Ventenne, una delle rivelazioni del 2004 con il suo "And the Gospel Of Progress", erede designato di Will Oldham, talento di assoluta purezza: per chi non ne fosse a conoscenza, un artista del genere esiste davvero, trattasi di Micah P. Hinson. Il suo primo disco non era stato capace di racchiudere tutte le cose che la sua vita e la sua poesia avevano sin a quel momento partorito. "The Baby & the Satellite" è quello che manca e non può essere più lasciato a marcire, una manciata di composizioni risalenti al 2001, qualche anno prima dell'esordio.
Nove sono le tracce che lo compongono: ma in effetti è un bluff. E' un bluff perché una, l'ultima, la title track, contiene l'intero disco in una veste alternativa e più vecchia (probabilmente un demo). Perché un'altra, la penultima, è una semplice reprise del primo brano (con qualche fiato a contrappuntare con più evidenza). Perché un'altra, "The Day the Volume Won", per quanto piacevole, è semplicemente la classica canzone da chiusura, due minuti acustici e sussurrati abbelliti da note di pianoforte. E perché un'altra ancora, "The Last Charge of Lt.Paul", è poco più di un esperimento, canto desolato per acustica, drum machine e voci registrate. Verrebbe da lanciarsi subito in, legittimissime, critiche all'operazione e all'industria discografica in blocco. Verrebbe, ma non lo facciamo. Anzi, facciamo finta di nulla. Questo per il motivo più semplice del mondo: perché le cinque, le uniche cinque vere canzoni del disco, sono di bellezza profonda, realmente imperdibili. Si poteva trovare un altro modo per recuperarle, vero. Ma tant'è, è andata così e l'importante è che ora siano a disposizione di tutti.
"The Dreams You Left Behind" è il brano di apertura (e il più bello). Violenti scossoni di tamburi ed epici arpeggi di acustica si susseguono: altre chitarre, maracas, battiti di mano, qualche distinta comparsata di synth e fiati arrangiano il pezzo, mentre la splendida, profondissima, voce di Hinson cesella una melodia toccante come mai. La dolcissima, acustica e accorata esecuzione di "For Your Eyes", con il ritornello a voce accartocciata (sottolineata dal piano), fa il paio, incantando e conquistando senza remore di sorta. "Wasted Away" è più rilassata, tastiere e chitarra elettrica a fendere l'aria rarefatta da synth soffusi, mentre l'acustica infarcisce il suono; "The Leading Guy" sfodera invece chitarre country-western e doppia voce (un adattissimo contrappunto rauco) e si lancia in una baraonda strumentale finale a ritmo d'armonica. La toccante serenata di "Or Just Rearrange" (che nella versione della title track è spazzata da bellissime e furiose folate di synth, qui trasformate in distanti droni d'organetto) è l'anello di collegamento (quanto a qualità) tra gli estremi.
Insomma, l'avete capito: il disco dura venti minuti e non sessanta come c'è scritto, ma quei venti minuti non si può fare a meno di ascoltarli. Nell'attesa del vero prosieguo di "Micah P. Hinson And the Gospel Of Progress" io ho scelto: mi lascio fregare, crogiolare e coccolare per un po'.
29/12/2009