Terzo album solista per Natalie Merchant, ex-leader dei 10,000 Maniacs, uno dei gruppi più originali degli anni ’80. Co-prodotto con T Bone Burnett (Elvis Costello, Wallflowers, Sam Philips e la colonna sonora di “Fratello dove sei”?), “Motherland” raccoglie dodici nuove canzoni che incrociano rotte musicali disparate. Si spazia da ballate folk a ritmi reggae, da aromi arabi a orchestrazioni da camera, da accenni gospel a sprazzi di tango e flamenco. Canzoni che Natalie Merchant interpreta da par suo, con la sua voce armoniosa e la sua consueta classe da songwriter di razza, già sfoggiata in quel piccolo capolavoro che era “Tigerlily” e — in parte minore — nel successivo e più confuso concept-album “Ophelia”.
Se in passato aveva preferito raccontare storie prettamente “intimiste”, questa volta Natalie Merchant getta soprattutto uno sguardo politico e sociale sull’America d'oggi. “The House is On Fire”, la "casa che va a fuoco", ad esempio, è una metafora degli Stati Uniti. Il brano è stato scritto durante le proteste anti-globalizzazione a Seattle e lo scandalo dei voti durante il ballottaggio elettorale in Florida. Ma il testo, letto alla luce degli ultimi eventi, diventa anche la testimonianza della rabbia di una popolazione ferita, che - come racconta la cantautrice di Jamestown - “vuole fuggire dalla realtà, e non si rende conto che l’11 settembre anche l’America ha avuto il suo Armageddon, il giorno del giudizio”. “The House is On Fire” si rivela anche uno dei pezzi migliori dell'intero album, grazie a un arrangiamento ammaliante di archi e fiati in stile arabo, alle chitarre elettriche distorte e a un ritmo reggae, con i vocalizzi di Natalie che a tratti sembrano quasi evocare la magia di Natacha Atlas.
Nonostante la durezza dei temi trattati, si respira un’aria di serenità. La serenità di chi osserva i drammi con la sincerità e la fermezza indispensabili per andare avanti. La musica di "Motherland" riflette questo sguardo lucido e riflessivo, ma si scompone in una serie di direzioni musicali, mantenendo sempre in primo piano i suoni "root", non solo con le fisarmoniche e le pedal steel country, ma anche attraverso le diverse contaminazioni "etniche". Come nell’accenno di tango di "The Worst Thing". Non mancano poi gli episodi che riportano alla mente i momenti più gradevoli del pop-rock firmato 10.000 Maniacs ("Tell yourself", “Just can’t last”), ma anche incursioni nella musica nera, come “Build a levee”. Un impasto sonoro che alla fine risulta omogeneo e riuscito. E la Merchant narratrice profonda di storie personali torna a emozionare con la meditazione sofferta di “Not in this life” e l’esausta invocazione finale di "I'm Not Gonna Beg" ("Non ti supplicherò per nessuna cosa/ Non ti supplicherò per il tuo amore"), una ballata austera che ricorda la miglior Joni Joni Mitchell.
“Motherland”, insomma, è un disco che lascia il segno. Una prova matura per una delle cantautrici più raffinate ed eclettiche del panorama attuale.
24/10/2006
1. The House Is On Fire
2. Motherland
3. Saint Judas
4. Put The Law On You
5. Build A Levee
6. Golden Boy
7. The Ballad Of Henry Darger
8. The Worst Thing
9. Tell Yourself
10. Just Can't Last
11. Not In This Life
12. I'm Not Gonna Beg