettacolo teatrale dell'anno prima.
Horizon è un diamante e mostra quanta gente ci sia ancora disposta a farsi condurre dalla voce e dai testi di Cantat. Per quanto non possa nominare e fare riferimenti ai fatti di Vilnius, il disco è il purgatorio dopo l'inferno di cui si è macchiato. “Ma Muse”, “Ange De Désolation” sono preghiere, suppliche e invocazioni a una consolazione che se non potrà esserci in vita, almeno apparirà brevemente nella musica. "Droit Dans Le Soleil" è l'ennesimo frutto eccelso dell'urgenza creativa di Cantat. Composto in Libano insieme a Wajdi Mouawad, questo valzer finisce su disco dopo essere stato registrato una sola volta e nella prima versione. Medesimo trattamento per il videoclip  girato in 24 ore da Rod Maurice: un leggio, una panchina, il verde della location, il rumore del traffico alla fine, una versione live in presa diretta in cui ogni cosa viene cristallizzata nella sua purezza.

A seguito dell'ottimo riscontro di Horizon segue nel 2014 La Cigale, doppio album live in cui appaiono anche pezzi dei Noir Désir. Già: il resto dei Noir Désir?
Praticamente sterminata l'attività di Serge Teyssot-Gay, un punto di riferimento per la musica alternativa, una sorta di Thurston Moore europeo. Al bel "Silence Radio" succede nel 2000 "On Croit Qu'on En Est Sorti" e da lì a breve nascono ben due progetti: Interzone con il musicista siriano Khaled Aljaramani e Zone Libre, insieme a Marc Sens e Cyril Bilbeaud.
Tra colonne sonore, spettacoli teatrali, prestigiose collaborazioni e ospitate, sono pochi gli artisti internazionali disposti a privarsi delle sue sei corde
. Jean Paul Roy e Denis Barthe co-fondano i The Hyènes e pubblicano tre dischi: "BO de Enfermés Dehors D'Albert Duponte" (2006), "The Hyènes" (2009) e "Peace And Loud" (2012). Denis Barthe dà vita anche ai Mountain Men e nel 2016 rilascia "Black Market Flowers".

Tornando al fronte-Cantat, se Horizon era la resa dei conti, la volontà di ritagliarsi un angolo di pace e luce, Amor Fati (2017) è l'abbraccio della notte. Registrato nella casa di Nino Ferrer, il disco è denso d'attualità e politica, solitudine e l'esigenza di chiudere con il passato: per la prima volta Cantat firma un disco con il suo nome - per quanto i musicisti al seguito siano i Détroit – e presenta il proprio volto nella copertina. Un synth cinematografico disegna le lande notturne di “Amie Nuit”: una dolce preghiera per le anime inquiete in cerca di un rifugio. Alla notte succede il Destino: “Amor Fati” – uso latino per indicare anche l'accettazione della propria sorte – è un rap torrenziale a cui si rimane appiccicati dopo pochi secondi. Una soluzione bissata in “Chuis Con”, il brano più Noir Désir mai fatto dal Cantat solista. Musicalmente molto più ampio rispetto alla quasi totalità acustica e scarna di Horizon, l'album propone caustiche sferzate politiche (“Silicon Valley” critica Google, “L'Angleterre” mostra il disappunto verso la Brexit) a momenti più intimi e personali. In “Excuse My French” c'è la voglia di rifarsi una vita “normale”, anche nei momenti più banali; “Le Plueis Diluviennes” e “Anthracitéor” sono altre due sentite ballate notturne, a cui subentra la rinnovata energia di “Aujourd'hui”:

Aujourd'hui j'ai l’âme au firmament
Et j'ai le feu des dissidents

Chiuso dalla bella “Maybe I”, Amor Fati è l'ennesima conferma della grandezza del talento di Cantat. Uscita discografica accolta come da copione da successo e polemiche. 

