Feldmann è il progetto di due musicisti che da tempo lottano nell’oscurità. Entrambi batteristi di formazione, Massimo Ferrarotto (Puertorico, Loma, Cesare Basile) e Tazio Iacobacci (Keen Toy, Tellaro, oltre al recente progetto elettronico Pola e a collaborazioni in ambiti di sonorizzazione teatrale) hanno condiviso esperienze convergenti, pur trasfigurandole secondo uno specifico filtro poetico, per dar vita a "Watering Trees", una raccolta di tanto toccanti quanto ossute piece folk. Che svelano, al di là dell’impostazione amatoriale, un notevole retaggio impressionistico.
"A Cup Of Tea" è subito modulazione di penombre, flusso di suono impostato dall’acustica solenne, variazioni armoniche su vibrazioni electro . "Golden Ring" ha fraseggio acustico tenue e voce Drake-iana, leggeri increspi e variazione dolcemente dissonante, fino a un piano che anticipa le addizioni e gli sfaldamenti di chitarre della chiusa. "Milena" propone una stupenda frase che piacerebbe a Mark Kozelek, mentre un canto scuro e strascicato prelude a un crescendo giocato tra arpeggi e voce, e "Queen Of Fools" arricchisce il sound (quanto mai approssimativo) di zufoli elettronici e solfatare di fuzz.
Gli esordi improntati alla batteria dei due musicisti emergono in brani come "Like Jesus Said" (passo Sparklehorse), "Bloos 354" (slide desertica tra Howe Gelb e Black Heart Procession) e "A Little Song For Aixa" (in implosione tra gorgoglii electro e distorsioni che animano sparuti tocchi di tastiera), secondo un incedere evidenziato e marziale, ma pure uno zoppicare al limite del funereo. Completano il tutto un blues-folk spettrale e notturno degno di certo Cohen, quale "Black Eyes", l’acustica in libertà tra accordi dolenti e canto onirico di "The Grass", e soprattutto "Come Closer", tra frasi Califone, voci armonizzate e intrecci di suono a moltiplicarsi indefinitamente, fino alla brusca variazione stile Modest Mouse e al definitivo ritorno alla sua processione interiore.
A una scrittura non troppo elastica il duo fa corrispondere, per contrasto o per empatia, una flemma sentimentale sensibile a cromatismi e luccichii strumentali, che disarticolano il folk lo-fi almeno fino al punto (invalicabile) dell’impasto timbrico. Ascoltatelo, anche se vi farà male. In fin dei conti, è un umile, personale ammonimento all’essenzialità dell’esperire.
31/05/2006