Chiuso ormai definitivamente (purtroppo) il capito Noir Désir, Bertrand Cantat torna a produrre materiale inedito. Dopo Amor Fati firmato a suo nome, eccolo celarsi dietro un nuovo moniker, dopo il breve ma intenso capitolo Détroit: Paz, titolo anche del disco. Sette tracce per mezz'ora di musica in cui il cantante francese intreccia le proprie composizioni con quelle dello scrittore Caryl Ferey, rinomato per i torvi e violenti noir imbevuti di drammi storici, ambientati nelle più esotiche location. Non fa eccezione l'ultimo “Paz” (ennesimo successo di critica e pubblico), ambientato in Colombia, di cui questo disco è una sorta di appendice musicale. Le canzoni infatti sono ispirate ma non collegate al romanzo e vedono il narratore firmare le liriche di tre brani (“Diana”, “Détruit/Cassé”, “Ta Peau”), mentre gli altri sono intestati al musicista di Bordeaux. Attorno ai due troviamo una formazione composta da Marc Sens, Manusound, Laul Girard. Cantat e Ferey concretizzano una collaborazione nata qualche anno fa, durante lo spettacolo-reading Condor Live.
Musicalmente, “Paz” non ha nulla a che vedere con le precedenti opere di Cantat: non ha la furia rock dei Noir Désir, il caldo tocca acustico dei Détroit e l'eclettismo compositivo di “Amor Fati”. Nei momenti più incorpoerei dell'opera si ha la sensazione che il Nostro abbia ascoltato Ghosteen di Nick Cave durante la genesi del disco.

Un vento lontano, gorghi elettronici, qualche colpo di bacchetta, ecco i primi tre minuti dell'iniziale “Babel”. Una lunga elencazione della parola Pace in tutte le lingue, con un crescendo sempre più vorticoso poi pronto a disperdersi nella successiva “La Dune”, molto cinematografica, con Cantat che oscilla tra spoken e cantato. Una soluzione a primo impatto spiazzante ma che il nostro aveva presentato nei momenti più sperimentali in “Des Visages Des Figures”. Su un leggero manto di tastiere facciamo la conoscenza di “Diana”, mentre un taglio d'archi sostiene l'incedere di “Détruit/cassé”. Il momento più vicino alla forma canzone standard, con il bel gioco di archi e il taglio di chitarra, è “Ta Peau”, scelta infatti come brano per presentare l'opera. Dopo "Fleur De Bunker", “Paix Éclair” è la coerente e circolare chiusura all'insegna del plurilinguismo, della multiculturalità e del messaggio di pace. Finisce così l'ascolto del nuovo tassello compositivo della carriera di Bertrand Cantat: oltre al valore intrinseco di “Paz”, questa potrebbe essere anche la scintilla di una ritrovata (per l'ennesima volta) voglia di fare musica.

Noir Désir

Discografia

NOIR DESIR

Où Veux-Tu Qu'Je R'garde? (EP, Barclay, 1987)

5,5

Veuillez Rendre L'Âme (À Qui Elle Appartient)(Barclay, 1989)

6,5

Du Ciment Sous Les Plaines (Barclay, 1991)

6

Tostaky (Barclay, 1992)

7

Dies Irae (Live, Barclay, 1994)

666.667 Club (Barclay, 1996)

7,5

One Trip/One Noise (Remix, Barclay, 1996)

En Route Pour La Joie (Box Set, Barclay, 2001)

Des Visages Des Figures (Barclay, 2001)

8
Nous N'Avons Fait Que Fuir (Live, Barclay, 2004)

Noir Désir En Public (Live, Barclay, 2004)

Soyons Désinvoltes, N'Ayons L'Air De Rien (Antologia, Barclay, 2011)

DETROIT
Horizon(Barclay, 2013)
BERTRAND CANTAT
Amor Fati(Barclay, 2017)
PAZ
Paz (A-parté, 2020)
Pietra miliare
Consigliato da OR

Streaming

Noir Désir - Comme Elle Vient
(videoclip tratto da 666.667 Club, 1996)
Noir Désir - Un Jour En France
(videoclip tratto da Tostaky, 1992)
Noir Désir - Le Vent Nous Portera
(videoclip tratto da Des visages Des Figures, 2001)
Bertrand Cantat - L’Angleterre
(videoclip tratto da Amor Fati, 2017)

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